Un giorno ci spiegherai tutto, Luis

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Sampdoria-Lazio non è stata una gran partita. Cinque minuti di follia blucerchiata al termine del primo tempo hanno sostanzialmente consegnato i tre punti ai biancocelesti feriti dal derby ma, al di là di quella manciata di istanti immediatamente precedente l’intervallo e del forcing finale dei padroni di casa, sul rettangolo verde non c’è stato granché di cui godere. A parte Luis Muriel.

Che poi, a voler essere sinceri fino in fondo, non è che di Muriel si goda in senso stretto, perché non è garantito in nessun modo che farà qualcosa di memorabile. Però la sensazione che con una giocata – se solo potesse e volesse – potrebbe cambiare tutto in ogni momento la dà, la dà eccome. Ed è questo il vero motivo per cui le partite in cui è presente si possono guardare: perché il clima di incerta attesa che circonda il rotondo puntero colombiano ogni qual volta il suo esterno destro ammorbidisce un pallone nel controllo ti costringe perlomeno a chiederti cosa succederà. Anche se magari, in fondo, neanche ti interessa granché, non ti esalta, non ti riguarda. Però te lo chiedi e lo guardi per scoprirlo.

Ora, sottolineare per l’ennesima volta le qualità tecniche straordinarie di Muriel e la sua velocità debordante è totalmente inutile: anche i sassi ne sono perfettamente a conoscenza. Allo stesso modo, anche la sua incostanza è proverbiale e, allo stesso modo, bisogna aver vissuto su Marte l’ultimo lustro per ignorare il fatto che l’attaccante ex Lecce ha un rapporto poco amorevole con diete e bilance. Però c’è qualcosa di estremamente affascinante nel notare anno dopo anno la più che ricorrente contraddizione: il buon Luis è palesemente fatto per segnare almeno venti gol all’anno ma non ci riesce mai.

Quest'anno ha cominciato così, alla prima giornata - via GIPHY

Anche ieri sera ha domato un impossibile pallone spiovente con una nonchalance quasi fastidiosa per poi terrorizzare la difesa biancoceleste e, drammaticamente, perdersi in un bicchier d’acqua sul più bello e gettare tutto alle ortiche. So muriel-esque, direbbero gli inglesi. Molto da Muriel, diciamo dalle nostre parti.

Però noi non ci vogliamo arrendere così, no. Non lo faremo mai. Noi andremo fino in fondo. E quando il paffutello colombiano appenderà i tacchetti al chiodo istituiremo un processo calcistico postumo e gli faremo sputar fuori il perché. Perché non ha mai fatto ciò che era palesemente in grado di fare? Perché non è arrivato dove avrebbe potuto arrivare? Perché non ha mai avuto la minima ambizione e, anzi, è riuscito a fallire anche in un contesto dove tutto ti aiuta come quello di Udine, perdendoci anni?

La curiosità è tale che accetteremo qualunque tipo di risposta, lo possiamo già dire. Tutte saranno buone, tutte, con una sola eccezione: quella della pancetta. Il motivo è semplice: Muriel appartiene a quella categoria di calciatori il cui peso forma non incide per niente sulla prestazione. In Serie A abbiamo anche altri esempi.

Mentre aspettiamo il tuo ritiro e la susseguente confessione alla sbarra degli imputati, caro Luis, facci un favore: quest’anno hai iniziato bene. Prova a impegnarti fino al termine della stagione…

Giorgio Crico
Giorgio Crico
Laureato in Lettere, classe '88. Suona il basso, ascolta rock, scrive ed è innamorato dei contropiedi fulminanti, di Johan Cruyff, della Verità e dello humour inglese. Milanese DOC, fuma tantissimo.

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