Euro2012, il personaggio: Gianni Bezzi

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Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Gianni Bezzi, telecronista di RaiSport.

Avere un difetto di pronuncia è una cosa piuttosto comune e non è una colpa, assolutamente: vi basti sapere che non riesco a pronunciare correttamente la combinazione gl (come in aglio). Solo che io abitualmente scrivo, non parlo, così voi non ve ne accorgete.
Forse si sarà sentito orfano della sua spalla Vincenzo D’Amico (nella foto), che ha perso l’aereo per colpe non sue e quindi non ha potuto fare il commento tecnico di Olanda-Danimarca; ma ieri Gianni Bezzi, rimasto da solo, non ne ha presa davvero una (e complimenti alla RAI che aveva previsto milioni di soluzioni di emergenza, senza però riuscire a decidere quale usare). Quindi si torna indietro nel tempo, a quando un Nando Martellini faceva tutto da sé; purtroppo però Martellini non c’è più da un pezzo.

Tra doppi cognomi, pause inutili, storpiature e simili, ieri a tratti si è avuta l’impressione che in campo ci fossero almeno quaranta giocatori. L’autore del gol danese, per esempio, vale per tre: Krohn-Dehli quando pronunciato a una velocità decente, poi «Krohn… Dehli» (sempre in coppia, ma separati da un sospirone), probabilmente due lontani parenti: quando si dice la superiorità numerica, un centrocampo con Rommedahl, Kvist, Eriksen, Zimling, Krohn-Dehli, Krohn e Dehli. Per riequilibrare, però, anche l’Olanda ha schierato, nelle parole di Bezzi, qualche uomo in più, schierando sia l’attaccante dell’Arsenal van Persie, sia van Pertie (particolarmente attivo a fine primo tempo): dev’essere suo cugino, attaccante al tram. Modulo? Direi il 5-5-5 di Oronzo Canà.

Poi ci sono squadre mai viste, come il Bilan e la Danigmarca; giocatori fuori posto, come «Willems spostato sulla sinistra» che infatti era la fascia che ha ricoperto per tutta la partita (ha agito sulla destra solo nelle ultime azioni), oppure come quando ha definito un giocatore «tedesco», incurante che in campo ci fossero solo Danimarca e Olanda (ma vedi sopra: se erano in quaranta in campo, ci sarà pure stato un tedesco!); per tacere di Eriksen (centrocampista) che si trasforma in Andersen (portiere) nel breve volgere di dieci parole (nelle quali, peraltro, si dice che dovrebbe attaccare con più incisività); o proprio di Andersen (giusto, per una volta) che gioca nell’Evian, in «Ligue One» (una pronuncia antisciovinista, direi, almeno per due nazioni, nessuna delle quali coinvolta in campo).

Ce n’è abbastanza per coniare una nuova parola: il bezzo, che potrebbe portarsi dietro anche il verbo bezzare (v.i.: emettere bezzi). Simile al vezzo, che è una consuetudine non necessariamente gradevole, il bezzo è la stessa cosa, ma oltre alla sgradevolezza ha il pregio di essere incomprensibile, inspiegabile e inutile.

Lo so che è ingiusto prendersela solo con Bezzi (tante altre cose si potrebbero dire, a partire da Bacconi che proprio non se la sente di provare a non parlare in dialetto marcatamente toscano), ma il fatto è che ieri ha dato il peggio del peggio. Stavolta è toccato a lui: mi dispiace, ma sono costretto. Perché certi bezzi proprio non van Persie.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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