L’anatema di Maurìto

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Dietro questo pezzo c’è una premessa, che sa di promessa fatta ad uno dei caporedattori storici di Mondopallone. Non faccio il nome per motivi che non so perchè tutti definiscono ovvi, ma che ovvi non sono. Io comunque non lo faccio. Insomma, avevo mandato un po’ in ritardo il mio solito corsivaccio su fatti e fattacci della domenica calcistica passata.

E lui, che mi vuole bene anche se non so perchè, mi dice: “Giò, il pezzo è buono ma è ormai tardi per pubblicarlo. Peccato, era divertente”.

Io, che in dieci anni di carriera cronistica di cestinamenti ne ho ricevuti a iosa, tutti legittimi e condivisibili, piuttosto bruschi forse, non potevo che sorridere ad uno così garbato: “Certo, amico mio, non fa niente. Non me la prendo”.

Però poi il destino ci ha messo lo zampino. E ha presentato un caso molto simile a quello di cui parlavo nel pezzo andato a male: e così, quello che vedete davanti ai vostri occhi, è un articolo semiriciclato. In parte è nuovo, in parte attinge al vecchio. In modo da non sprecare inchiostro, ancorchè virtuale e dunque abbondante, e idee, tutt’altro che virtuose e decisamente scarse.

Voglio parlarvi di una mia personale visione: tenete d’occhio Mauro Icardi, l’attaccante della Samp.

Per me è un talento. Per ora, di sicuro è un talento nel causare autogol.

Intanto ha dei meriti: ricorda per fisico e tratti somatici un Matador Cavani con capelli corti: stessa fisionomia ossuta e nervosa, simile viso pasoliniano, identica vocazione al dinamismo. Nel derby con il Genoa ha provocato un autorete che nel pezzo finito in differenziata avevo definito ‘mai vista’. Rievochiamola.

Icardi entra in possesso di palla poco dopo la metà campo. Leggermente spostato sulla destra tocca bene la sfera e se la porta avanti. Corre molto, l’attaccante hidalgo; e con facilità, saltando un paio di difensori, guadagna il vertice dell’area genoana. Rallenta un attimo, dato che nessun compagno ha seguito la sua azione. Effettivamente ha una falcata troppo veloce per gli altri. Le maglie dei rossoblu si infittiscono, attorno a lui. Solo, decentrato, ha una sola chance: cercare il fondo e poi buttarla in mezzo: sai mai che qualche sampdoriano si sia destato dal torpore e abbia deciso di raggiungere l’area. Può anche darsi che, tirandola forte al centro, caramboli addosso al portiere e finisca dentro. Quando tutta va male, pensa Icardi, la tiro contro un difensore e conquisto l’angolo: oh, era un’azione in solitaria, mica male il corner. E poi, se non sbaglio, si dice Icardi in un frame di pensiero colto al rallentatore, al centro dell’area ho visto qualcuno.

Facciamo finta che questo puntèro, prima di venire a giocare in Italia, si sia informato capillarmente su tutti i difensori italiani. Che abbia passato notti insonni, preso da una professionalità stoica, a ripassare partite su internet; e che si sia segnato alcuni dati.

Ad esempio, che nella città dove sta per trasferirsi, ci siano due formazioni. Anche in Argentina i cosiddetti derby hanno un gran peso, sarà così pure in Italia. Nella squadra avversaria gioca un tale che è famoso per una specialità: l’autogol. Icardi lo ricorda perchè gli sono state tributate, su youtube, addirittura delle rubriche sarcastiche, dal titolo ‘Mai dire autogol’. Quando militava nel Palermo ne fece uno, contro la Lazio, da cineteca: in tuffo di testa, esteticamente splendido. Ha un nome che sa di essere mite, di tontolone, di uno che viene tradito, da personaggio del presepe. Mah si, Bovo: mò ci provo (fa pure rima, ha il tempo di pensare Icardi).

Secondo il suo ragionamento, giunto sulla linea di fondo, con davanti un altro difensore e Frey, il portiere, libera tutta la forza accumulata in cinquanta metri di corsa in un tiro rasoterra; potente, sicuro, ma senza pretese.

Da posizione così angolata, all’estremo difensore basta chiudere di poco l’angolo di luce con il corpo; cosa che gli riesce bene, infatti la palla lo colpisce e rientra in campo, innocua, la porta è lontana. E qui entra in scena il nostro.  Ovvero, il genio: il pallone rimbalza, sbarazzino, ai due orari nell’area piccola. Madame Bovò sta inseguendo Icardi da tempo, ma, dall’alto delle sue ventinove primavere contro le neanche venti del sudamericano, riesce ad arrivare solo dopo che lo pseudocavani ha scoccato il tiro e che il buon Frey lo ha respinto. Tuttavia, è in corsa. Ha una cinetica sfavorevole, insomma. Potrebbe colpire una biglia ferma e spedirla negli spalti, tale è l’abbrivio di un corpo di novanta chili in movimento da tanti metri. E’ fisica, ragazzi. Però ce ne vuole. Perchè la palla non solo trotterella a tre metri dal fondo, ma è pure decentrata rispetto ai pali. Mentre tutti pensano che la spazzerà facilmente in angolo – basta un tocco millimetrico per buttarla fuori – lui dice no. Lui è Libero Bovo, mica uno qualunque.

Cerca, cadendo per la rincorsa, di stoppare di destro la sfera; ma, proprio perchè è in caduta, nel tentativo di fermarsi la sposta di quel tanto utile ad addrizzarla verso la rete. Peraltro, pure con il piede esterno, quello, per intenderci, più lontano dalla rete.

La frittata è fatta: si accartoccia a terra, tenta strisciando in uno spasimo estremo di riacciuffarla ma niente. Quella impertintente e imperterrita, si infila nell’angolino basso, verso il più bello degli harakiri, il Raoul Bovo degli autogol.  Niente a che vedere con l’ultimo che il nostro giovane attaccante ha fomentato, molto più comune. Domenica 2 dicembre. Si sta celebrando, avrebbe detto Brera, Sampdoria-Fiorentina. Bella gara: traverse, rovesciamenti di fronte, le squadre stanno sull’1 a 1. Poi, nell’area viola si fa largo Maurìto.

Sta pensando ancora alla settimana prima, quando il difensore dei grifoni gli ha fatto quel regalo. Perciò arriva un attimo dopo sull’ottimo traversone di Obiang che era scappato sulla sinistra. Davanti a lui Gonzalo Rodriguez, una rivelazione dell’annata viola: finora ha fatto 4 gol, e tutti nella porta avversaria.

Perciò, si potrebbe definire un goleador. Un cross così ben calibrato meritava di finire dentro.

L’anticipo è netto: e dopo aver toccato palla, mentre sta infilando la sua porta, prima di disperarsi, si vede bene che Rodriguez ha il tempo di emettere un ghigno.

Anche lui è stato colpito dalla maledizione di Icardi. Tenetelo d’occhio, mi raccomando.

 

 

Giovanni Chianelli
Giovanni Chianelli
Nasce a Napoli nel maggio '80. Ha fatto di tutto per evitare il giornalismo fallendo, ha collaborato per anni con Repubblica Napoli e Agoravox. Attualmente sbarca il lunario con l'editoria artistica.

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