La Nations League è una competizione utile?

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Foto @equipedefrance Twitter

Di recente, la nascita della Nations League ha rivitalizzato il mondo delle partite di calcio tra nazionali, andando a cambiare o comunque influenzare abitudini e calendari vecchi a morire, certezze ormai date da molti per assodate, quasi eterne.

Di eterno, si sa, al mondo c’è ben poco, e lo sport come altri fenomeni e aspetti della nostra vita civile tende a mutare. E si adegua, nel bene come nel male. Come nel caso dell’Europeo allargato e il Mondiale a 64 squadre, tante sono state le polemiche e le perplessità sollevate da tifosi e addetti ai lavori sulla Nations League, creata per dare un senso al calendario e alle finestre internazionali, aggiungendo una competizione ufficiale alle già presenti qualificazioni iridate e continentali, affiancate ad amichevoli che – lungi dall’essere considerate sfide “vere” come i Test Match del rugby – hanno fatto il loro tempo, o comunque non possono bastare.

Effettivamente il mese scorso s’è visto del calcio interessante, in questa competizione. A prescindere da uno stato non esattamente idilliaco della nazionale italiana, le partite giocate hanno confermato un pathos maggiore rispetto alle amichevoli tutto noia, sostituzioni e sbadigli ammirate in passato, e ai vari livello e nelle varie “serie” s’è visto del football interessante, con gare tese, tirate e giocate per davvero, come non ci fosse un domani. O comunque proiettando lo sforzo e il lavoro tattico sul domani di una competizione condita da vari passaggi, turni e giornate.

Tra gli altri pregi di questa nascente Nations League, viene da menzionare anche il maggior livellamento ed equilibrio negli accoppiamenti. Fatto salvo il criterio demo-meritocratico, garantito dalle qualificazioni mondiali, e il tutto sommato non scandaloso diritto delle San Marino di turno di affrontare anche giganti come la Germania, la Spagna o l’Italia, è stato accattivante vedere match non decisi in partenza ma sensati come rapporti di forza in campo. La creazione poi delle finali, oltre che si promozioni e retrocessioni – concetto fin qui estraneo al calcio delle nazionali, a differenza di quanto accade in parecchi altri sport – aggiunge inoltre obiettivi sul medio e lungo termine. Andrà a tradurre insomma in effetti sul campo e di campo progressi e risultati delle varie squadre, quella che gli inglesi chiamano la biggest picture.

Più “classiche”, mutuando una vecchia terminologia breriana, insomma ma anche in generale partite tra squadre medie, tra squadre piccole, tra squadre piccolissime.
Proprio per questo, perché non si cura dei progressi fatti a livello di calendario e di un tentativo sinceramente encomiabile ed evidentemente in buonafede da parte della UEFA di allargare il bacino d’utenza e il livello di soddisfazione di tutte le federazioni e i movimenti calcistici, che le recenti parole di Jürgen Klopp, tecnico del Liverpool, lasciano il tempo che trovano.
L’ex Borussia Dortmund, da tempo in sella a una delle squadre più affascinanti e blasonate del calcio del Vecchio Continente, si è lamentato della nuova pausa per le nazionali, per far posto a quella che considera la più senseless, cioè senza senso, pressoché inutile, competizione del mondo che è la Nations League.

Ora, possiamo capire il fastidio che ogni manager impegnato ai massimi livelli – dato l’ingente numero di nazionali presenti in rosa, “costretti” a lasciare club e ritiro per muoversi dall’altra parte dell’Europa, aggregarsi ad altri allenatori, ecc. – possa provare dinnanzi alle soste (maledette soste!, è un po’ anche il nostro pensiero di appassionati e fruitori dei vari campionati e della Champions) ma spiace che uno degli allenatori di più moderni e di mentalità più aperta del mondo caschi in questo luogo comune e proclami battaglia a una novità che non ha fatto altro che rivitalizzare un mondo, quello delle nazionali, che andava in qualche modo svegliato.

La speranza è che fosse una boutade isolata e figlia, magari, dell’insoddisfazione dei risultati recenti, o della genuina voglia di lavorare quotidianamente coi suoi calciatori.
Ma in ogni caso, Klopp e i suoi colleghi detrattori se ne facciano e se ne faranno una ragione: la Nations League va avanti, con sfide vere che tenteranno di interessare e appassionare i tifosi e soprattutto di affiancare ai campionati d’élite e a Champions ed Europa il buon vecchio football delle nazionali. Che tanta storia di questo sport ha scritto.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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