Addio Mens Sana… in corpore insano

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Nato il 4 luglio è il titolo di un celebre film di Oliver Stone; ispirato alla vera storia di Ron Kovic, partito per il Vietnam come volontario e ritornato negli USA senza più l’uso delle gambe, decidendo di diventare pacifista. Chiaro il riferimento alla dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, chiara la coincidenza su cui Kovic, divenuto poi scrittore, ha “giocato”.

Quello che è meno chiaro, oggi, è chi muore e chi rimane, e perché, nella pallacanestro italiana. Perché oggi, 4 luglio 2014, è attesa la sentenza del tribunale fallimentare riguardante la Mens Sana Siena, compagine che ha vinto tutti gli scudetti dal 2007 al 2013, arrivando anche a un passo (prima in gara6 a Siena, e poi in gara7 a Milano) dal clamoroso ottavo scudetto consecutivo.

Della storia di come Siena sia giunta a dover chiudere i battenti, e di come la LegaBasket ci abbia fatto una pessima figura, abbiamo già accennato. Il resto è la storia di questi ultimi quattro mesi, affidati a un liquidatore (il commercialista Egidio Bianchi), che in un’intervista (ora raggiungibile solo via cache di Google o citazioni altrui) alla locale Antenna Radio Esse aveva già chiarito da qualche settimana come il destino fosse segnato.

“Troppe chiacchiere a vuoto: per salvarsi occorrono soldi che nessuno ha messo sul piatto” (era necessaria una ricapitalizzazione da svariati milioni), per salvare una Mens Sana la cui situazione si aggravava di giorno in giorno (e la crisi del Monte dei Paschi suggeriva da anni che i soldi sarebbero finiti), mentre le ambizioni rimanevano ai massimi livelli. Tutto da dimostrare che un ridimensionamento, se fatto per tempo, avrebbe salvato la società; quello che è sicuro è che siamo di fronte all’ennesima protagonista che sparisce.

Nel 2003 era toccato alla Virtus Bologna: formalmente non fallita (dopo esserci stata a un passo), ma scomparsa dalla Serie A dopo la revoca dell’affiliazione; nel 2010 a sparire dai radar era stata la Fortitudo Bologna, già finita tra i dilettanti; nel 2012 è stato il turno di Treviso, con l’annunciato addio della famiglia Benetton.

E adesso, nel 2014, tocca a Siena, emblema del decennio passato, il cui dominio ha reso il campionato italiano più simile a quello israeliano (vince il Maccabi, rare eccezioni). Non è un demerito (anzi: la colpa è sicuramente anche della pochezza degli avversari), ma è in ogni caso notevole. Nel 2003, quando sparì la Virtus, quella squadra aveva vinto metà degli scudetti del decennio precedente, e in un contesto tecnico di eccellenza (il campionato italiano era forse il migliore dopo la NBA); oggi chiude Siena, 8 scudetti in 11 stagioni.

Riguardiamo l’albo d’oro: la malagestione e la mancanza di lungimiranza ci portano adesso ad avere un buco lungo più di un decennio. Togliendo dal conto lo scudetto da poco assegnato (vinto dall’Olimpia Milano, giunta al 26esimo successo), i precedenti se li sono assegnati Siena, Treviso e Fortitudo Bologna: tutte squadre che non saranno ai nastri di partenza della prossima stagione. Per trovare la prima vincitrice che dovrebbe essere iscritta al prossimo campionato, bisogna correre indietro fino al 2001 (Virtus), poi al 1999 (Varese).

C’è molto da riflettere: spariscono i vincitori, in un movimento cestistico allo sbando. Il liquidatore, Egidio Bianchi, ha detto più volte che un colpo di coda, un salvataggio all’ultimo secondo, è impossibile. Quindi, salvo miracoli, oggi morirà la Mens Sana Siena. Ma il vero problema è che il resto del basket italiano è in stato vegetativo permanente da più di dieci anni.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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