Pazienza, maturità e un CR7 (in campo) che fa la differenza. Così la Juve crea il vuoto dietro sé

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Venti minuti di vuoto di idee ed errori in fila, poi arriva la giocata che toglie il sassolino dagli ingranaggi e il sistema Juve torna a funzionare e, soprattutto, a vincere. I bianconeri si aggiudicano così, da squadra obiettivamente superiore, la prima, delicata sfida diretta contro un Napoli a cui resta, come in passato, solo l’onore delle armi. Con uno stile e con vicende diverse rispetto all’era Sarri, vero, ma i partenopei tornano ancora una volta a casa da Torino a mani vuote e con l’amaro in bocca dato dalla consapevolezza che tra loro e i campioni d’Italia in carica esiste ancora una notevole distanza. Per il momento e chissà per quanto ancora, incolmabile.

Una distanza che questa partita ha evidenziato soprattutto su un piano: quello legato alla presenza in campo di campioni affermati e con giocate di classe mondiale nelle corde. Perché nel calcio, tattica e idee contano eccome, ma poi sono i singoli che, da un momento all’altro, possono cambiare in maniera totale il senso della storia delle partite. Lo fanno in negativo, come accaduto a Bonucci che, con un eccesso di presunzione, innesca l’azione da cui parte la meravigliosa azione corale del Napoli premiata con il gol di Mertens a inizio partita, rischiando di lasciare i suoi compagni in balia di un avversario sbloccato mentalmente e sicuro; ma, sul versante opposto, anche a Mario Rui, che commette un errore imperdonabile in una gara di questo livello facendosi espellere per un intervento fuori tempo, a pochi secondi dalla sua uscita dal campo. La giornata storta può capitare anche ai migliori, ma il calcio moderno, ai suoi massimi livelli, non ammette ingenuità di questo tipo.

Lo fanno, però, anche e soprattutto in positivo. Perché stasera, allo Juventus Stadium, abbiamo capito tutti cosa voglia dire avere in campo un singolo che per anni ha trascinato a volte da solo le sue squadre. Cosa voglia dire, insomma, avere un Cristiano Ronaldo non in panchina a dirigere i propri giocatori (senza nulla togliere a un Ancelotti comunque coraggioso e sempre sul pezzo), ma in mezzo al terreno di gioco, su cui realizza due assist, colpisce un palo dal nulla facendo nascere un altro gol e che per 90′ tiene in costante apprensione la difesa avversaria. La prima, vera partita da grande campione, il portoghese ha deciso di giocarla nella gara più sentita di tutte, quella contro la più accreditata avversaria per il titolo, e ha spiegato a tutta Italia perché Marotta e Paratici abbiano fatto carte false per averlo in rosa pur nell’ultima fase della sua carriera. Per marketing, certo, come si è detto da più parti, ma anche per regalare ad Allegri un fenomeno vero, di quelli che poche squadre al mondo possono vantare di avere, per creare un vuoto sempre più grande alle proprie spalle in campionato e puntare alla Champions League.

È bastata una giocata in suo pieno stile, un assist al bacio di sinistro per la testa di Mandzukić, per svegliare una Juventus fino a quel momento poco reattiva e cambiare gli equilibri della partita. Dal 26′, è iniziata tutta un’altra partita, sbloccando a catena la corsa instancabile di Matuidi, il feeling devastante con il gol di Mandzukic, le sventagliate di Pjanić in mezzo al campo e la solita sicurezza difensiva. Ha trionfato, in altri termini, la capacità di attesa, anche in sofferenza della Juventus, su un Napoli che per il resto della partita è stato buono solo a tratti, trascinato dalla fisicità dei vari e instancabili Koulibaly e Allan, ma a cui non ha fatto seguito un adeguato peso offensivo. Ai partenopei è mancato coraggio per un tratto troppo lungo di partita e proprio quando il gioco di Ancelotti stava riniziando a carburare, mettendo in apprensione agli avversari, sono arrivate in fila le tegole del rosso a Mario Rui e del gol finale di Bonucci. Troppo per pensare di poter riprendere in mano una partita così difficile.

Dalla notte di Torino, insomma, emerge una Juventus ancora una volta superiore: lo dicono i risultati (mai così bene un inizio di stagione da tempi immemori), ma anche una classifica che la vede solitaria in vetta. Forse persino già in volata, anche se dirlo a fine settembre è almeno per scaramanzia troppo presto. Da questa sfida, rimane anche un Napoli che non deve completamente buttare via la sua prestazione, che ha lasciato spunti interessanti per crescere ancora. Ma che ha capito che avere un CR7 in campo, e non tanto in panchina, fa la differenza eccome.

 

Francesco Moria
Francesco Moria
Nato a Monza nel '95, ha tre grandi passioni: Mark Knopfler, la letteratura e il calcio inglese. Sogna di diventare giornalista d'inchiesta, andando a studiare il complesso rapporto tra calcio e politica.

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