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Storie di provincia: il Parma di Nevio Scala

La Stagione 1990-’91 è stata probabilmente una delle più memorabili, nel bene e nel male, rimaste nei ricordi di tanti tifosi. Archiviate le notti magiche di Italia ’90, fu innanzitutto l’anno della Sampdoria di Boskov, trascinata dalle prodezze di Vialli e Mancini verso uno storico scudetto, l’ultimo finito fuori dall’asse Milano – Torino, salvo la parziale diramazione per Roma. Ma fu anche l’anno dell’addio di Maradona al Napoli, deposto a Bari dopo i controlli dell’antidoping; fu l’anno orribile della Juventus di Maifredi e del gran rifiuto di Roberto Baggio dal dischetto del rigore contro la sua ex Fiorentina, della vicenda Lipopill che privò la Roma di Peruzzi e Carnevale e l’ultima stagione con il limite dei tre stranieri tesserabili.
E fu anche l’anno dell’approdo sul palcoscenico della serie A del Parma di Nevio Scala.

La poco conosciuta squadra crociata aveva conquistato l’ultimo dei quattro posti disponibili sull’ascensore verso la massima serie, vincendo sul fil di lana un derby con la Reggiana. In pochi avrebbero scommesso sulla permanenza in A dell’ultima arrivata, priva di precedenti storici, abituata da sempre a galleggiare nelle serie minori. Ma il triste evento della scomparsa del presidente Ceresini, aveva accelerato il passaggio di proprietà verso l’ambiziosa famiglia Tanzi, azionista di riferimento della Parmalat. Un evento, come fu chiaro pochi anni dopo, epocale nel passaggio dal calcio dei presidenti vulcanici a quello delle multinazionali moderne.

L’allenatore era Nevio Scala, fautore di un 5–3-2 che andava a rompere sia con la tradizione del libero staccato dietro, sia con il sacchismo imperante e il dogma del 4-4-2.
La campagna acquisti estiva aveva portato ottimi giocatori, il più noto dei quali era il portiere brasiliano Taffarel, accompagnato però dallo scetticismo verso la scelta di voler riservare ad un portiere uno dei tre posti all’epoca disponibili per gli stranieri. Gli altri due erano il belga Grun, giocatore chiave per gli equilibri tattici tra difesa e centrocampo, e il giovane attaccante svedese Thomas Brolin, una delle stelline del mondiale appena concluso.

La squadra tipo schierata da Scala era: Taffarel, Donati, Gambaro; Minotti, Apolloni, Grun; Melli, Zoratto, Osio; Cuoghi, Brolin.

Dopo un avvio con una prevedibile sconfitta contro la Juventus, alla terza giornata il Parma regalò la prima sorpresa, superando in casa 1 a 0 il Napoli di Maradona e Zola, con rete del “sindaco” Osio [Vedi video]. Ma la svolta del campionato, la partita che rivelò il gioco nuovo degli emiliani, fu il 2 a 3 (parziale di 0 – 3, doppietta di Melli e Brolin, poi Kubik e Buso) alla sesta giornata, inflitto alla Fiorentina, in cui brillò la stella di Alessandro Melli, autore di un gol in girata dal limite dell’area da antologia del calcio [Vedi video], a cui seguì la vittoria nel turno successivo 2 a 1 sulla Roma (Brolin, Giannini, autorete di Nela). Forte di un gioco brillante e manovriero, con gli esterni difensivi in appoggio costante all’azione, il Parma si attestò solidamente nelle zone alte di classifica, inanellando una serie di successi contro le pari grado, ma anche clamorosi vittorie come il 2 a 0 rifilato al Milan di Sacchi (doppietta di Melli).

Il bilancio finale fu di 13 vittorie, 12 pareggi e 9 sconfitte, con 37 punti e conquista dell’accesso in Coppa Uefa, grazie ad un sesto posto davanti alla Juventus, che invece ne restò fuori.
Un risultato sorprendente e raro, per una matricola.

Di lì in poi, forte dei robusti investimenti della proprietà, quella del Parma fu, per tutto il corso degli anni ’90 non più la storia di una provinciale, ma quella di una ricca squadra, capace di pagare profumatamente fior di campioni e di competere sia in Italia che in Europa, raccogliendo una serie di trofei mai neanche immaginati dai più anziani tifosi del Tardini. Almeno finchè il crac della Parmalat non travolse anche le casse societarie, riportando la squadra ad obiettivi più quotidiani, ma pur sempre di serie A.

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