Lezioni di NFL: le infinite liste di infortunati

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Tre immensi giocatori, tre carriere a rischio.
Il primo, Jermichael Finley, fenomenale tight end dei Green Bay Packers, umile bloccatore e talentuoso ricevitore, con un fisico ideale. Durante la partita di domenica ha commesso l’errore di abbassare la testa mentre Tashaun Gipson stava per placcarlo, ottenendo una contusione alla spina dorsale che l’ha mandato in terapia intensiva per due giorni prima di potersi rialzare e fare una doccia (come da Tweet).
Il secondo, Reggie Wayne, fantastico receiver degli Indianapolis Colts vincenti sui Denver Broncos. Un 34enne già nella leggenda di questo sport con una carriera fantastica alle spalle costituita da più di mille ricezioni. Nel Sunday Night il suo ginocchio si è girato, determinando la rottura del legamento crociato anteriore (ACL) del ginocchio.
Il terzo, Brian Cushing, veloce e potente linebacker degli Houston Texans, leader di una difesa di tutto rispetto. Domenica ha ricevuto un blocco basso di un attaccante avversario, rompendo la tibia ed il legamento collaterale (LCL) del ginocchio già operato l’anno passato.

La settimana numero 7 è stata particolarmente sfortunata per questi e molti altri giocatori, tutti seriamente infortunati. Ma come fa una squadra NFL a tutelarsi, sportivamente parlando, da tali comunissimi episodi?
Esistono due liste principali per i giocatori infortunati: la PUP list e la Injured Reserve.
PUP (Physically Unable to Perform) List: un giocatore messo in PUP List in preseason (cioè prima dell’inizio del campionato ma dopo l’inizio degli allenamenti in primavera), può tornare nel roster quando vuole. Se inizia la regular season (stagione regolare) in PUP List può rientrare in squadra solo dopo la sesta settimana NFL. Nelle prime sei settimane non è a roster quindi, permettendo ai suoi di sostituirlo con un altro giocatore.
Injured Reserve: il giocatore messo in IR non può più giocare nella stagione corrente. Lascia il posto in rosa a qualcun altro ma il contratto rimane in essere e quindi la squadra ha ancora i diritti sulle sue prestazioni. Le squadre mettono in IR i giocatori il cui infortunio è talmente serio da pregiudicare il resto della stagione (Finley, Wayne e Cushing verranno messi in IR) oppure approfittano di un infortunio meno grave per liberare un posto a roster.

Il limite massimo di giocatori in rosa è 53 (53-man roster) quindi le franchigie devono stare dentro questo numero in regular season. Per esempio quando un giocatore torna dalla PUP List un altro deve essere “tagliato” per lasciargli il posto.
Esiste una Non Football Injury List per gli infortuni e malattie non dovute al campo da gioco. Un esempio è Willis McGahee, runningback che si ruppe i legamenti del ginocchio nella sua ultima partita al college e venne comunque scelto dai Buffalo Bills al draft. I Bills chiesero, con successo, di poterlo mettere in questa lista.
Un altra piega del regolamento: non si può tagliare un giocatore infortunato senza elaborare un accordo finanziario con lui. Tale accordo può contare o non contare contro il salary cap (tetto salariale), ma di esso parleremo in un altra lezione più complicata.
Un giocatore che non può più giocare per un infortunio disastroso (viene in mente l’infortunio di Johnny Knox di un paio di stagioni or sono) è tutelato dalla NFL stessa, che per tali casi possiede un fondo con cui distribuisce una sorta di “pensione” ai giocatori interessati.

I casi di commozione cerebrale che determinano danni permanenti al cervello sono attualmente in fase di discussione dopo che la NFL li ha snobbati per decenni. Su questo problema specifico scriveremo un’altra volta perché poco relazionato al campo da gioco.

Infine, le squadre NFL devono stabilire al venerdì la situazione dei loro infortunati non gravi, definendoli Probable (P), Questionable (Q) o Out (O). Questo per arginare una bieca pretattica a ridosso del calcio d’inizio. Un giocatore definito Out non può giocare nella partita della domenica, ma rimane a roster a tutti gli effetti e può seguire la squadra e stare a bordo campo “in borghese”.

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Dario Alfredo Michielini
Dario Alfredo Michielini
È convinto la vita sia una brutta imitazione di una bella partita di football. Telecronista, editorialista, allenatore. Vive di passioni quindi probabilmente morirà in miseria. Gioca a golf con pessimi risultati; ma d'altra parte, chi può affermare il contrario?

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