Il calcio nella canzone italiana – terza parte

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Edizione speciale di questa rubrica che si sarebbe dovuta concludere con la seconda parte. Ma, anche in virtù dei suggerimenti ricevuti, è sembrato giusto arricchire quanto scritto precedentemente, raccogliendo queste ulteriori citazioni (un ringraziamento va a Sergio Ferri e Antonio Capotosto per le segnalazioni).

Ripartiamo da lontano, dagli innocenti anni ’60, quando Adriano Celentano, nel 1967, ambienta durante il derby Inter – Milan (professandosi per l’occasione dell’Inter) una delle sue storie d’amore stravaganti, cantando di un colpo di fulmine per una mora (o Mori?) milanista, avvistata nell’altra curva, in mezzo alla folla dei tifosi: “Eravamo in centomila”. Probabilmente un brano un po’ disperso, nella lunga discografia di Celentano.

Capita invece ancora spesso di ascoltare la fortunata “Giulio Cesare” di Antonello Venditti, del 1986, in cui a vent’anni di distanza, il cantautore romano rievoca gli anni giovanili e i sogni generazionali:
“Era l’anno dei mondiali quelli del ’66 / la regina d’Inghilterra era Pelè” (sarebbe curioso sapere quanti, tra i tifosi, per datare i ricordi si appoggiano alla rotazione quadriennale dei mondiali).
Più discusso invece è il significato del verso successivo: “Era l’anno dei mondiali quelli dell’86 / Paolo Rossi era un ragazzo come noi”, che, se a primo ascolto pare semplicemente raccordare due diverse generazioni di studenti del liceo romano e due edizioni dei Mondiali, probabilmente invece rimanda al ricordo di un altro Paolo Rossi, uno studente del Giulio Cesare morto durante i primi scontri politici, proprio nel 1966. Interpretazione probabile, tanto più che nel 1986, Paolo Rossi partecipò sì ai Mondiali del Messico, ma non mise mai piede in campo. Va detto che oggi, dal vivo si può ascoltare Venditti sostituire quel verso con “Era l’anno dei mondiali quelli del 2006 / Francesco Totti era un ragazzo come noi”.

Intriso di struggente fascino è il brano del 1989 di Roberto Vecchioni, “Gli anni”, in cui tracciando un bilancio tra anni che passano e sogni che si realizzano, canta
avessi inventato qualcosa / si fa per dire una pietanza; /fossi stato un genio / o almeno un terzino dell’Atalanta.

Si cambia invece registro con l’ironico “Nessuno allo stadio” di Elio e le Storie Tese, del 1994, anno dei Mondiali negli Stati Uniti, che avrebbero dovuto lanciare il football a stelle strisce e che invece prospettavano un clamoroso buco nell’acqua: “Nessuno allo stadio, nessuno che uligana, nessuno si accalca, nessuno fluidifica, nessuno sugli spalti, nessuno in panchina”
A pensarci un po’, “Nessuno allo stadio” si adatterebbe bene pure all’attuale situazione di calo delle presenze negli scalcinati impianti della serie A. Se non fosse che restano ben presenti quelli che “uliganano” (da hooligan, per chi non avesse colto il fior di conio verbale angloitalico di Elio).

Ben due pezzi tematici ricorrono nella produzione degli Stadio, uno del 2000 “Doma il mare il mare doma” dedicato alla figura di Diego Armando Maradona (il titolo è un falso anagramma musicale del nome) e uno recente del 2011, dedicato al ricordo di due campioni di altri tempi, Scirea e Facchetti:“Gaetano e Giacinto” .

Breve e sfuggente, ma suggestiva, la citazione riservata nel 2001 dalla Bandabardò al mondo del calcio in “Manifesto”. Il brano di pacifica protesta inquadra tra gli obiettivi anche “i calci di rigore sulla traversa”. Riferimento che, al momento dell’uscita del pezzo, poteva riferirsi al ricordo del calcio di rigore di Gigi Di Biagio, contro la Francia nel mondiale 1998, ma che è piacevolmente riscattato, anni dopo la canzone, dal rigore di Trezeguet, nella finalissima di Berlino 2006.

Ultima citazione per un brano dedicato alla figura del tifoso. E’ di Franco Califano, cantautore romano e verace (ma interista doc) che nel 2001, con il suo tipico talking blues alla vaccinara, descrive la maschera del romanista sfegatato – in una sorta di controcanto di Grazie Roma – e lo fa, ovviamente con la vivacità dialettale e linguistica tipica della sua produzione (con l’immancabile speziatura piccante): “Er tifoso”.
Nun ce l’hai fatta… Roma te ringrazio / fortuna che ha beccato anche la Lazio…
come hai giocato oggi Roma bella /perdevi pure contro er don Guanella

E con quest’ultima citazione, come dice proprio Califano, “la musica è finita”. Speriamo almeno vi sia piaciuta.

Gli articoli precedenti li trovate qui:
“Il calcio nella canzone italiana – prima parte”
“Il calcio nella canzone italiana – seconda parte”

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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