La finale dei rimpianti?

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Inghilterra e Belgio si incontreranno domani pomeriggio a San Pietroburgo, per la prima finale della loro recente storia. Ma non è la finale che si sarebbero augurati – quella che vale la coppa FIFA – ma la finale terzo posto, quella dei rimpianti. Vale, sì, un podio iridato eppure molti ne farebbero a meno: le ferie sono vicine e mai come stavolta relax e famiglia saranno utili ad allontanare la recente delusione. I fotogrammi dei gol di Umtiti, Perisic e Mandzukic. Le lacrime.

Intendiamoci: ci avrebbero messo la firma Inghilterra e Belgio. Per un motivo o per un altro, un piazzamento di tale prestigio mancava da una vita: agli inglesi dalle notti magiche di Italia 1990, ai belgi addirittura da Messico 1986. Ma quando arrivi a un passo, vuol dire che ci hai creduto. Devi averci creduto ed è per questo che fa male, più del solito.
Come possono, allora, Southgate e Martinez convincere i loro giocatori a tornare in campo freschi, pimpanti e concentrati, quando a Francia e Croazia – contro le quali hanno dimostrato di potersela giocare eccome – è spettata la finale più importante?

Devono far leva, innanzi tutto, sull’orgoglio. È proprio nei momenti bui, quando cadi a terra, che ti risveglia lo stimolo del campione. Ferito, hai barcollato e sei anche crollato. Qui, proprio qui, ti rialzi. Rimbocchi le maniche e dai un’ultima gioia ai tifosi, dopo un torneo indimenticabile. l’Inghilterra veniva da decenni di tracolli, flop e delusioni; tonfi micidiali nonostante presunte generazioni d’oro (Beckham, Rio Ferdinand, Terry, Gerrard, Scholes, ecc.) e il campionato più ricco e seguito al mondo. Prima, una generazione gagliarda e agonisticamente mai doma (Shearer, Pearce, Adams, lo stesso Southgate) si era fermata solo ai rigore e i ragazzi di quest’anno proprio questo tabù hanno superato. Il Belgio, dal canto suo, la generazione d’oro ce l’ha adesso ed era un attimo passare per la squadra degli hipster, un team alla moda e nulla più. Come a Euro 2016, giù di lì, e invece stavolta ha sconfitto addirittura il Brasile. Non per forza quello del 2002 ma un XI concreto, attrezzato e competivo.

Si dirà che la finalina conta poco, che a Londra e dintorni Gazza e gli altri “eroi” del 1990 la gente li ricorda con affetto anche se hanno perso il playoff per il bronzo, eppure è una medaglia da non sottovalutare. Appuntamento alle 16, per un match che può rivelarsi interessante e riservare sorprese: 90′ o 120′ di un Mondiale fin qui tutto tranne che deludente.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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