Rugby league, verso le qualificazioni mondiali – Patrick ZILIOTTI: “Possiamo battere Serbia e Galles”

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Manca ormai poco all’inizio del girone di finale delle qualificazioni alla Rugby League World Cup 2017. Dall’entourage azzurro traspaiono ottimismo ma anche consapevolezza dell’importanza delle sfide a Serbia e Galles, per trasformare il sogno mondiale in realtà.

In collaborazione con il board e l’ufficio stampa della Federazione Italiana Rugby League (FIRL), abbiamo intervistato telefonicamente Patrik Ziliotti, fresco di trafila nelle nazionali giovanile azzurre e di esordio internazionale nel test match contro l’Irlanda.

Tra i pre-convocati in vista degli spareggi iridati, il giocatore classe 1996 ha le idee chiare e ama tantissimo il rugby league, soprattutto per la velocità e la mancanza di tempi morti, rispetto al rugby union.

Ciao Patrick. Innanzi tutto, complimenti per essere entrato nel giro della Nazionale già a 20 anni. Ti potresti descrivere come giocatore? A che livello e in quali squadre giochi/hai giocato a rugby union? 

Ho 20 anni, sono nato nel 1996 a Parma. Attualmente vivo a Milano per ragioni sportive. Mi sono avvicinato al league anni fa, grazie a un mio compagno di squadra; era estate e non volevo rimanere fermo, così ho iniziato a giocare a 13. Prima il campionato italiano e poi, piano piano crescendo, sono arrivato alle qualificazioni mondiali. Nel rugby union, ho accumulato già parecchie esperienze; cresco nel minirugby del Colorno, poi con la mia famiglia ci siamo trasferiti per motivi di lavoro dei miei genitori vicino Monza. A 16 anni mi hanno richiamato a Colorno e sono rimasto là a giocare sino ai 18 anni. Ho finito lì le giovanili. Lo scorso anno ho fatto un periodo in Argentina, giocando per il Club Universitario de Rosario: un’esperienza bellissima, grazie alla quale ho scoperto un altro modo di giocare a rugby. Quest’anno, tornato in Italia, gioco nel Parabiago, in Serie A: il campionato è appena iniziato. 

Nel league? 

Ho iniziato ai tempi dell’Under 18, nei Brianza Tigers. Poi ho girato diverse squadre seniores; quest’anno ho giocato la finale, vincendola. In azzurro, esordio in Under 18 nei test match contro l’Inghilterra. Poi in trasferta a Valencia con la casacca dell’Italia B, contro la Spagna, e poi soprattutto la sfida con l’Under 20 agli Aborigeni Australiani: semplicemente, una delle migliori esperienze della mia vita. In pochi possono dire di aver affrontato una squadra del genere, con quelle caratteristiche. In Nazionale maggiore ho esordito di recente, nel test a Palazzolo contro l’Irlanda: è andata abbastanza bene, è arrivata la mia prima meta internazionale. 

So che spesso, per via della differenza negli stili e nelle dinamiche di gioco, non sempre chi occupa una posizione a 15 occuperà la stessa a 13. È il tuo caso?

Allora, a livello di rugby union gioco da anni ala o estremo, ruolo che molto probabilmente occuperò a Parabiago. Nel league, nelle giovanili azzurre ho ricoperto il ruolo di estremo, idem contro la Spagna a Valencia. Poi al loro arrivo gli allenatori australiani mi hanno fatto giocare mediano di mischia. Ad esempio, con gli irlandesi ho iniziato fullback e poi sono stato spostato in questo ruolo.

Patrik Ziliotti Rugby LeagueCosa mi dici sulla differenza tra un codice e l’altro? Giocarli entrambi aiuta nei rispettivi ruoli?

Beh, la prima differenza che salta all’occhio è la velocità del gioco. A 13, i tempi morti sono pochissimi, ahimé tantissimi nel rugby union. Dal mio punto di vista, su questo piano, il league è molto più divertente. Utilità reciproca? L’esperienza a 15 serve poco, a mio modo di vedere, quando passi a 13, mentre il contrario direi di sì: se ti abitui al contatto del rugby league, quello dell’union è molto più semplice. Molto meno potente, in tanti casi; vuoi perché le distanze sono diverse, vuoi per velocità e impatto diversi. Poi il gioco al piede al sesto tentativo…Un sacco di cose servirebbero nel 15: bisognerebbe cercare un modo di collaborare. Ma dirlo e farlo non sta a me; il mio compito è solo scendere in campo e dare sempre il meglio. 

A livello personale, cosa ti aspetti dal futuro? 

Guarda, all’epoca della sfida all’Australia Aborigeni, dissi che il mio obiettivo erano le qualificazioni mondiali. Ora, ho sempre ragionato in modo che un obiettivo seguisse l’altro: punto a volare verso l’Emisfero Sud e giocarmi la Coppa del Mondo. O almeno a volare lì con l’Italia e vedere che succede. A gennaio probabilmente mi trasferirò in Australia, per dedicarmi in toto al league; ho questa opportunità, sarebbe stupido non coglierla. 

Nelle sfide a Serbia e Galles, che possibilità ha l’Italia?

Penso siano buone. La Serbia è una squadra molto fisica: dovremmo essere bravi a giocare il nostro tipo di partita. Loro sono meno tecnici ed è su questo aspetto che la dobbiamo mettere; dobbiamo evitare di soffrire l’impatto, non sentire la loro potenza fisica: vincere la partita giocando con le mani. Col Galles, ho visto che i trascorsi ci sorridono. In ogni caso, resto fiducioso anche nell’eventuale ripescaggio. Poi ai mondiali ovviamente quel che succede succede, non abbiamo nulla da perdere! 

Segui il league professionistico australiano e inglese? 

Seguo la NRL ovviamente e alcune partite delle nazionali. Purtroppo è difficile con la tv in Italia, ma internet aiuta. Il campioanto inglese non l’ho mai seguito, ma sempre per una questione di mancanza di copertura tv. 

Che tipo di giocatore sei?

Sono un giocatore poco fisico, diciamo il giusto…Ma sono veloce. Mi dicono tutti che ho una corsa un po’ strana, fanno tutti fatica a prendermi. Per ora è bellissimo esserci e sono ambizioso, lo siamo noi come squadra: dovessimo andare ai mondiali, non avremmo nulla da perdere…

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Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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