Scusi, chi ha fatto palo?

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Vi chiederete perché ci siamo anche noi in questo marasma di elogi post mortem dedicati a uno dei volti più amati del cinema italiano di tutti i tempi. Ebbene, non c’è un motivo particolare, forse è solo l’affetto nei confronti di un uomo, ma ancor prima di un personaggio, con il quale siamo cresciuti. Paolo Villaggio, alias Ugo Fantozzi, non era certo uno sportivo modello, anzi. Lui era la personificazione dell’italiano medio, quello che doveva sgomitare per guadagnarsi la pagnotta, quello goffo, quello sfortunato, quello deriso dalla società, quello perseguitato dalla nuvoletta. E anche quello che aveva instaurato un rapporto di amore/odio con lo sport: amava osservarlo, ma odiava praticarlo.

E non è un caso che nei suoi film siano tante le scene a sfondo sportivo. Quella rievocata dal titolo è una delle più celebri del Fantozzi calciofilo: il povero ragioniere, costretto dal suo superiore a vedere la noiosissima corazzata Potëmkin mentre tutta l’Italia pallonara è incollata davanti ai teleschermi per Italia-Inghilterra, durante il tragitto ferma la macchina in mezzo alla strada, si arrampica con uno slancio di insolita agilità verso una finestra dalla quale risuona la telecronaca della partita, la sfonda con un pugno e conia una nuova espressione del linguaggio calcistico: fare palo. “Fare gol” o “fare fallo” non avrebbero ottenuto i medesimi effetti comici, evidentemente.

In questa scena c’è tutto il personaggio di Villaggio, che è stato rivoluzionario anche dal punto di vista linguistico, nel suo essere sempre incredibilmente comune. Ma le scene sportive non finiscono qua, ricordiamo bene i “mercoledì di coppa” col ragioniere in canotta davanti alla tivù, oppure quelle ancora più esilaranti che vedevano Fantozzi, Filini e il resto della compagnia come protagonisti in prima persona del gesto sportivo: calcio, canottaggio, ciclismo, tennis, sci (persino sci nautico), atletica, biliardo. Lo sport a tutto tondo.

E Ugo Fantozzi, ovviamente, non eccelleva in nessuna di queste discipline, per certi versi lui era l’antieroe sportivo, agli antipodi rispetto ai modelli/campioni che lo sport proponeva a raffica in quei trent’anni di produzione cinematografica. Anche qua, per quanto ci sembrasse lontano, lui era uno di noi, uno dei tanti che non hanno avuto la fortuna di vivere di sport.

Nasceva con l’intento di far ridere, finiva per offrire uno spaccato dell’Italia dal punto di vista sociologico, politico, economico, linguistico e persino sportivo, appunto. Oggi, con Paolo Villaggio se n’è andato anche un personaggio che ha segnato un’epoca e che non morirà mai veramente. Abbiamo perso un amico che riusciva a farci sganasciare dal ridere e, allo stesso tempo, a farci provare compassione per le sue sfortune, abbiamo perso un riferimento che aveva il potere di farci credere che quando le cose vanno male, c’è sempre qualcuno a cui vanno peggio.

Ragionier Ugo si tolghi le scarpe lassù in Paradiso, c’è l’amico Filini ad attenderla e un’entusiasmante Coppa Balaban di canottaggio fra le nuvole.

 

Francesco Cucinotta
Francesco Cucinotta
Sardo di origini sicule, ama il calcio dalle “notti magiche” di Italia ’90. Laureato in Comunicazione con una tesi sulla lingua del calcio e pubblicista dal 2010. Per anni inviato al seguito del Cagliari Calcio per Radio Sintony.

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