Palestina e Israele: storia calcistica di due nemici

-

Da sempre il calcio riflette vita, storia e tradizioni dei popoli di tutto il mondo, anche là dove meno ce lo aspetteremmo. Il bello di questo sport è che bastano due giacche e un pallone per immergervisi. Quindi in Paesi traviati da decenni di conflitti come Palestina e Israele, il calcio è uno dei pochi sport praticabili.
La passione per questo sport è forte in entrambi i Paesi, nonostante le forti problematiche legate al costante conflitto tra le due fazioni. Entrambi i popoli hanno infatti dei campionati professionistici di calcio molto seguiti a livello locale. Per quanto riguarda il campionato palestinese, si divide in due parti: rispettivamente quella appartenente alla Cisgiordania e quella appartenente alla Striscia di Gaza, e, mentre il primo viene disputato da più di quarant’anni, ed è stato interrotto soltanto alcune stagioni per i fatti legati alla guerra, quello di Gaza è nato nel 1984, ma finora è stato ufficialmente disputato soltanto 7 volte. Nonostante questi due tornei, con le rispettive squadre, rappresentino la stessa cultura, lo stesso popolo e la stessa Nazionalità, sono due tornei indipendenti, con gironi, regole e coppe completamente indipendenti, e fanno riferimento alle due diverse zone geografiche indipendenti dei Palestinesi.

Yossi Benayoun con la maglia dell’Israele

La trasformazione definitiva dell’Associazione di Calcio Israeliana avvenne nel 1948, dopo la creazione dello Stato d’Israele, con cui fu anche giocata la prima partita il 26 settembre, persa per 3 a 1. Il massimo trionfo di questa formazione è la vittoria della Coppa d’Asia organizzata proprio nell’omonimo Paese nel ’64, mentre per quanto riguarda i Mondiali i risultati raggiunti sono davvero scarsi: una sola qualificazione in tutta la storia dell’Associazione, nel 1970, e anche in questo caso non superò la fase a gironi con due pareggi e una sconfitta.

Ciò che è più degno di questa Nazione sotto il profilo calcistico, è la sua partecipazione alle competizioni UEFA, nonostante la chiara appartenenza geografica all’Asia, e quindi in teoria all’Asian Football Association. Le motivazioni sono puramente diplomatiche: in seguito alle continue pressioni dei vari Paesi Arabi, l’AFC estromise Israele dai Paesi membri, accettandolo solo come membro provvisorio, così da permettergli la partecipazioni a Olimpiadi e Mondiali, estromettendolo tuttavia dalla Coppa d’Asia. Per evitare le continue polemiche e l’impossibilità di organizzare amichevoli con le Nazioni confinanti, l’IFA chiese e ottenne nel 1994 di entrare ufficialmente nell’UEFA, e da allora partecipa alla Champions League, all’Europa League con i propri club, e agli Europei a livello nazionale.

Roberto Colautti in campo con la maglia della sua nazionale

Tra i membri di spicco della Nazionale c’è senz’altro Roberto Damián Colautti, calciatore italo-argentino, militante nel Maccabi Haifa, che dopo aver sposato una donna israeliana ha ottenuto la cittadinanza. Tuttavia il più famoso calciatore israelita a livello internazionale è il giocatore del Chelsea Yossi Benayoun, capitano della squadra.

