Nella Torino bianconera lo sanno, nel dubbio è meglio vincere. Possibilmente senza alcuno spiraglio di appello e con largo anticipo ma non sempre ci si riesce e allora va bene anche così, alla penultima giornata, in casa contro un Crotone formato Champions League ma che nulla ha potuto allo Stadium. È il sesto scudetto di fila, fa enormemente impressione anche solo leggere questo dato storico, che certifica come la Vecchia Signora contemporanea abbia marchiato a fuoco in maniera indelebile gli anni 10 del Duemila. Dapprima in Italia e, poi, anche sul continente.

In tutto ciò, probabilmente, questo è il tricolore più “allegriano” di tutti perché l’apporto del tecnico è stato decisivo quasi come non mai, precedentemente. Intendiamoci, Allegri ha ovviamente grossi meriti per quanto concerne lo scorso anno, quando è riuscito a riprendere il controllo di uno spogliatoio che stava distruggendo le proprie certezze a suon di prestazioni sconfortanti in avvio di stagione, e quello precedente, quando ha saputo prendere una squadra “contiana” al 200% e darle più spessore dal punto di vista della gestione della gara e del giro palla nonché più equilibrio e lucidità a livello temperamentale. Operazioni complesse per le quali il tecnico toscano merita grandissimo rispetto ma che pure si sono innestate in un contesto studiato ad hoc per (continuare a) dominare in Italia e assaltare l’Europa. Cosa che quest’anno non era così vera.

Il motivo? Sempre lo stesso di cui si parlava a inizio stagione: nonostante l’acquisto di due mostri come Pjanić e Higuaín – migliori giocatori delle due rivali più credibili entro i patri confini – la Juventus 2016/2017 non ha mai avuto una rosa perfetta e ipercompleta come quella delle stagioni precedenti, specie a centrocampo. E nonostante dovesse inserire due pezzi grossissimi ma nuovi in un contesto rodato e pure fare i conti con un reparto di mezzo più lacunoso degli ultimi anni e, soprattutto, con pochi effettivi a disposizione (fino al recupero di Marchisio, poi, non ne parliamo), il tecnico ex Cagliari e Milan s’è inventato il famoso 4-2-3-1 che ha risolto ogni problema. Un modulo che non era assolutamente quello previsto in estate dalla dirigenza, come si arguisce proprio dalle operazioni messe a segno da Marotta & co. quasi un anno fa.

Con ciò non si vogliono depotenziare i tanti meriti dei calciatori bianconeri o non dare il giusto rilievo a una dirigenza che, per una volta, ha sbagliato qualcosa nella programmazione ma resta comunque sempre salda e granitica come un monolite bensì evidenziare il più possibile che questo scudetto, il sesto della sua stirpe e terzo con questa guida tecnica, è più di Allegri che di chiunque altro. Non male per uno di cui s’è detto al suo primo anno che vincesse solo per merito della preparazione di Conte…