I fatti sono noti: ieri, nel grigiume dell’Olimpico la Lazio di Simone Inzaghi ha dato una sonora strigliata al Milan di Montella, evidenziandone più di una debolezza ma, soprattutto, sfruttandole tutte al massimo. Al di là di un Ciro Immobile posseduto dallo spirito del grande Giorgione Chinaglia e demiurgo assoluto della sfida, vera variabile impazzita della partita, ciò che resta più impresso del match sono i tifosi rossoneri che, al fischio finale, hanno iniziato a battersi violentemente il petto con dei massi invocando la testa di Montella come sacrificio gradito agli dèi nonché unica offerta votiva in grado di placare le ire dell’Olimpo del pallone. Insomma, alcuni milanisti hanno dimostrato una pazienza notevole.

Montella Vincenzo da Pomigliano d’Arco (Na) è un tecnico che divide più o meno da sempre. All’inizio era troppo giovane per guidare la Roma ancorché solo un traghettatore, poi troppo inesperto per allenare il Catania, quindi ancora acerbo per ereditare la panchina della Fiorentina salvo poi, grazie a dei risultati tutto sommato confortanti e un gioco ambizioso fatto di dominio del pallone e controllo degli spazi, diventare “il nuovo che avanza” tra tutti i tecnici italiani. Lo scorso anno, peraltro, ha dimostrato di poter anche aggiornare e rivedere le proprie idee di base, adattandole al contesto in cui si trova: col disastrato Diavolo dello scorso anno era impensabile riprodurre quella ragnatela di passaggi proposta in viola e dunque ecco l’ex centravanti della Sampdoria costruire una squadra solida, arcigna e molto più a suo agio senza pallone che non con, al contrario di quanto tantissimi pensavano facesse. Peraltro, i mesi passati ad allenare la Samp lasciavano intendere che l’integralismo non è una caratteristica dell’allenatore campano.

Oggi l’ex mister della Fiorentina ha a disposizione una rosa del Milan immensamente più qualitativa di quella dello scorso anno e, forte della crescita esponenziale del livello tecnico complessivo, ha provato a impostare un nuovo sistema di gioco, stavolta sì più basato sul possesso del pallone e una manovra posizionale. Come chiunque sa, però, per migliorare così tanto a livello di uomini, i rossoneri hanno dovuto cambiare una valanga di uomini e inserire tra i sette e i dieci titolari nuovi rispetto a un anno fa. E, guarda un po’, per amalgamare il tutto serve tempo. Tempo che peraltro Montella non ha avuto in dosi industriali perché i preliminari di Europa League lo hanno costretto a lavorare sulla squadra mentre si preparavano delle partite ufficiali e, inoltre, gli acquisti sono arrivati alla spicciolata e non tutti assieme, prima del raduno.

Tornando all’attualità, il Milan ha subito una brutta imbarcata, ieri. Inoppugnabile. Però, sia i sostenitori che i detrattori dell’Aeroplanino converranno che ci vuole una buona quantità di tempo per mettere assieme quella che è davvero una rosa nuova, tanto più se poi la scelta del sistema di gioco è orientata al possesso della palla e al controllo degli spazi, la filosofia più lunga e difficile da apprendere. Ci vorrà pazienza prima di vedere una buona fluidità nei meccanismi e una vera continuità di risultati (anche se, per quanto brutta, quella di ieri è stata la prima sconfitta su sette gare ufficiali. E le altre sei sfide sono state tutte vinte). E, tra l’altro, con il lavoro dello scorso anno Montella s’è guadagnato pienamente il diritto di lavorare sereno in questa stagione.

È ovvio che se il Milan arrivasse sesto o settimo a trenta punti dal quarto posto si potrebbe parlare di fallimento. Ma non è questo il caso, anzi (almeno per ora). I processi vanno fatti quando è il momento, non preventivamente sulla base di un utopistico desiderio di vincere tutte le partite 5-0: per quello c’è la Playstation.