A testa bassa

-

La partita di questa sera all’Etihad Stadium di Manchester obbliga l’Italia ad affrontare tutti i suoi problemi. Invece di essere una prova in vista del gran ballo, Argentina-Italia è la sfida dei rimpianti: siamo davvero così lontani dall’Albiceleste, quarta forza del ranking FIFA? E dell’Inghilterra che affronteremo martedì a Wembley siamo davvero inferiori?
Restano delle amichevoli, è vero, ma servono già a fare il punto sulla nuova Nazionale e su un ciclo che parte ovviamente con la necessità di togliersi tanta ruggine di dosso dopo il difficile girone di qualificazione a Russia 2018, il triste spareggio contro la Svezia e l’incubo del mancato approdo al Mondiale.

Non è vero che non esistono amichevoli, anzi. Si sente infatti tantissimo la differenza tra queste e le gare ufficiali, specialmente nel football. Altre discipline, come il rugby, trattano qualsiasi appuntamento assegni caps internazionali come una vera partita, mentre realtà come calcio e pallacanestro relegano questi match al rango di allenamenti a porte aperte e nulla più. Bello, sì, che si assegnino presenze in nazionale, che la gente possa sognare quando – giornale sportivo alla mano – legge le amarcord sulle grandi sfide contro Maradona a Italia 1990, o del gol di Gianfranco Zola a Wembley nel percorso verso Francia 1998. Ma di questo, quando si va in campo, si vede davvero poco. C’è anche un po’ d’ipocrisia: se per caso ci scappa il colpaccio ecco che è stata una sfida di cartello altrimenti pazienza: tutto come prima e testa al duello Juventus-Napoli per lo scudetto.

Allora è qui che dobbiamo fare il salto di qualità, innanzi tutto mentalmente. Non solo come italiani ma come sport del calcio: una volta che si scende in campo per il proprio paese si dà tutto, a prescindere dai punti in palio. Ha detto bene Gigi Di Biagio, catapultato alla guida della Nazionale e disposto a giocarsi tutte le sue chance: è questo “il nostro mondiale” e va giocato sino in fondo, con realismo ma anche quel pizzico di fantasia e illusione che non fa mai male.

Resterei sulla frase del ct ad interim. Dice tanto, dice che al Mondiale vero e proprio non ci siamo arrivati. Non essere in Russia farà un male cane ma potrà darci l’occasione di riorganizzarci, studiare gli altri, capire dove abbiamo sbagliato; non essere lì a far compagnia ad argentini e inglesi – assieme non fanno i titoli iridati degli azzurri, ma stavolta ci accoglieranno con un sorriso beffardo – è un danno d’immagine non da poco ma sarà forse utile. Averci sbattuto il muso vuol dire non poter più vivacchiare e campare di rendita.

Se due amichevoli sono il nostro mondiale e se il prossimo appuntamento ufficiale non è la FIFA World Cup ma la Nations Cup, vuol dire che abbiamo fatto tutto malissimo. E che da oggi, anche grazie alle sfide di Manchester e Londra, ci tocca rimboccarci le maniche. Testa bassa, un’estate a guardare e studiare, e poi via più forti di prima.

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

MondoPallone Racconta… La rivincita dei piccoli

Piccoli di statura, ma dal grande talento. Il calcio italiano ha rispolverato con successo questa categoria di giocatori, come dimostrano anche le scelte di...
error: Content is protected !!