Rugby League – L’Italia “A” e una montagna parecchio alta da scalare

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Per gentile concessione Antonella Principato | FIRL

Ultimo giorno in Sicilia per l’Inghilterra NWML Lionhearts, squadra rappresentativa in tour. Dopo le roboanti affermazioni contro Sicilia XIII e Italia Emerging, agli inglesi tocca nuovamente affrontare la nazionale sperimentale azzurra, per il secondo match della serie e l’incontro conclusivo della tournée. Non è stata, risultati alla mano, un’impresa troppo ardua battere i siciliani prima e l’Italia “A” poi: 146 punti segnati, a fronte di 0 subiti.

Zero, avete letto bene: mai una volta, nei primi due incontri, l’attacco degli italiani – Selezione Sicilia o Italia Emergenti che fosse – è riuscito ad andare oltre alla linea di meta; né è arrivata alcuna penalità calciabile, di quelle che ti fanno fare, prendendo in prestito un po’ di gergo calcistico (ma non ditelo ai giocatori…), il classico “gol della bandiera”. No, niente di tutto questo: i Lionhearts, abituati a essere performanti e a giocare a questo codice del rugby per l’intera stagione agonistica, non hanno mollato un attimo. Placcaggio dopo placcaggio, play the ball dopo play the ball: un recupero dopo l’altro, una meta tira l’altra. E allora sono arrivati uno 0-70 e uno 0-76, nonostante l’impegno innegabilmente profuso dai ragazzi italiani, cresciuti negli anni ma evidentemente ancora lontani da certi livelli.
Tutto da buttare, quindi? No.
Sconfitte onorevoli? Giammai.

C’è infatti un modo, immagini, tabellini e testimonianze alla mano, per analizzare quanto accaduto senza cadere nella tentazione di dire che comunque va tutto bene, che i ragazzi hanno dato tutto e questo ci basta, cui un certo giornalismo rugbistico ci ha abituato, ahinoi.
Serve un’analisi razionale che passi dal valore degli avversari, dalle scelte fatte in sede di convocazione e dalle prospettive future di coloro che formano la maggior parte di questo brutto.
Intanto, la maglia azzurra è stata onorata, in ogni caso. Ciò non vuole cedere alla retorica di cui sopra, ma rende onore al valore di questi English Lionhearts, evidentemente una delle squadre più forti a essere mai scese in Italia, sicuramente il più competitivo tra i team di rugby league a essere mai sceso in campo in Sicilia.

Per gentile concessione Antonella Principato | FIRL

Ben organizzati, superiori sul piano atletico e fisico, duri il giusto e abituati a queste regole e questo gioco settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno.
E questo è un bene, intendiamoci: è come se la Selezione Sicilia e l’Italia Emerging si fossero confrontate con una tier 2 nation, non inganni che non si tratti di una nazionale “ufficiale”: oltremanica, dove il rugby a XIII è nato, il gioco è diffusissimo specialmente in quelle regioni e contee e anche i non professionisti esprimono valori tecnici d’élite. I ragazzi guidati da coach Sean McHugh hanno quindi esposto i giocatori siciliani e azzurri, molti dei quali giovani, a un livello molto alto e a un’intensità ancora impensabile per chi gioca nel nostro campionato.
Questi match sono stati, in poche parole, come un “prestito” di 10 giorni nel campionato inglese, una learning curve.

Proprio il concetto di curva d’apprendimento viene in soccorso. Ed è molto più efficace, e nella comunicazione e nel merito, di tutta quella retorica della sconfitta onorevole e del fuori a testa alta che non ha fatto altro che danneggiare l’ovale italiana negli ultimi 20 anni, esponendola poi alle beffe e alle prese in giro degli appassionati degli altri sport.
Oggi sveliamo un mistero, voilà: a nessuno piace perdere, manco nel rugby league. Nessuno prende 70 punti volentieri. Però… Prenderli da chi è più forte di te, prenderli giocando comunque con criterio, in un rugby razionale e ben studiato, magari guidato da grandi tecnici (Pezzano, Magrì, Nicotra, Epifania e Baitieri), può essere più utile di un exploit contro squadre di rango inferiore.

