Ci scuseranno i tifosi juventini se non diamo loro una mano coi riti apotropaici ma la verità è stata subito lampante, sabato scorso: con la vittoria di Pescara e la solita, pazzesca Atalanta formato trasferta delicata che ha fermato la Roma allargando il distacco tra i giallorossi e la Juventus a otto punti, la lotta per il titolo della nostra beneamata Serie A s’è ufficialmente conclusa. Ufficialmente, eh, perché virtualmente la questione non è praticamente mai stata aperta e, nonostante sia un assioma che è stato ripetuto come un ritornello da tormentone estivo in riviera pur rimanendo vero, molto raramente il campionato ha potuto contare su un simile numero di squadre spettatrici non paganti come a questa tornata. Tra Fiorentina e Genoa, sono ben nove (su venti!) le squadre che hanno capito di non avere motivi di interesse nella Serie A già a fine 2016 e che, per tanto, hanno affrontato il girone di ritorno con lo stesso spirito con cui si affronta la classica gita fuori porta di Pasquetta (così, per rimanere in tema) senza rischiare nulla dietro e facendosene un baffo delle possibili ambizioni guardando avanti. Questo scenario ha agevolato il cammino delle pochissime formazioni che potevano vantare obiettivi da perseguire in questo 2017.

Su tutte, ovviamente, la società campione d’Italia: è stato atrocemente superiore il passo della capolista sabauda nonostante Roma e Napoli non siano state a guardare e, anzi, abbiano sfoderato (rispettivamente) una media da 2,25 e 2,18 punti a partita. Se la Juventus non avesse ridefinito il concetto di “media scudetto” negli ultimi tre o quattro anni, la velocità di crociera di Spalletti e Sarri avrebbe agilmente portato entrambe le rivali dei bianconeri a lottare serenamente per il titolo, in un’altra epoca – per quanto anche recente.

Ora, alla banda di Allegri non resta che mettere insieme quei sette od otto punti che ancora servono per guadagnarsi il sigillo di garanzia che solo la matematica può dare e hanno ben sei gare per farlo, tra cui lo scontro diretto proprio contro i giallorossi. E, tra l’altro, conoscendo questa Juventus, non sarebbe nemmeno strano se tre di questi otto punti circa arrivassero proprio da quell’occasione (cammino in Champions League permettendo, ovviamente).

Non è però solo il torneo dei campioni d’Italia uscenti (e tendenzialmente rientranti) a potersi dire concluso: oltre al nutrito mazzo di squadre salve praticamente da dicembre e che poco o nulla hanno da chiedere al campionato di cui sopra, si può dire che si sia conclusa del tutto anche l’avventura di Palermo e Pescara che – al massimo – potrebbero solo contendersi la poco ambita ultimissima piazza. Tutto il contrario si può invece dire del Crotone, mai stato così vivo quest’anno come nell’ultimo periodo, e capace di costringere a svegliarsi anche l’Empoli, addormentatosi placidamente a inizio 2017 e tirato violentemente giù dal letto dai calabresi incalzanti (i quali, tra l’altro, potrebbero probabilmente fregiarsi del poco simpatico titolo di “squadra più penalizzata dagli arbitri della Serie A 2016/2017”. Giusto perché piove sempre sul bagnato, anche nel calcio).

Al di là di questa sfida salvezza che vede comunque molto favorito l’Empoli e della lotta per il secondo gradino del podio a cui il Napoli sembrerebbe ancora molto interessato a dar vita (perlomeno a parole), l’unico altro motivo d’interesse che può costringerci a rimanere svegli nei sonnacchiosi pomeriggi di primavera è la lotta per l’Europa League, che annovera tre partecipanti reali e una virtuale. Le tre partecipanti reali sono ovviamente la Lazio (che, Juventus permettendo, avrebbe ancora a disposizione il ticket straordinario della Coppa Italia), la magnifica Atalanta di Gasperini e il tignoso Milan di Montella. Quella virtuale è l’Inter che, francamente, nelle ultime settimane è sembrata comportarsi come se il suo campionato fosse terminato assieme al mese di marzo e il timido tentativo di rialzare la testa nel finale di stagione quanto meno per onor di firma è probabilmente stato abortito sul nascere dal pareggio di Zapata nel derby. Chiariamoci: i nerazzurri sulla carta avrebbero ancora la possibilità di entrare in Europa League e, magari, riuscirci evitando pure i preliminari ma, come si dice in questi casi, tutti i segnali fanno presagire che da qui in poi la formazione di Pioli si limiterà a vivacchiare in attesa del solito, ennesimo, ribaltone estivo.

Quel che al momento pare veramente contare è che Lazio, Atalanta e Milan hanno a disposizione sei gare per capire chi andrà in Europa direttamente e chi invece dovrà passare dai preliminari; bergamaschi e milanesi beneficeranno anche di uno scontro diretto all’Atleti Azzurri d’Italia, tra l’altro. Per quanto visto finora, probabilmente la compagine che meriterebbe di più il quarto posto (valutando ogni aspetto possibile: dalle risorse a disposizione al gioco espresso, passando per la continuità di risultati), sarebbe probabilmente la Dea orobica, la rivelazione della Serie A 2016/2017 nonché, a oggi e ancora una volta negli ultimi trent’anni, la miglior fucina di talenti italiani. Va anche detto, però, che nessuno avrebbe dato una lira a questa Lazio e, invece, i biancocelesti di Simone Inzaghi hanno estratto dal cilindro un campionato nettamente sopra le righe per quanto i capitolini abbiano deluso non poco negli scontri diretti – otto punti su trenta disponibili, quasi totalmente frutto delle due (fortunose) vittorie con l’Atalanta. Il Milan, data la peculiarità palese di questa stranissima stagione condizionata dalle arcinote vicende extra campo, fa più storia a sé ma si può senz’altro dire che, se il lavoro di Montella è encomiabile perché quella che era un’accozzaglia di giocatori allo sbando ha recuperato un’anima, ciò non toglie che il valore complessivo delle prestazione fatte in campionato lascia comunque più di un dubbio in ottica di “meriti europei”.

Grazie al Cielo, però, ogni giudizio definitivo su chi merita cosa lo darà il campo, come è sempre stato. Sui pochissimi traguardi che restano aperti, ovviamente, perché anche quest’anno il campionato non è sopravvissuto alla Pasqua.