ESCLUSIVA – I nuovi talenti: Juri Gonzi

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Dopo Ungaro del Santarcangelo, Perilli della Reggiana, Parodi della Feralpisalò e Acquadro del Venezia, torniamo ad analizzare il Girone B della Lega Pro andando a trovare una delle più promettenti, a nostro avviso, ali del campionato. Parliamo di Juri Gonzi, ala destra con spiccato senso del gol e alto tasso tecnico dell’AlbinoLeffe. Juri compirà 23 anni il prossimo 6 aprile, è alto 173 cm e pesa 67 kg; praticamente la struttura fisica di un’ala d’altri tempi, ma non per questo inattuale, visto che il calcio ha ancora bisogno di giocatori funambolici che sappiano districarsi con agilità e destrezza tra la selva di gambe avversarie e che regalino momenti di poesia a uno sport nel quale la potenza fisica è diventata preponderante. Gonzi possiede la doppia nazionalità russa e italiana e in realtà il ragazzo possiede un simpaticissimo accento toscano.

Ciao Juri, sappiamo che sei nato a San Pietroburgo. Ti va di raccontarci qualcosa riguardo la tua infanzia?

È molto semplice: sono stato adottato a tre anni dai miei genitori; mi presero dall’orfanotrofio e sono di Poggibonsi a tutti gli effetti.

Dove hai dato i primi calci a un pallone? E quali allenatori ti hanno seguìto da piccolo?

Proprio a Poggibonsi, nell’Unione Sportiva Poggibonsese (UPB). Ho avuto vari allenatori: Pasquini e, poi, quando ero un po’ più grande Riccardo Leoncini, il vigile del fuoco “angelo” nella recente e triste vicenda dell’Hotel Rigopiano. È stata un’epoca davvero bella, soprattutto quella con mister Jonathan Bartali: vincemmo un Torneo Nazionale, ma sinceramente i ricordi ormai sono un po’ offuscati dagli anni trascorsi. 

Ti reputiamo tra le ali più interessanti dell’intero panorama della Lega Pro. Calcisticamente, sei nato in tale ruolo o in passato hai giocato in altre zone del campo?

Sì, ho svolto anche altri ruoli. Per esempio, nell’UPB giocavo da attaccante e poi, pian piano, sono diventato un centrocampista.

Dall’UPB ti trasferisci a Siena, come avviene il passaggio?

Realizzai il provino, andò bene e all’epoca c’era il direttore sportivo Giuseppe Cianciolo. Feci tutta la trafila fino all’ultimo anno di Primavera, ma purtroppo, proprio quell’anno il Siena fallì. Ho avuto tanti bravi allenatori: Gianluca Colonnello, Michele Mignani. Sicuramente, la stagione più bella è stata quella in cui siamo arrivati in semifinale del Torneo di Viareggio persa 1-0 contro l’Anderlecht: fu una gara particolare, ricordo, c’era un tempo bruttissimo, un vento fortissimo e il campo un acquitrino. Arrivare in semifinale è stata abbastanza difficile, ma eravamo un bel gruppo e fu una grande gioia perché il Siena non era mai arrivato così lontano in un torneo importante come quello di Viareggio.

Poi passi al Cuneo in Serie C2, cosa conservi di quell’esperienza e quali allenatori hanno contribuito alla tua crescita professionale?

All’inizio ebbi Sottil, ma le cose non andarono bene e fu esonerato. Successivamente, arrivò Ezio Rossi: inizialmente, ci fu una ripresa ma poi retrocedemmo. Quindi, il mio primo anno tra i professioni fu una batosta.

Da Cuneo a Mantova. Cosa mi racconti di quell’esperienza?

A Mantova sono stato benissimo. Il primo anno con Ivan Jurić in panchina abbiamo raggiunto la salvezza ed è stata veramente una bella stagione. Il secondo, invece, un po’ meno e fu più movimentato: all’inizio c’era Riccardo Maspero in panchina e fu esonerato, poi arrivò Ivan Javorčić e fu esonerato anche lui e, infine, chiamarono Luca Prina. Siamo riusciti a salvarci grazie al successo nei playout proprio contro il Cuneo.

Tra tutti questi allenatori che ci hai menzionato, chi ti ha insegnato di più?

Luca Prina mi ha insegnato molto soprattutto nello scegliere la giusta posizione in campo e nell’effettuare i corretti movimenti. E sotto il profilo tattico sto crescendo tantissimo grazie al mio attuale allenatore Massimiliano Alvini.