Tutto sta a come ti applichi, all’approccio che hai: dai tutto per lo stemma che hai cucito sul petto, pensi ai grandi giocatori (i Minichiello, Tedesco, Celerino, Bergamasco, Campese, ecc.) che questa maglia azzurra l’hanno indossata, giochi per imparare e impari giocando. Quel placcaggio lì poi lo sbagli perché l’avversario è più bravo di te (per il momento), ma ti ci ispiri e ti metti l’obiettivo – sul breve e lungo termine – di diventare come lui.
Vedi l’obiettivo, guardi il tabellone e pensi: il prossimo anno non saranno 70 ma 30, e poi chissà

Per gentile concessione Antonella Principato | FIRL

Non è dunque una sconfitta onorevole, perché è un ko che ti fa girare gli ingranaggi e del quale avresti fatto volentieri a meno, ma ti sei messo in gioco. Onorando te, la tua famiglia, il tuo club, il movimento tutto.
E poi, se sei giovane e potenziale azzurrino, un pensiero a Belgrado e agli europei lo fai, perché no?
Il 5 agosto l’Italia Under 19 affronterà infatti la Francia nei quarti di finale dei campionati continentali di categoria e a breve arriveranno le convocazioni. L’entourage azzurro, su tutti il tecnico della nazionale giovanile Salvatore Pezzano, ha visto questo tour dei Lionhearts come l’occasione per dare chilometraggio internazionale ed esperienza a molti giocatori giovani, cui serviva e serve prendere confidenza con un livello alto e da non sottovalutare.

Gli esperti, massicci e fortissimi inglesi sono allora stati la prova in vista della Francia, l’occasione per ogni ragazzo papabile per il viaggio in Serbia di mettere in difficoltà il ct, dirgli “io ci sono”. Dalla sconfitta a testa alta a quella utile per il futuro il passo è stato fatto e chiunque sia stato sugli spalti dell’impianto del CUS Catania domenica e mercoledì questo ha visto: ragazzi che imparano perdendo, una squadra mai doma che vuole fare dei suoi limiti nuove potenzialità e strumenti di crescita.

Si torna in campo oggi alle 13:30. Si chiude la tournée inglese, si guarda il futuro traendo il massimo dall’esperienza.

ITALIA EMERGING-INGHILTERRA LIONHEARTS 0-76
Italia “A”: Antony Virzi, Bara Souleymane, Gabriele Calamaro, Giordano Arena, Roberto Greco, Graziano Camino, Efrem Santiago Bucellari, Alessandro Florio, Igor Giammario, Etore Bandoni, Luca Bondioli, Davide Calabria, Leonardo Artale; Cristian Ardito, Luis Lollo, Micahel Russo, Ricardo Crocella, Riccardo Dodi, Mario Di Santo, Francesco Mendosa. All.: Leo Epifania.
Inghilterra: Jack McHugh (Orrell St James), Lewis Grimes (Leigh Miners Rangers), Jordan Penny (Wigan St Cuthberts), Ben Jones (Wigan St Judes), Paul Rickleton (Hindpool Tigers), Jordan Gibson (Haydock), Deane Meadows (Shevington Sharks), Josh Hill (Manchester Rangers), Phil Woollacott (Latchford Albion), Ryan Braddock (Wigan St Patricks), Dave Kennedy (Orrell St James), Danny Gee (Haydock), Danny Brown (Latchford Albion); Harry Warburton (Folly Lane), Stuart Pemberton (Wigan Bulldogs), Scott Robinson (Wigan St Judes), Connor Dutton (Thatto Heath Crusaders), Ryan Ashall (Wigan St Cuthberts), Wayne Bullough (Garswood Stags). All.: Sean McHugh.
Arbitro: Tara Jones (Inghilterra).
Mete: Jordan Penny (2), Jordan Gibson, Danny Brown, Wayne Bullough, Dave Kennedy (2), Jack McHugh (2), Danny Gee, Harry Warburton, Deane Meadows, Scott Robinson, Stuart Pemberton.
Goals: Jordan Gibson (6/9), Scott Robinson (4/5).

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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