Esclusiva Mp – Moreno Ferrario: “Cavani è cedibile, i difensori non sanno più difendere. Maradona…”

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Roccioso difensore del Napoli dello scudetto, Moreno Ferrario, ai nostri microfoni, ci spiega la situazione degli azzurri e sul trasferimento di Cavani ammette che, questi, possa anche partire. Tanta serie B nel suo curriculum da dirigente, estasiato dal lavoro di Aglietti “tifa” Novara per i play-off. E poi accusa gli istruttori delle scuole calcio: i difensori non sanno più difendere.

Moreno Ferrario: una vita nel Napoli, gli anni del Pibe de Oro, lo scudetto, l’Europa. Un’atmosfera ricreata negli ultimi anni dal ciclo Mazzarri. Pensa si sia arrivati al capolinea?
Tutto ha un inizio e una fine, come in ogni cosa della vita. È un rapporto che si può chiudere come è normale che sia. Io penso che i tifosi, dovesse andare via Mazzarri, saranno dispiaciuti ma non certamente disperati visto che il più importante (Maradona, ndr.) lo hanno già perso un paio di anni fa. Per me il tecnico livornese ha fatto benissimo ma si poteva fare ancora di più, magari vincendo qualche trofeo.

Ci sono analogie con gli anni del suo Napoli e quello attuale?
Qualche analogia c’è perché con mister Bianchi, prima dell’arrivo di Diego, lavoravamo per fare bene e ci piazzavamo sempre in ottime posizioni di classifica. Avremmo fatto la Coppa Campioni più volte se le regole ce lo avessero permesso, purtroppo la giocammo in una sola occasione. Maradona fu quel quid in più che ci consentì il salto di qualità.

Pensa che Cavani verrà ceduto a giugno? E come si potrebbe rimpiazzare?
Se dovessero formalizzare un’offerta così importante, con tutti quei soldi, sarebbe da folli non cederlo. Anche perché, per me, Cavani è un ottimo giocatore ma ce ne sono due, tre più forti di lui nel suo ruolo. Io penso che, quando viene formalizzata un’offerta così importante, è impossibile dire di no: i giocatori passano, la società resta.

Oltre il grande calcio lei è stato un “gregario”: tanti gli anni di gavetta col suo Varese. In terra lombarda è stato anche allenatore. Crede che la squadra di Castori possa centrare l’obiettivo play off?
Il Varese fino a un mese fa ha fatto un grandissimo campionato restando sui parametri degli ultimi anni, ovvero quello di centrare sempre l’obiettivo play off. Nell’ultimo mese, invece, è un po’ in calo ma per una serie di concause che, a un certo punto, risultano anche normali. Per esempio un giocatore della qualità di Neto Pereira, quest’anno, è venuto meno poiché martoriato da problemi fisici; lo stesso Ebagua a inizio stagione ha avuto diversi diverbi con la tifoseria. O Zecchin, ottimo giocatore che, però, quest’anno non sta rendendo come aveva abituato.

Un’altra formazione in cui ha militato è l’Avellino: ha visto il derby vinto con la Nocerina? Pensa che i “lupi” possano puntare alla promozione in serie B?
Posso risultare di parte ma per me, l’Avellino, può benissimo ambire alla promozione diretta nel campionato cadetto vista la vittoria nel derby con la Nocerina. Inoltre, il Latina che fino a qualche settimana fa aveva “ucciso” il campionato, rischia di perdere la testa della classifica se a Pagani (oggi, ndr.) non dovesse fare bottino pieno.

In un primo momento della sua carriera ha provato l’attività da allenatore: quale è il suo credo calcistico?
Il mio credo calcistico è quello del vecchio calcio: il difensore che difende, il resto della squadra che gioca a calcio. Nei tempi moderni mi piace tanto il gioco del Barcelona e della Spagna: i grandi esperti del calcio dicono sia un gioco fine a se stesso. Beh, se in un decennio vinci tutto quello che devi vincere, tanto fine a se stesso non mi pare. Negli ultimi tempi, inoltre, provo scarso interesse anche verso la Premier League che, invece, fino a qualche anno fa mi appassionava parecchio. Il calcio è un prodotto che, personalmente, sta andando regredendo.

Fino a un mese fa ha collaborato con il Novara come osservatore: Alfredo Aglietti da giocatore era una grande attaccante. Adesso, invece, in panchina sembra uno stratega. Le piace?
Alfredo è un ottimo allenatore, bravo a lavorare con i giovani e lo aveva già dimostrato a Empoli due anni fa nonostante l’esonero dello scorso anno. Sono, comunque, dell’idea che la formazione piemontese avesse già un ottimo organico e una strada tracciata, considerato che negli ultimi anni ha visto la serie A e fatto sempre campionati d’alto livello. Dovessero arrivare in zona play off (a patto che si facciano) li vedo favoriti su tutti, tranne il Verona.

Bruno Fernandes è stato il colpo dell’anno per la formazione piemontese. 
Un ragazzo cresciuto in casa visto che militava nella Primavera. Io lo scorso anno l’ho visto in qualche sporadica occasione visto che la Primavera del Novara la seguivo poco. Mostra tutto il suo potenziale dietro le punte, ha un buon ritmo e tanta qualità. Mi è piaciuto come ha risposto al passaggio da un campionato giovanile a uno professionistico.

In Italia, attualmente, forse non c’è un grandissimo difensore che spicca sugli altri. Come se lo spiega, considerato che, il nostro paese, da sempre ha sfornato ottimi difensori?
Semplice: nel settore giovanile si insegna ai ragazzini, che fanno di ruolo i difensori, a giocare a calcio piuttosto che difendere sull’uomo. Per giocare la palla ci sono i centrocampisti, sono stati “inventati” per questo motivo. Ci sono i cosiddetti soloni del calcio che incensano Bonucci per due lanci, e poi si prendono gol che ai miei tempi avrebbero fatto rabbrividire.

Domanda d’obbligo: quando lei giocava con la maglia della Roma, un ragazzino iniziava i Giovannisimi Nazionali: Francesco Totti. In una ipotetica “top ten” dove lo posizionerebbe?
Proprio qualche minuto fa avevo visto un servizio: quando io arrivai a Roma lui approdò alla Roma. Era l’anno 1988-1989 e penso giocasse nei Giovanissimi giallorossi. Purtroppo non c’ho avuto la fortuna di giocare insieme ma me lo sono goduto in questi fantastici vent’anni. Ha fatto tantissimo per il calcio italiano e credo sia uno dei più grandi di sempre. Non amo, però, i paragoni. Quando ero giovane e giocavo nel Napoli alla domanda: “Meglio Diego o Pelé?” rispondevo che non si potesse giudicare perché il brasiliano non l’ho mai visto dal vivo. Maradona è fuori categoria.

Antonio Paviglianiti
Antonio Paviglianiti
Nasce nel 1993 a Reggio Calabria, ama lo sport e il giornalismo fin da giovanissimo; frequenta la facoltà di Giurisprudenza e dal settembre 2010 collabora con TuttoReggina.com e GenerazioneDiTalenti.

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