2011, l’anno delle nobili decadute

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Ci sono squadre che nobili lo son da sempre e, probabilmente, sempre lo saranno. In due giorni gli appassionati della pedata hanno avuto modo di assistere a due finali diverse, quella di Champions League e quella di Coppa Italia: spessore e tipologia del raggiungimento dell’obiettivo da parte delle squadre vincitrici completamente diversi, ma in comune, oltre al risultato, vi è il fatto che senz’altro Barcellona e Inter difficilmente hanno conosciuto nella loro storia periodi bui tali da offuscarne la stella per lunghi periodi.
Appare evidente che squadre come Barcellona o Inter, tanto per citarne due, facciano parte di una minoranza estremamente risicata. Altre compagini hanno invece conosciuto, in passato, dei lunghi e fulgidi periodi di gloria che hanno consegnato loro un posto di rilievo nella storia del calcio: in questo senso il 2011 rischia di passare alla storia come l’anno in cui, in tutti i più importanti campionati europei, almeno una “nobile decaduta” ha accusato una flessione tale da dover abbandonare la massima serie senza prova d’appello.

In Italia abbiamo la Sampdoria: tutti noi che abbiamo avuto modo di seguire il campionato di Serie A non possiamo non essere rimasti colpiti dall’impressionante flessione dei blucerchiati, capaci di venire eliminati all’ultimo secondo dal preliminare di Champions League per poi imboccare, partita dopo partita – complici le decisive cessioni di Pazzini e Cassano – un tunnel di risultati negativi inaugurato da Di Carlo (le cui colpe erano, evidentemente, più di carattere ambientale che tecnico) e terminato in seguito alla gestione-horror di Alberto Cavasin. I doriani avevano già conosciuto la cadetteria non troppi anni or sono, ma prima di allora, in piena era Paolo Mantovani, non sono mancate le soddisfazioni: lo scudetto di vent’anni fa, la finale dell’ultima Coppa dei Campioni disputata e persa solo ai supplementari – indovinate contro chi? Contro il Barcellona, of course – una Coppa delle Coppe, alcune Coppe Italia sparse qua e là, una Supercoppa Italiana, giocatori alla nazionale maggiore come se piovesse. Ora, il tutto si riconduce alle lacrime del sanguigno capitan Palombo, che non bastano però, da sole, a cancellare l’onta di una retrocessione che ha del clamoroso.

Spostiamoci in Francia: volendo considerare come nobile decaduta anche il Lens (retrocessa recentemente ma campione del campionato dell’Esagono nel 1998 e vincitore di una Coppa di Lega nell’anno successivo e della Coppa Intertoto nel 2006), le vittime illustri del campionato diventano due. L’altra è nientemeno che il Monaco: già, l’ex squadra di Weah, Simone, Di Vaio, Yaya Touré, Koller, la squadra con tre campioni del mondo (Barthez, Trezeguet, Henry) e otto d’Europa, vincitrice di 7 titoli nazionali, 5 Coppe di Francia, una Coppa di Lega, quattro Supercoppe di Francia, ha fatto un salto indietro agli anni Settanta quando il team monegasco amava fare l’ascensore tra prima e seconda serie. Tuttavia obiettivamente, nomi alla mano, non si può non notare come la qualità della rosa attuale sia nettamente inferiore rispetto a quelle che hanno raggiunto i lusinghieri risultati degli anni passati.

Anche in Spagna non manca una grande all’appello delle retrocesse: parliamo del Deportivo La Coruña. Da squadra rivelazione nei primi Anni Novanta a realtà consolidata del calcio europeo al punto di dare spesso filo da torcere alle squadre italiane sfidate nelle Coppe, tra il1994 e il 2008 il Depor ha vinto un campionato, due Coppe di Spagna, tre Supercoppe e una Coppa Intertoto, permettendo a tre dei suoi giocatori (Bebeto, Makaay, Tristan) di vincere il titolo di pichichi della Liga.

In Inghilterra il nome più altisonante di tutti è sicuramente quello del West Ham. Certo, gli Hammers non hanno mai vinto una Premier League e negli ultimi lustri non si sono certo distinti per grandissimi piazzamenti, ma vantano comunque nella loro bacheca tre Coppe d’Inghilterra, una Community Shield, una Coppa delle Coppe e una Coppa Intertoto. Senza contare il contributo decisivo dato alla nazionale inglese campione del mondo nel 1966 in cui, oltre al comprimario Peters, figuravano la stella Bobby Moore e il triplettista della finale Hurst. Nella sua storia il West Ham ha conosciuto, tuttavia, anche la terza serie per parecchi anni. Oltremanica, tra le retrocesse figura anche il Birmingham City: non propriamente una nobile decaduta, ma una squadra in grado di vincere quest’anno la sua seconda Carling Cup, guadagnando il diritto a partecipare all’Europa League per la stagione che verrà.

Chiudiamo con la Germania: l’Eintracht di Francoforte rappresenta sicuramente il più altisonante tra i nomi delle squadre finite nella Zweite Bundesliga. Ormai è da parecchi anni che il team rossonero fa l’ascensore tra la prima e la seconda serie e non si segnala per alcun exploit degno di nota, ma il palmares recita: un campionato tedesco (anche se si parla praticamente della preistoria, 1958-59, quando non esisteva nemmeno la Bundesliga), quattro Coppe di Germania, una Coppa Uefa e quattro Coppe di Germania. Ora, un nuovo crollo in attesa della prossima risalita.

In aggiunta a tutto ciò potremmo elencare le squadre che annaspano nella seconda serie dopo un passato illustre: il Toro che non raggiunge i playoff per tornare in A, le tre squadre del leggendario manager Brian Clough che non brillano particolarmente per risultati (il Nottingham Forest ha agguantato l’ultimo posto utile per gli spareggi, soffiandolo proprio al Leeds, mentre il Derby County ha vivacchiato per tutta la stagione nelle zone basse di classifica), il Monaco 1860 relegato nel centroclassifica della Zweite Bundesliga condividendo la sorte del Nantes nella Ligue 2 francese. In Spagna per un Betis che festeggia il ritorno in Liga c’è un Tenerife, di casa nelle Coppe Europee durante gli anni Novanta, che retrocede mestamente in terza serie. La ruota gira, insomma. Ma quando si ferma o gira nel verso sbagliato, possono servire addirittura anni per reindirizzarla nella direzione corretta.

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