Nello stesso anno del passaggio ufficiale nella parte europea del calcio d’Israele, vide la luce l’ANP, ovvero l’organo di rappresentanza dei territori occupati di Palestina. Grazie all’istituzione di questa associazione nacque, 4 anni dopo, la moderna Nazionale di Calcio Palestinese, che fino a quel momento non era riconosciuta dagli organi della FIFA, nonostante fosse stata fondata in realtà nel 1962. La squadra che rappresenta i territori occupati, gioca sotto l’AFC, e, probabilmente anche a causa delle notevoli difficoltà incontrate dal Paese per i conflitti che lo lacerano, non è riuscita ad affermarsi nelle competizioni internazionali: mai qualificata ai Mondiali né alla Coppa d’Asia, ha raggiunto quest’anno il quarto posto nell’AFC Challenge Cup (la coppa per nazionali asiatiche emergenti). Le motivazioni dietro a questi scarsi risultati sono molteplici: naturalmente la scarsa estensione della Palestina attuale non aiuta la nascita di nuovi talenti; inoltre fino a pochi anni fa la formazione islamica era costretta ad allenarsi a Ismailia, in Egitto, e a giocare le proprie partite di casa a Doha, in Qatar. Soltanto quando i territori occupati sono stati ritenuti sufficientemente stabili e sicuri sia da Israele che dall’ANP, è stata giocata la prima amichevole in Palestina, contro la Giordania (finita 1-1), nel 2008; per riuscire a disputare una partita ufficiale bisogna invece aspettare le qualificazioni alle Olimpiadi di Londra nel 2010.

Calciatore della Palestina rapito da Israele e detenuto fino a pochi anni fa
Mahmoud Sarsak in campo

Tuttavia entrambi i Paesi non raccontano la propria storia sportiva soltanto dal punto di vista internazionale, ma anche attraverso le storie dei singoli calciatori, che come singoli sono stati coinvolti nel conflitto tra le due fazioni, oltre che nel pallone. Il più famoso tra questi è senz’altro Mahmoud Sarsak: all’epoca giocatore della Nazionale, detenuto per oltre tre anni dalle autorità Israeliane con l’accusa di essere un terrorista senza essere mai formalmente processato e condannato. Fu stato rilasciato soltanto il 1o luglio 2012, a seguito di uno sciopero della fame durato ben 92 giorni e grazie alle proteste dei maggiori esponenti del calcio mondiale quali Joseph Blatter e Eric Cantona. Ma i nomi di calciatori palestinesi periti negli scontri, o detenuti con l’accusa di terrorismo, sono tantissimi. Contiamo che soltanto nel conflitto appena conclusosi ne sono morti 3, i numeri estesi a tutta la durata degli scontri, è, secondo alcune stime ben oltre il centinaio. Per fortuna non risultano invece calciatori ebraici coinvolti nel conflitto in maniera diretta o indiretta, né tantomeno atleti ebraici che vi hanno perso la vita.

Non molti sanno dell’importanza del mondo del pallone in luoghi traviati da un lungo corso di eventi come quello del territorio israelo-palestinese, e di come la realtà geopolitica delle due culture influenzi il calcio giocato ogni giorno. Tuttavia il sorgere di una nuova polemica potrebbe dare una buona ragione per rivolgere la propria attenzione a questo mondo anche sotto questo nuovo punto di vista. Nel 2013 infatti si disputeranno in Israele gli Europei Under 21, nonostante le numerose polemiche portate avanti finora da tutte le federazioni calcistiche arabe e dai calciatori palestinesi, che vedono quest’iniziativa come una manovra atta a lanciare una figura positiva dello stato ebraico, completamente in disaccordo con la loro visione del Paese; l’UEFA invece non ha intenzione di cedere e continua, dopo l’iniziativa degli Europei in Ucraina e Polonia, a cercare di aiutare Paesi spesso al centro di vicende negative a farsi una nuova immagine attraverso il calcio, con tutti i pro e i contro che porta con sé questo progetto.

Giovanni Starita
Giovanni Starita
Nasce il 29 giugno 1994, giusto in tempo per "vedere" la Juventus vincere il suo 23° titolo. Ha collaborato con il quotidiano locale Il Tirreno e segue calcio, tennis e vela quando possibile.

MondoPallone Racconta… L’Olanda e i tulipani del futuro

La nuova nazionale olandese "verde" di Louis Van Gaal sta mettendo in mostra tanti gioiellini di sicuro avvenire. Ne sa qualcosa anche l'Italia di...
error: Content is protected !!