Può ancora essere solo una figuraccia

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Morte, pestilenza, cavallette, carestia e distruzione. A leggere le reazioni a caldo del pubblico  relativamente alla sconfitta di ieri sera della nazionale italiana in quel di Madrid, il quadro che emerge è sostanzialmente simile a quello tratteggiato nella Bibbia relativamente alle piaghe d’Egitto, morto più, morto meno. Ora, è inoppugnabile che la squadra di Ventura abbia fatto una solenne figura di palta al Bernabéu tuttavia non è che tutto sia irrimediabilmente perduto: verosimilmente la prima posizione nel girone è andata e con essa la qualificazione diretta ai Mondiali ma l’Italia ha ancora ottime possibilità di andare agli spareggi come una delle migliori quattro seconde e, di conseguenza, pescare una delle peggiori quattro.

Dunque, ricontestualizzando la sconfitta di ieri entro i confini del possibile e, guarda un po’, anche del probabile, si può dire tranquillamente che il dramma non è aver perso. Più complesso giudicare il come si è perso, che invece può e deve essere messo sotto la luce dei riflettori. Il 3-0 del Bernabéu sottolinea un’inferiorità manifesta degli Azzurri rispetto agli uomini di Lopetegui ma non tanto per organizzazione – anche la Spagna non è che abbia dato un’idea di solidità granitica, anzi – ma più per qualità individuali. Non è una gran novità.

Il problema è che la forza di questa nostra Nazionale dovrebbe essere proprio l’organizzazione, unica possibile risorsa per far fronte a un’inferiorità tecnica palesemente manifesta rispetto alle grandi potenze mondiali. Invece il libidinoso Ventura non è riuscito a schierare una formazione compatta, rocciosa e letale come un 4-2-4 da trasferta dovrebbe essere. Anzi, la squadra è risultata essere enormemente troppo fragile non solo in mezzo, che è il vulnus tipico del modulo, ma anche sugli esterni, con entrambe le catene in difficoltà per ampi tratti di gara, specie in fase propulsiva. A preoccupare è quanto l’Italia è parsa inerme, tatticamente e tecnicamente, di fronte ai funambolici iberici, perché la proiezione sul futuro della prestazione di ieri è molto poco incoraggiante (è un dato di fatto).

Non serve girarci molto attorno, nella Nazionale non ha funzionato assolutamente niente o quasi e la Spagna – nemmeno la miglior Spagna – le ha inflitto una discreta figuraccia. Che però può ancora essere “solo” tale, senza che ci sia bisogno di ingigantire l’accaduto come se si trattasse dell’uragano Katrina o dell’inizio della fine. Ai Mondiali si può ancora andare in carrozza. O, almeno, si spera.

Probabilmente, contrariamente ai troppo facili auspici ufficiali del giorno dell’insediamento, Ventura non è l’uomo più adatto a guidare gli Azzurri in questa fase e pare complesso che, qualora andasse in Russia (com’è ancora ampiamente alla portata), l’Italia possa affermarsi come una delle favorite alla vittoria finale. Però ci sono tante sfumature di grigio tra il non essere più all’altezza della gloria passata e l’essere talmente in declino da rischiare l’abisso dell’irrilevanza tecnica. La sensazione è che al buon Gian Piero si chieda di porre la sua squadra all’interno di quella zona grigia.

Poi, chiaramente, possiamo discutere della mancanza di ambizione federale. Però non celebriamo funerali alle gestione tecnica prima ancora dell’eventuale fallimento ed evitiamo di cercare di ridimensionare tutti gli Azzurri più forti. Sarebbe grave tanto quanto pensare di poter essere allo stesso livello della Germania entro il prossimo giugno. E possibilmente ancor più distruttivo.

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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