Hai il vizio del gol e hai segnato praticamente con ogni maglia che hai indossato. Mi racconti qual è il gol più bello?

Sì, ho segnato sempre. A Cuneo tre, il primo anno a Mantova altri tre, anche l’anno scorso ne ho fatti quattro in campionato e uno in Coppa Italia e quest’anno sono già a cinque.

Arriviamo ai giorni nostri: come ti trovi a Bergamo nell’AlbinoLeffe? E se hai legato con qualche compagno di squadra in particolare.

A Bergamo si sta benissimo, anche perché una società come l’AlbinoLeffe non l’avevo ancora trovata e vissuta. Inoltre, penso che sia una delle più organizzate dell’intero panorama di Lega Pro. C’è un gruppo fantastico composto da ragazzi davvero splendidi e in gamba e, devo dire, che non mi era ancora capitato di giocare in un gruppo così affiatato. Da tre anni gioco con Edoardo Scrosta, per cui è lui il compagno con il quale ho legato di più e, del resto, viviamo anche insieme. In ogni caso, ho legato con tutti, anche con i più grandi.

Attualmente, siete decimi in classifica e lottate per un posto nei playoff. Domenica vi attende l’importante sfida con la Feralpisalò, come state preparando la gara? Pensi che la classifica sia migliorabile?

Sì, confidiamo nel migliorare la classifica perché è nelle nostre corde. La gara con la Feralpisalò la prepariamo come le altre: con grande concentrazione e lavoro per rendere la partita più facile per noi e conquistare i tre punti. Ovviamente, ogni gara ha un suo perché: bisogna leggerla bene e adeguarsi nel miglior modo possibile a ciò che può succedere.

Delle squadre che vi contendono un posto nei playoff, quale temi di più?

Sinceramente, le tempo tutte perché ogni squadra non si può giudicare solo ed esclusivamente dalla classifica: se non si è determinati, si può perdere anche contro l’ultima. Bisogna stare sempre in campana con tutte e portare loro il massimo rispetto.

Tra tutte le squadre affrontate, quale ti ha impressionato di più?

Una squadra che sviluppa un bel calcio nel nostro girone è il Gubbio. Non è che sia rimasto impressionato, ma mi è piaciuto molto. Contro di loro abbiamo pareggiato e ho avuto anche una palla-gol che non ho sfruttato al massimo.

E il giocatore più forte?

Nessuno in particolare. Parto sempre dal presupposto che chi si trova di fronte a me possa mettermi in difficoltà e, quindi, ogni partita cerco di dare il massimo con la grinta di sempre.

Quale ritieni sia stata la tua partita più bella?

Onestamente, non saprei. Forse quella contro la Maceratese di quest’anno perché ho segnato il gol vittoria. In generale, credo che ogni gara si possa fare sempre meglio e per questo non ne ricordo una in particolare.

Descriviti, quali sono i tuoi punti forte?

La resistenza, la capacità di corsa e credo di essere abbastanza tecnico e, non per vantarmi, forte nell’uno contro uno.

E in cosa ritieni di dovere migliorare?

Nell’ultimo passaggio e nella finalizzazione dell’azione; capire il momento giusto per passare la palla e decidere il tipo di passaggio da effettuare, se in profondità o corto.

Il tuo gol più bello?

Sicuramente quello segnato in Reggiana-Mantova: ci fu uno scambio a centrocampo tra me e Silvano Raggio Garibaldi; io mi inserii tra le linee, controllai il pallone e tirai da fuori area. Andò sotto l’incrocio.

E l’assist?

L’anno scorso nella gara dei playout contro il Cuneo. Feci uno scavino direttamente da una punizione sulla trequarti per servire Masiello, il quale segnò il gol che valse la salvezza.

A quali giocatori del passato e del presente ti ispiri?

Non ho dubbi: Shevchenko e Hazard del Chelsea per il fenomenale controllo del pallone e per l’equilibrio fisico quando viene messo sotto pressione dagli avversari.

Infine, Juri: il tuo sogno nel cassetto. Quale maglia vorresti indossare un giorno e per quale squadra tifi?

Non saprei; sono fiducioso nel futuro e qualsiasi maglia dovessi vestire in futuro sarà ben accetta. Tifo Milan.

Antonio Ioppolo
Antonio Ioppolo
Giornalista, appassionato di storia, letteratura, calcio e mediani: quegli “omini invisibili” che rendono imbattibile una squadra. Il numero 8 come fisolofia di vita: grinta, equilibrio, altruismo e licenza del gol.

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