Ma tu te lo ricordi…. George Weah?

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Quando nasci in una poverissima baraccopoli di Monrovia, il Liberia, nel centro dell’Africa, hai due possibilità: quella di rimanere lì, con poche prospettive per il tuo futuro, o quella di lottare per migliorare le tue condizioni di vita, magari provando a diventare come il tuo mito, come qualcuno nato nella tua stessa condizione, come George Weah. Universalmente riconosciuto come uno dei più grandi giocatori della storia africana, “King George” è stato un mito e un faro non solo per i tifosi delle squadre in cui ha giocato, ma per una nazione intera sia a livello sportivo che politico. Le sue gesta sportive unite al suo impegno sociale per la sua terra ne hanno fatto un vero e proprio mito, un simbolo della Liberia, che grazie ad uno dei suoi figli è balzata all’attenzione mondiale almeno per un decennio.

Basterebbero due informazioni per capire che tipo di calciatore è stato Weah: Pallone d’oro nel 1995, primo non europeo a vincere il titolo, e giocatore africano del XX secolo. Attaccante potente, ma agilissimo, gran corridore, dal tiro potente e preciso, il giovane George inizia a dare i primi calci al pallone nella sua Liberia, prima di trasferirsi in Camerun. Nel 1988 arriva la svolta della sua carriera, prelevato dal Monaco con cui vince la sua prima competizione, la Coppa di Francia nel 1991. L’anno successivo si trasferisce al Paris Saint Germain, che non era ancora la squadra degli sceicchi qatarioti di oggi, ma rappresentava un ottimo collettivo. Coi parigini vince un campionato nel 1994, ma soprattutto si impone all’attenzione delle maggiori squadre internazionali per la sua forza ed i suoi goal, soprattutto in Champions League, tanto che nel 1995 approda in Italia, al Milan.

Esordio da predestinato con la maglia rossonera, visto che Weah segna dopo appena 6′ dal su debutto in Serie A in un Padova-Milan 1-2, dove, tra l’altro, segnerà uno dei suoi rari gol anche Franco Baresi, su assist proprio di “Giorgione”. Una prima annata, quella milanista, segnata da 11 reti, alcune delle quali stupende, e dalla conquista del tricolore. Le stagioni successive saranno difficili sia per il Milan che per Weah, che tuttavia non farà mai mancare il suo apporto di reti, fino al 1999, l’anno dell’impronosticabile scudetto targato Zaccaheroni, in cui George mette un sigillo importante nella doppietta a Torino contro la Juventus. Finito il suo ciclo in Italia, Weah si trasferisce in rapida successione prima al Chelsea, poi al Manchester City, infine torna in Francia, al Marsiglia. Quella con l’Olympique sarà la sua ultima avventura europea, visto che il liberiano finirà la sua gloriosa carriera nella formazione araba dell’Al-Jazira.

Oltre alle squadre di club, non va dimenticata la sua lunghissima avventura con la selezione del suo paese, la Liberia, di cui è stato capitano e leader indiscusso, guidando le Lone Stars ad un passo dalla storica qualificazione ai mondiali del 2002, persi per un solo punto. Questo per far capire l’amore viscerale di Weah per la sua patria, una nazione molto povera, segnata da anni di guerre civili. Un impegno professato già durante la sua carriera, ma esploso dopo il ritiro dall’attività agonistica quando George si candida al ruolo di presidente della Liberia, supportato dal Cdc, il Congresso per la Democrazia e il Cambiamento. Col 28,3% dei voti è il politico più votato nel primo turno delle elezioni presidenziali del 2005, ma viene sconfitto a sorpresa nel ballottaggio dall’economista Ellen Johnson-Sirleaf, infrangendo il sogno di Weah di guidare politicamente il suo popolo. Ambasciatore UNICEF, “King George” è ancora un personaggio a tutto tondo, idolo di una generazione e di un paese intero.

Tornando alla sua carriera da calciatore, alcuni episodi rimangono nella leggenda, come quando il presidente del Cagliari Cellino lo aveva quasi acquistato, ma fu costretto a desistere dall’allora allenatore degli isolani Carletto Mazzone, il quale al grido di “Non lo farò giocare!” pose un veto perentorio all’arrivo in Sardegna di Weah o come quando, in una partita di Champions col Milan, rifilò una testata al capitano del Porto Jorge Costa, accusandoli di insulti razzisti e per questo prendendosi 6 turni di squalifica. Uomo immagine, indimenticabile la sua apparizione in un famoso spot televisivo in cui la frase “Tutto bene” si trasformava magicamente in un “Ciucio bene” irresistibile e divertentissimo. L’immagine più forte di Weah in Italia, tuttavia, resterà indubbiamente il gol segnato dall’attaccante africano l’8 settembre 1996 a “San Siro” contro il Verona (nel video): uno scatto “coast to coast” dalla propria area di rigore a quella avversaria, seminando avversari e depositando in rete il pallone per il delirio di un pubblico incredulo a quanto aveva appena assistito. Questo è stato George Weah: giocatore eccelso dal cuore grande, innamorato del pallone e della sua patria.

Michele Pannozzo
Michele Pannozzo
Nato a Fondi (LT) il 18 gennaio 1984, è laureato in Teoria della Comunicazione. Scozzese di adozione, vive a Edimburgo, dalla quale non smette di coltivare le sue sue maggiori passioni: il calcio e la scrittura.

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