Una grande squadra, finalmente

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La settimana lunga della Champions League ha regalato, per la prima volta da tempo immemore, l’accesso di due squadre italiane ai quarti di finale. Sia Juventus che Roma, dunque, rappresenteranno il calcio italiano nella top 8 del continente ed è un dato interessante, specialmente alla luce dei tonfi degli anni recenti, o di quello del Napoli in questo 2017-2018.

La qualificazione della Juve sorprende nel metodo più che nel merito. Si sapeva già infatti del potenziale europeo dei campioni d’Italia, anche se l’andamento altalenante della doppia sfida al Tottenham – ottima squadra ma ancora acerba a questi livelli – li aveva messi all’angolo, come pugili suonati. La tenuta del gruppo, la gestione di Allegri, il talento dei singoli (Higuaín e Dybala) e lo scatto mentale hanno fatto la differenza: la Juventus era ed è, in Italia come oltreconfine, una grande squadra e tutte devono farci i conti. Lo sa il Tottenham e lo sa il Napoli, ultime vittime (in Champions e nella corsa scudetto) di un team troppo in anticipo dato per spacciato.

La parola chiave, qui, è grande squadra. Si tratta di un sintagma troppo spesso e troppo facilmente abbinato alle compagini nostrane. E ciò nonostante tutte, bianconeri a parte, in Europa abbiano più o meno stentato, con cadute clamorose, preliminari persi, figure barbine e ridimensionamenti vari. Parlo ovviamente del Napoli, che a furia di concentrarsi su un solo titolo se lo vede settimana dopo settimana sfuggire di mano, ma anche della Roma, reduce da cavalcate europee tutt’altro che positive.
Spesso ho insistito su questo punto: la Roma non è una grande, o almeno è il caso lo dimostri. Umiliata con goleade da tante big, sempre affossata dalla connazionale ingombrante (vedi sopra) nella lotta al titolo, costretta all’Europa League eliminata da un Porto “sulla carta inferiore” o “nettamente alla portata dei giallorossi”. Ecco: questa squadra, che vive e opera nella città del tutto e subito, in cui dalla contestazione alla giurata devozione eterna passi nel giro di 2-3 settimane, di essere grande non lo aveva mai dimostrato. Perlomeno sino in fondo.
Lo ha fatto questo mese, in una reazione a catena. Il 2-4 del San Paolo al Napoli ha regalato a Nainggolan e compagni una consapevolezza vera e concreta della propria forza, lanciandoli verso l’ottavo di ritorno di Champions League.

Roma fortunata nell’accoppiamento allo Shakhtar, si dirà, eppure quella di Paulo Fonseca è la stessa squadra che ha chiuso il girone davanti al Napoli delle meraviglie, del bel gioco e delle lodi di Guardiola. La verità sta nel mezzo: gli ucraini non sono maestri ma neanche una squadra materasso e ai giallorossi, motivati come non mai dopo l’exploit in campionato, va riservato un plauso per la maturità e la forza dimostrate. L’elogio va esteso a Eusebio Di Francesco, pure troppo criticato questi ultimi mesi dalla piazza. Si era letto di tutto: tecnico da piccola piazza, non vero big, e via discorrendo. Eppure è lì, tra le prime 8 d’Europa: non ha smesso un secondo di credere nei suoi giocatori – nei top come nel collettivo – e di questi giudizi, lasciatemelo dire, se ne è fregato. E ha detto lui l’ultima parola.

Quando andrà a regime il nuovo stadio, potrà dirsi completo l’ammodernamento della società A.S. Roma. Si affermerà, come è successo a Torino sponda bianconera, un modello di società che guarda all’oggi ma anche al domani, che cura ogni voce di spesa e si adegua al resto dell’élite del calcio continentale. Serviva, per chiudere il cerchio, diventare grande squadra anche sul campo: missione compiuta, chiedere ad Atlético de Madrid e Shakhtar.


Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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