Figli di un dieci minore: Oberdan Biagioni, da Zemanlandia Due

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Nome da patriota di altri tempi, Oberdan Biagioni nasce a Roma nel 1969 e cresce nelle giovanili della Romulea, storica società capitolina, da cui sono passati anche calciatori come Liverani e Moscardelli, Paolo Baldieri e De Silvestri, oltre che tecnici come Andrea Stramaccioni.

Acquistato dalla Lazio, insieme a Fiori, Saurini e Rizzolo vinse lo Scudetto Primavera nell’86-87 e debuttò nella stagione 1987-88, in serie B, a 18 anni, il 6 marzo 1988 in Lazio-Modena (3-0). I biancazzurri, dopo la storica salvezza nella stagione del “meno 9”, riconquistarono quell’anno la massima divisione. Oberdan Biagioni, ebbe spazio complessivamente in tre partite. Nelle stagioni successive venne poi mandato a giocare, prima in Puglia, a Monopoli, poi in Calabria, in serie B al Cosenza.

Di stazza ridotta, 1,70 cm, e tendente al baricentro pingue, grazie ad un buon talento da trequartista, creativo nella dinamica di gioco e abile nei calci piazzati, Biagioni sembrava destinato ad una carriera nelle serie minori. Ma le buoni prestazioni fornite a Cosenza (60 presenze e 9 reti) e una circostanza quanto meno insolita nel mondo del calcio, portarono Biagioni nell’orbita di Pavone, Dirttore Sportivo del Foggia, consentendogli nel 1992 il balzo nella massima serie.

Nella precedente stagione 1991-1992 infatti, il Foggia di Zeman aveva sorpreso l’intera serie A, grazie ad un gioco aggressivo e brillante che a fine stagione si era tradotto in salvezza prima e luminarie di mercato poi, intorno agli artefici pedestri di cotanto bagliore. Così, il presidente Casillo mise in atto uno smantellamento da 53 miliardi di lire, cedendo tanto i big quali Signori, Baiano, Rambaudi, Shalimov, quanto gli altri comprimari di Zemanlandia, da Codispoti a Barone, riconsegnando al tecnico boemo una squadra completamente da riplasmare.

Seguendo la filosofia per cui “Se un giocatore è buono, è buono dappertutto: dal Trapani alla serie A”, Pavone assemblò una squadra composta di giocatori quando poco conosciuti, quando carneadi assoluti, prelevati dalle serie minori. In luogo dei suddetti giocatori, a Foggia arrivarono molti giocatori dalla serie C: Di Biagio dal Monza, Bresciani dal Palermo, Seno dal Como ma anche Bianchini (dalla romana Lodigiani), Fornaciari e tra gli altri, Nicolò Sciacca, per l’appunto da Trapani, categoria Interregionale. In queste circostanze, la stella del mercato, sembra essere proprio Oberdan Biagioni, il fantasista del Cosenza, che, con le sue giocate, aveva alimentato tra i silani un sogno di promozione, sfumato solo all’ultima giornata.

Il 6 settembre 1992 contro il Milan, Biagioni debuttò in serie A. Il Foggia perse, ma la squadra non crollò. In un’alternanza di stenti di risultato e presagi di bel gioco, alla sesta giornata, arrivò la prima vittoria stagionale: un 1-0 al Parma di Asprilla, firmato da un rigore procurato e trasformato proprio da Oberdan Biagioni. Sempre Biagioni prima andò a segno contro l’Atalanta, quando il Foggia tornò a giocare bene e perdere, e poi realizzò un gol pesantissimo, proprio contro la Lazio dei suoi esordi e dell’ex Signori, in un 2-0 interno fondamentale per il Foggia. Fu sempre Biagioni a firmare la vittoria interna anche contro il Pescara.

Alla tredicesima giornata, Biagioni invece non andò a segno, ma fu in campo e contribuì in quello che forse fu il risultato più esaltante dell’intera epopea di Zemanlandia: il 2-1 alla Juventus, grazie alle reti di Bresciani, e Mandelli (nel finale, per la Juve segnò Ravanelli). Quel giorno, fu Biagioni l’uomo ovunque sul fronte offensivo, l’erede dei guizzi di Signori e Baiano. Nelle pagelle del Corriere della Sera, la sua prestazione fu valutata con un solenne 7,5. Così si espresse il quotidiano sul fantasista romano: “Tocca a Biagioni, incubo di Torricelli, ispirato apripista, dimostrare che il Foggia rifatto con scarti plasmabili, sa incrementare i ritmi al punto di stordire l’ opulenta controparte, di mascherare i suoi stessi difetti”.

Di lì in poi, il Foggia veleggiò verso la salvezza.

L’impresa compiuta dal Foggia di riconfermarsi in serie A, avendo smantellato a tal punto la squadra e ricostruendola intorno a un manipolo di anonimi, resta tuttora qualcosa di unico nella storia della serie A. In quella che fu la sua miglior stagione, Biagioni contribuì disputando 24 presenze e andando in rete 5 volte.
Il contributo di Biagioni fu importante soprattutto per trascinare e dare morale alla squadra nei difficili momenti iniziali, quando il suo bagaglio tecnico rappresentò un faro per i compagni. Nella seconda parte del campionato, con la crescita della condizione atletica della squadra e l’aumento dei ritmi di gioco, la squadra entrò nella fase più matura degli automatismi a rapida esecuzione, mentre i rapporti tra Biagioni e Zeman divennero più difficili.

Nella stagione successiva, Biagioni passò all’Udinese e non riuscì a confermare quanto lasciato intravedere a Foggia. Con sole 14 presenze, prese parte a uno dei peggiori campionati dei friulani, terminato con la retrocessione in B. Biagioni tornò a Foggia, ma nel frattempo anche Zeman se ne era andato alla Lazio e sotto la guida di Catuzzi, i satanelli retrocessero in B, nonostante un buon avvio di stagione.
Dal 1995, la carriera di Biagioni inizia la discesa di categoria. Prima la maglia della Pistoiese in B (con la quale colse l’ennesima retrocessione), poi di nuovo Puglia, con la Fidelis Andria in serie C1 e, questa volta, con il risultato di una promozione in B. Brescia, Cosenza e Crotone sempre in B, poi un passaggio nelle serie minori e la chiusura a Tivoli, preannuncio del ritorno a casa.

Oggi Oberdan Biagioni allena, nelle serie minori (attualmente ad Olbia). Ma nella vita non si sa mai, in fondo, magari qualcuno potrebbe anche ritenere che “Se un allenatore è buono a Olbia, è buono dappertutto”, e potremmo pure ritrovarlo in serie A, no?

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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