Milan: come buttare otto punti in duecento minuti

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Minuto 62 di Fiorentina-Milan. Flamini ha appena segnato il gol del 2 a 0 dei rossoneri a Firenze, che significa più nove sulla quarta in classifica, proprio i viola, e meno due dal Napoli secondo.

Fischio finale di Juventus-Milan, due partite e 28 minuti dopo. La Juventus batte il Milan 1 a 0 e i rossoneri si ritrovano a meno sette dal Napoli secondo e con solo un punto di vantaggio dalla Fiorentina quarta.

Sono passati soltanto circa 200 minuti e la classifica è totalmente stravolta. Cos’è successo nel frattempo?
Oddio, nel calcio abbiamo assistito a ribaltoni ben peggiori nell’arco di una sola partita quindi comprendiamo bene che duecento minuti siano sufficienti a recuperi di così tanti punti in classifica.
Ma cosa può accadere nella testa dei giocatori di una squadra in totale controllo della gara contro i diretti rivali, che gli fa perdere così tanto terreno anche nelle partite successive?

Il calcio è bello per questo, potrebbe suggerirmi qualcuno.
Meno male che è successo, potrebbe dirmi qualcun altro, altrimenti non ci sarebbe nulla di interessante da vedere a cinque giornate dalla fine.

Chiaro, bellezza e crudeltà in questo sport viaggiano sulle stesse onde. I momenti che passano alla storia del calcio sono al tempo stesso i più belli e i più crudeli, sono quegli eventi così inattesi e improvvisi che scatenano la gioia di alcuni e la disperazione di altri. Sono le finali di Champions del 1999 o del 2005, i campionati conclusi con il 5 maggio dell’Olimpico o con l’acquazzone di Perugia. Squadre che avevano già in pugno un obiettivo e che se lo sono lasciato scappare sul filo di lana. Chi senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto, come nei casi delle finali secche, e chi piano piano, punto dopo punto, fino ad arrivare all’inevitabile epilogo del sorpasso.

Quello che però sta accadendo al Milan di quest’anno è un po’ una via di mezzo tra questi due modi di perdere dalle mani l’obiettivo.
Tanto per cominciare, l’obiettivo non è né una Champions League (in quanto Coppa da alzare dopo una finale) né la vittoria di un campionato, ma solamente un misero terzo posto che permetterebbe di qualificarsi all’ultimo preliminare di Champions League della prossima stagione.
Poi, la modalità: né veloce come una partita secca, né lenta come una rimonta subita nell’arco di sei o sette partite.
Qua parliamo di una squadra che a venticinque minuti dalla fine della gara contro la Fiorentina vinceva due a zero, giocava in undici contro dieci e aveva un vantaggio virtuale di nove punti sui viola; la stessa squadra che dopo aver finito quella partita e aver incontrato Napoli e Juventus si ritrova con un vantaggio risicatissimo di un punto solo.

Facile dire “calendario difficile”. La verità secondo me è un’altra. Anzi, sono due.

La prima è che la rimonta del Milan dalla zona retrocessione al terzo posto era stata caratterizzata da una ferocia e da una voglia che arrivava prima dalla testa che dalle gambe o dalla tattica. E, trovandosi sul doppio vantaggio e con addirittura un uomo in più è subentrata una sufficienza mentale che ha “segato” le gambe ai rossoneri, portandoli a subire la rimonta dei viola. Aver pareggiato quella partita, poi, ha messo addosso ai ragazzi di Allegri un sentimento che fino a quel momento, dovendo sempre guardare avanti per recuperare e mai indietro verso chi rincorreva, non avevano mai provato: la paura. Paura di essere rimontati, paura di mandare all’aria un lavoro di cinque mesi, paura di rovinare tutto.

La seconda, ma non scopro certo l’acqua calda, è l’inadeguatezza tecnica di qualche elemento, che forse non merita di stare in una squadra di vertice. Amelia è un buon portiere, campione del mondo nel 2006, ma la scelta di uscire a valanga su una palla innocua non l’abbiamo proprio capita. La dormita di Abate pochi attimi prima fa solo da contorno ad un errore che decide una partita di valore fondamentale. L’errore del singolo che affossa una squadra.

Il Milan quest’anno ha sempre perso punti importanti per colpe di singoli, vedi gol di Schelotto nel derby, gol di Pandev di settimana scorsa e via dicendo. Singoli che peccano di esperienza, altri di personalità e altri ancora di caratura tecnica.

“Progetto giovani”, “costruire i top player” sono tutte belle parole e bei propositi. Ma se a fargli da chioccia ci sono giocatori mediocri, questi giovani da chi devono imparare?

Francesco Mariani
Francesco Mariani
Twitter addicted, vive di calcio. In campo è convinto di essere Pirlo, ma in realtà è un Carrozzieri qualunque. Per lui il trequartista è una questione di principio.

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