Cagliari potente, Cagliari sofferente

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Una stagione maledetta, o quasi. Dalle parti di Cagliari si respirano gioia e scetticismo, orgoglio e sconsolazione. Atmosfere, sensazioni e ingredienti contrastanti, perché il piatto in effetti non è dei migliori. Una squadra eternamente in trasferta, che gioca in uno stadio che non quello dello scudetto, ma neanche quello della semifinale UEFA.

Parliamo in realtà di una squadra che non gioca in nessuno stadio, almeno non in condizioni normali. Quando il calendario di Serie A mette in programma una sfida interna dei rossoblù, i redattori dei giornali sportivi, e non solo, sanno già di cosa occuparsi: ricorsi, prefetti, delibere, polemiche, questioni sulla sicurezza.

Tutto sacrosanto, sia chiaro, perché l’essenza di un paese democratico è anche il dovere, da parte di chi gestisce la cosa pubblica e/o garantisce la sicurezza dei cittadini, di valutare tutto e il contrario di tutto. Ma sportivamente parlando resta una stagione a metà del guado, in casa ma senza tifosi, in campo neutro ma in realtà in trasferta (Cfr. Cagliari-Juventus), fino all’ultimo respiro, come recitava la traduzione di un famoso film.

Sì, perché in Sardegna c’è una “squadra regione” che questa regione la può onorare poco, almeno a livello di immagine e di partecipazione popolare dal vivo.

Sulle manifestazioni, sull’attaccamento dei tifosi, sulle questioni giudiziarie relative al massimo dirigente del sodalizio rossoblù non è il caso di entrare, in questo momento. Ma è l’occasione di lamentare un’anomalia tutta italiana, con decisioni a volte incoerenti o comunque difficili da capire, da analizzare. Cosa rimane, di questo 2012-2013 all’ombra del Bastione di Saint Remy?

Rimane una squadra che in campo lotta con le unghie e con i denti, che regala una gioia non all’ultimo ma all’ultimissimo minuto di recupero ai suoi tifosi, lontani da Is Arenas, perché la gara era a porte chiuse. Quale altra squadra lotterebbe per una salvezza concreta, con gli infortuni di Cossu e la discontinuità di Pinilla? Senza mai la certezza di giocare in casa, in casa senza pubblico, o in casa col tutto esaurito?

Questo Cagliari ha fatto grandi cose, pur in un’annata maledetta, nonostante alcuni ko anche interni, dovuti forse alla voglia di strafare per onorare l’occasione. Una squadra potente, capace di strappare risultati decisivi, costruendo una striscia positiva molto incoraggiante. Una squadra sofferente, per tutto ciò le che sta succedendo attorno, per il senso ormai di fatalismo che la città vive ogni volta che è in arrivo una partita in casa.

Fatalismo e pessimismo, e chissà dove si giocherà. Ma è un Cagliari che gode: questo Sau non sarà Riva né Oliveira, ma se la cava benissimo…

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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