Dagli infortuni al caso doping: la parabola discendente di Pepito Rossi, talento incompiuto del nostro calcio

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Trentun anni e una carriera ormai praticamente finita. Questa è la triste storia di Giuseppe Rossi, in arte Pepito, uno dei più grandi talenti italiani dell’ultimo decennio che, soprattutto a causa di un fisico non all’altezza delle sue qualità tecniche, non è mai sbocciato definitivamente. Tre operazioni al ginocchio destro per la rottura del crociato, una per lo stesso motivo al ginocchio sinistro e sei infortuni diversi in sette anni. Una carriera condizionata o meglio quasi distrutta dagli infortuni, prima della notizia choc della positività al test antidoping, che potrebbe togliere quel “quasi” e mettere definitivamente un punto alla storia d’amore tra Pepito e il calcio.

E pensare che fino a poco tempo fa doveva essere l’uomo della rinascita Azzurra, con quella mancata convocazione al Mondiale 2014 che fece scalpore tanto da risultare alla fine una delle principali cause del licenziamento di Cesare Prandelli, reo secondo la platea di aver lasciato a casa il miglior talento che l’Italia avesse a disposizione. L’infortunio al solito crociato nel Gennaio 2014, dopo mezza stagione da top player a Firenze, condizionò la stagione di Rossi che riuscì comunque a tornare in campo per il finale di stagione in maglia Viola, convincendo tutti sulla sua ritrovata condizione fisica ma non l’ex CT, che forse a questo punto ci aveva visto lungo. Da quel momento infatti la carriera di Pepito ha avuto il suo tracollo definitivo, con un altro grave infortunio e una serie di ricadute sia fisiche che morali. L’occasione datagli dal Genoa lo scorso anno rischia di essere stata l’ultima della sua carriera e il mancato rinnovo del contratto sembrava esserne già la prova. Adesso però sembra essere arrivata la mazzata decisiva, con la probabile squalifica di un anno per la positività al dorzolamide, sostanza proibita o comunque utilizzabile in una specifica circostanza non riportata però da Rossi come giustificazione per l’utilizzo. Attendendo la sentenza definitiva e gli accertamenti sul caso, ci sentiamo comunque di difendere Pepito innanzitutto come persona, non solo per la faccia pulita del giovane ragazzo nato in New Jersey, ma perché nella sua carriera è caduto più volte rimboccandosi le maniche e rialzandosi da solo senza alcun tipo di aiuto sleale.

Nonostante il desiderio di rivederlo in campo dribblando gli avversari e accarezzando il pallone con quel sinistro vellutato sia tanto, la sensazione resta quella di una carriera ormai giunta al capolinea, perché Pepito Rossi non è più un ragazzino e perché ha praticamente saltato tre stagioni delle ultime quattro. La squalifica non migliorerà di certo la situazione, ma l’augurio è quello di sbagliarci e di rivederlo presto sorridente in un campo da calcio, magari come lo era prima di quel maledetto Villarreal-Real Madrid del 26 Ottobre 2011, giorno della prima caduta di quello che poteva diventare uno dei calciatori più forti del panorama mondiale e che nonostante quelle ginocchia fragili riusciva a trascinare un intero sottomarino giallo.

Ivan Fusto
Ivan Fusto
Giornalista e telecronista, classe '96. Vincitore del Workshop 2017 di Sportitalia, malato di calcio italiano e non. Innamorato dello sport in generale, seguo anche il volley ed il tennis.

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