Storie di Provincia: il decennio dell’Avellino in Serie A

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Nella stagione 1978-79, si affacciava in serie a una delle realtà di provincia più solide e durature degli anni ‘80: l’Avellino del Presidente Sibilia. In quegli anni, molti calciatori non sapevano neppure dove localizzare l’Irpinia, provincia intramontana del sud ma terra di boschi e castagneti piuttosto che spiagge e limoni, a volte menzionata per via del Santuario di Montevergine, più spesso per il vento forte tra Lacedonia e Candela. Eppure, da Avellino e dai paesi limitrofi, per un decennio, ogni domenica, un gran numero di tifosi si è affollato sugli spalti, facendo del Partenio di Avellino uno degli stadi più caldi d’Italia. Chi sceglieva di indossare la caratteristica maglia biancoverde dei “lupi”, accettava di vivere un’esperienza importante per la propria carriera, avendo l’opportunità di mettersi alla prova di fronte ad una tifoseria passionale che sapeva incitare generosamente ma pretendeva anche il massimo, trasportati da una voglia di riscatto generale. Chi invece ci veniva da avversario, poteva capitare che ci lasciasse le penne.

Vestirono la maglia dell’Avellino, i portieri Ottorino Piotti (poi al Milan), Stefano Tacconi (successore di Zoff in bianconero) e Giovanni Cervone, poi approdato in giallorosso. Tra i difensori, in primis Salvatore Di Somma, coriaceo capitano storico della squadra, per tanti anni “ultimo uomo” nei venti metri tra gli attaccanti avversari e il proprio portiere. Poi, ricordiamo Luciano Favero, anche lui passato alla corte di Trapattoni, per giocare con Platini. Stessa sorte anche per Beniamino Vignola, talentuoso numero “dieci” che si fece le ossa in Irpinia e poi divenne il “vice Michel” alla Juve (del suo talento e di una carriera forse meno generosa del dovuto rimane un gran gol in bianconero contro il Porto, in finale di Coppa delle Coppe).
Tra i centrocampisti, ricordiamo i nomi di Nando De Napoli, che dall’Avellino giunse anche in Nazionale, ai Mondiali dell’86, prima di giocare con Napoli e Milan,Angelo Alessio – anche lui approdato alla Juve e oggi vice di Conte e Angelo Colombo,che portò poi i suoi polmoni nel Milan di Sacchi.
Tra gli attaccanti invece, ricordiamo due tra i più benvoluti giocatori arrivati in Italia con la riapertura delle frontiere: Jorge Juary, brasiliano che si fece amare a forza di gol, dribbling e danze alla bandierina e Jeronimo Barbadillo, peruviano dalla chioma afro, anche lui esperto nell’arte di piantare l’avversario sul posto. Con loro, anche Dirceu, indimenticato campione brasiliano che vestì molte maglie in Italia ma che qui ad Avellino visse alcune stagioni di alto livello, inforcando memorabili punizioni all’incrocio dei pali. Doverosa menzione anche per un allenatore storico, Luis Vinicio.

La stagione più difficile fu sicuramente quella del 1980 – 81. La squadra partiva con una penalizzazione di 5 punti, dovuta al deflagrato scandalo del calcio scommesse. Ma soprattutto, l’intera provincia, venne martoriata dal terremoto del 23 novembre 1980, una delle catastrofi più devastanti avvenute sul territorio italiano. Per capire quale fosse il legame affettivo tra la popolazione e la squadra, riportiamo un episodio raccontato da Salvatore di Somma, il capitano della squadra: « C’erano delle situazioni drammatiche, morti a terra, gente che tirava i propri parenti dalle macerie. C’è una cosa che però non dimenticherò mai. Una signora, a piazza Libertà, mentre piangeva i suoi cari mi disse: “Salvatore, hai visto che è successo? Però oggi che bella vittoria abbiamo fatto…” »*. Quell’anno, l’Avellino si salvò all’ultima giornata.

Tra le vittorie storiche ottenute al Partenio, ricordiamo: Avellino – Milan 4 – 0 (QUI il video), prima di campionato, stagione 1983-84.

Il decennio storico dell’Avellino in serie A, si concluse nel 1987-88, proprio nella stagione in cui la squadra era partita coltivando qualche velleità superiore, anche per il fatto che sarebbero retrocesse solo due squadre. Evidentemente la sorte non perdonò il peccato di tracotanza a chi finora aveva fatto dell’umiltà e della tenacia la propria forza. I Lupi tornarono in B e iniziarono un lungo purgatorio che ancora oggi li vede nelle serie minori. Ma con un bagaglio di ricordi che poche provinciali possono vantare.

*fonte Wikipedia

Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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