Champions League: l’Olympiakos batte un Arsenal già sazio

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Al Karaiskaki si gioca una gara che ha poco da dire, se non stabilire il primo del girone (anche se ci vorrebbe un’improbabile sconfitta dello Schalke), ma proprio per questo potrebbe essere ricca di sorprese, nuove tattiche o schemi di gioco. Leonardo Jardim schiera di nuovo una linea mediana a tre, cosa che evita in campionato, con Fejsa, Maniatis e Machado, in attacco c’è Djebbour e non Mitroglou, mentre in difesa esordisce Drissa Diakité. Arsene Wenger decide di concedere una sgambata ai meno utilizzati: gli unici superstiti della gara contro il Montpellier sono Szczesny, Vermaelen e Oxlade-Chamberlain; i giovani Jenkinson e Meade giocano con i più attempati Chamakh e Rosický.

 

BELL’OLYMPIAKOS, MA ARSENAL AVANTI. Nel primo tempo si assiste a un buon avvio dell’Arsenal, che disegna pregevoli geometrie. Avvio bilanciato e anche superato da un’ottima mezz’ora da parte dell’Olympiakos, che tiene il possesso e fa annotare pericolose occasioni da rete. Abdoun è sicuramente il migliore dei suoi: l’algerino manda in bambola i mediani, guizza come un pesce in mare aperto e riesce a piazzare precisi passaggi. Vermaelen si incolla a Djebbour e lo anticipa miracolosamente al 10′ minuto su cross di Abdoun, smarcato da un filtrante di Greco. Le occasioni più nitide le ha la squadra di casa (da contare anche due bei colpi di testa di Djebbour e Torosidis), anche se l’Arsenal riesce a salutare Carroll grazie a precise aperture, in buona parte sventate dalla difesa ellenica, che risulta un po’ distratta, ma sempre pronta a mettere delle pezze. Sicuramente è rivedibile al 38‘, quando l’Arsenal passa in vantaggio: Gervinho è sulla linea di fondo, rientra sul destro e manda al bar Torosidis; la retroguardia bianco-rossa è tutta in linea a marcare i riferimenti offensivi, dimenticandosi di Tomas Rosický, che arriva a rimorchio a insaccare il passaggio dell’ivoriano. Il vantaggio ospite rappresenta una bastonata, forse, troppo forte per un Olympiakos che ha giocato la sua gara senza paura.

 

CUORE GRECO. Le squadre rientrano in campo in un Kariskaki caloroso, che crede nella rimonta. Viene smentito all’inizio, causa due buoni spunti che portano Arshavin a due conclusioni pericolose, la seconda delle quali è un tiro brillantemente neutralizzato da Carroll. Con il passare del tempo, l’inesperienza di alcuni uomini dell’Arsenal viene a galla e l’Olympiakos inizia a martellare seriamente, prima con un tiro di Fejsa sull’esterno della rete, poi con un colpo di testa di Paulo Machado diretto nell’angolino, messo in angolo da un miracolo di Szczesny. Proprio da quel corner, al 64′, deriva il meritato pareggio bianco-rosso: un difensore londinese fa una sponda involontaria per Giannis Maniatis, che insacca brillantemente sull’uscita del portiere. Il tuffo di Djebbour con il pallone che fa la barba al palo è sia la conseguenza di un errore in marcatura di Jenkinson, sia il preludio al 2-1, che arriva grazie al neo-entrato Kostas Mitroglou, che fulmina Szczesny con un tiro a giro di rara bellezza e precisione. Alcuni brividi scorrono sulla schiena di ambedue le tifoserie, finché l’arbitro fischia la fine di un incontro combattuto, che ha visto in campo un Olympiakos fiero e grintoso e un Arsenal rimodellato, che aveva già in tasca la qualificazione, quindi poco motivato.

 
OLYMPIAKOS PIREO – ARSENAL: 2-1 (0-1).
Olympiakos Pireo (4-3-2-1): Carroll; Torosidis, Contreras, Manolas, Diakité; Fejsa (60′ Fuster), Maniatis, Machado; Abdoun (72′ Mitroglou), Greco; Djebbour (82′ Ibagaza). A disp.: Pantelic, Fetfatzidis, Siovas, Megyeri. All.: Jardim.
Arsenal (4-2-3-1): Szczesny; Meade (83′ Angha), Varmaelen, Squillaci, Jenkinson; Ramsey, Coquelin; Gervinho, Rosický (46′ Arshavin), Oxlade-Chamberlain; Chamakh. A disp.: Shea, Ansah, Hajrovic, Akpom, Elton Monteiro. All.: Wenger.
Arbitro: Alberto Undiano (Spagna).
Marcatori: 38′ Rosický (A), 64′ Maniatis (OP), 73′ Mitroglou (OP).
Note: ammonizioni: Fejsa (OP), Szczesny, Squillaci, Coquelin, Chamakh (A).

Francesco Piacentini
Francesco Piacentini
Pavese classe '91, laureato in scienze politiche, per lui lo sport è uno specchio su cui si riflette la storia di un popolo. Stregato dal calcio inglese e greco, ama la politica, l'heavy metal e il whiskey.

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