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Lega Pro: Il Savona ad un passo dal baratro

Appena tre anni fa l’imprenditore Andrea Pesce, titolare di Transitalia, rilevava la società ligure in serie D e prometteva un progetto ambizioso: “Noi scriveremo la storia”. L’immediata promozione in Serie C2, lasciava presagire il meglio anche ai tifosi più pessimisti, che negli ultimi 50 anni hanno visto la squadra sempre più sprofondare. Di li in poi il buio sempre più nero tanto da non vedere l’uscita dal tunnel se non in una parola: Fallimento!

Il Savona infatti presto potrebbe essere costretto a portare i libri contabili in tribunale e affidare ad un curatore fallimentare il futuro della società, che ora va avanti tra rinunce e collette collettive. I giocatori non vengono pagati da maggio, i nuovi arrivi addirittura non hanno mai ricevuto un soldo dalla società e adesso hanno deciso di dire basta e di boicottare le prossime gare di campionato rifiutandosi di scendere in campo. “Basta umiliazioni, non giocheremo più”, ha tagliato corto Salvatore Cavaliere, il team manager della squadra, parlando a nome degli atleti. Il rischio è di veder sparire per sempre una società che ha 104 anni di storia perché dopo tre rifiuti a giocare scatterebbe la radiazione da tutti i campionati ed il Savona, con una nuova società, sarebbe costretto a ripartire da zero, la terza categoria.

I debiti del resto sono così tanti, si parla di un milione e mezzo di euro, da scoraggiare qualunque acquirente, che dovrebbe mettercene almeno il doppio per risanare completamente la società e pagare giocatori, dirigenti e fornitori.

I giocatori intanto aspettano gennaio per trasferirsi altrove, nella speranza che il nuovo club sappia onorare lo stipendio, visto che in Lega Pro sono sempre di più le squadre che hanno problemi finanziari e rischiano di scomparire: Giulianova, Taranto e Piacenza, solo per restare nell’ambito di questa stagione, stanno vivendo momenti di crisi e sono in bilico fra il risanamento e il fallimento. Effetti di un calcio dai costi non più sostenibili, fatto di troppe squadre professionistiche, sempre più dipendenti dai soldi delle TV (satellitari e digitali) che però sono interessate solo al massimo campionato e li riversano tutti i loro soldi, lasciando scivolare nel dimenticatoio – e nei fallimenti a ripetizioni – società che tanto hanno dato al calcio italiano in passato.

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