Calcioscommesse, parla Gegic e la serie A trema

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Almir Gegic è uno dei maggiori latitanti per lo scandalo del calcioscommesse. Insieme a Hristiyan Ilievski, entrambi facenti parte della frangia degli “zingari”. Prima di consegnarsi alla giustizia italiana, Gegic ha deciso di farsi intervistare per l’ultima volta, a “La Gazzetta dello Sport”. I retroscena sono tanti, e cercheremo di andare per ordine.

Prima di tutto, il motivo che l’ha spinto a costituirsi: ” Non è vita questa. Mi nascondo da troppo tempo. L’errore più grave che ho commesso è stato quello di non costituirmi subito. Io volevo farlo, in verità. Ma una volta mi hanno detto di aspettare. Poi mi è stato consigliato dagli avvocati di non farlo. Poi è passato il tempo. Non ce la facevo più. Sono fuori dalla Serbia da 15 anni. Ho vissuto in cinque Paesi diversi, parlo sette lingue. Non mi ci trovo più qui: non ci sono prospettive. Qui le voci arrivano distorte: mi vedono come un mafioso. Ma non ho mai truccato personalmente partite o minacciato qualcuno. Forse le mafie in questa storia sì. Compravo informazioni per scommettere e basta. Sono pronto a pagare. A dire tutto quello che so. Le scommesse sono una brutta malattia. Ho smesso. Per tenerla a bada faccio qualche schedina da 10 euro. Guardo le partite in poltrona. Stop”.

Poi si cerca di entrare un po’ di più nell’argomento. Gegic ammette che “I magistrati sono stati davvero bravi. Hanno scovato tutte le gare combinate. Almeno, quelle su cui ho scommesso io. Perché le cordate erano tante, mica vendevano informazioni solo a me e Hristiyan (Ilievski, n.d.r.). E comunque, è giusto che se ci sono cose che posso aggiungere, le dica ai magistrati”.

Ed ecco che spunta un Mister X, a quanto pare un personaggio parecchio coinvolto nel giro delle scommesse, che potrebbe aprire nuovi scenari nell’inchiesta: “Io e Hristiyan abbiamo incontrato un paio di volte un signore sulla sessantina, alto meno di 1,80, un po’ sovrappeso. Quasi pelato, ma senza capelli non perché si rade come me. Ce l’ha presentato Bellavista (quello che aveva promesso di svelare altri retroscena, per poi tirarsi indietro). Aveva più di 10 telefonini. Davvero. Li tirava fuori da tutte le tasche. Usciva spesso a rispondere. Un lavoro. Ci siamo visti all’hotel Tocqueville, quello nel centro di Milano dove vanno i calciatori. Non ricordo il nome, ma se vedo la sua foto lo riconosco di sicuro. Voleva venderci gare combinate di Serie A. Dove erano coinvolte squadre del Sud: Catania, Palermo, Lecce, Napoli, eccetera. Ci diceva: “Andate sul sicuro con me”. Ma voleva 600mila euro per le informazioni. Ci siamo messi a ridere. Troppi”.

IL CASO CONTE. Sicuramente c’è poca chiarezza nel caso Conte: accusato da Carobbio, ma difeso dal resto dello spogliatoio del Siena. Gegic rivela, però, un particolare scottante: “Carobbio ci ha detto che nello spogliatoio del Siena scommettevano quasi tutti. Una tv mi ha persino offerto 5 mila euro per un’intervista se parlavo anche di Conte. Come se lo conoscessi. Ho rifiutato. Non ho nulla da dire su di lui: mai visto, mai sentito, mai provato a contattarlo, ma soprattutto non ho bisogno di soldi per parlare di quello che so”.

FILONE BARESEE’ quello che ha dato il via alle indagini sulle combine, quello da cui è partito tutto, insomma. Gegic svela la sua versione dei fatti: “Ero a conoscenza che Masiello e altri erano avvicinabili. E non escludo la presenza di una banda ungherese: il mercato delle scommesse attira molte persone che vogliono fare affari e diversi calciatori non si fanno scrupoli a piazzare le informazioni su più tavoli. Chiedete a Gervasoni. Mi ha parlato spesso di due fratelli di Verona, i Cossato. Mi diceva che scommettevano e chiedevano le partite fatte. E poi avevano un loro giro. E comunque Gervasoni spesso ci portava da altri giocatori. Ha fatto così con Micolucci, mi ha presentato anche Bertani. Ma lui gestiva bene il tutto, sapeva dove bussare. Non come Erodiani. Questo Erodiani lo conosciamo tramite Bellavista. Ci dice che aveva un portiere in mano (Paoloni, n.d.r.), e sapeva da alcuni giocatori dei risultati sicuri in A. Hristiyan gli dice che vuole conoscere questi calciatori. In autostrada da un pulmino scendono tre tipi e li spaccia per Vives, Corvia e Ferrario. Almeno così mi pare. Comunque tre del Lecce. A casa guardiamo le foto su Internet e Hristiyan scuote il capo: “Non sono loro, ci vuole fregare”. Così quando ci dice che Genoa-Lecce sarà un pari con Over non mettiamo un euro. Il bello è che quella gara finisce 2-2. Erodiani allora rilancia per Inter-Lecce e assicura un 1 con Over 3,5. Ci mette in contatto con un finto Corvia su Internet. Hristiyan non è uno sprovveduto, sapeva persino che tatuaggi aveva Corvia. Quando gli chiede di mostrarli, l’altro non sa che fare. Era l’ennesima bufala, poi ho letto che quel tizio era Paoloni”.

Giunto quasi alla fine della sua intervista, il serbo racconta dei problemi di gioco dei calciatori, e del fatto che le scommesse fanno comodo ai presidenti per mettere i conti a posto: “Noi da Inter-Lecce siamo stati alla larga. Altri hanno preso la batosta. Non mi meraviglia: le scommesse sono una malattia. Molti calciatori iniziano per scherzo, hanno soldi da spendere. Poi è come una droga. E allora chiedi in giro ai tuoi colleghi, cerchi di sapere quale gara è sicura. In Italia da sempre le ultime partite sono un mercato. Prima delle scommesse erano solo favori sportivi: quest’anno serve a me, poi magari a te. L’arrivo delle scommesse ha destabilizzato tutto. Ci sono presidenti che così mettono a posto i conti. Il problema vero è la criminalità, quella tosta. In Asia si possono puntare cifre incredibili, senza controllo”.

Spiega come funziona in Asia: “A Singapore sulle gare italiane di Serie A è possibile puntare sul live (durante la partita, n.d.r.) anche 15mila euro alla volta. Ogni clic vale 15mila euro. In venti minuti si possono mettere un sacco di soldi. E la quota di un Over se non ci sono gol, si alza. Ecco perché spesso nelle intercettazioni si raccomanda di restare 0-0 il più a lungo possibile. Per farlo bisogna coinvolgere molti giocatori. Ma se alle spalle di tutto c’è qualcuno disposto a mettere sul tavolo 10 milioni su una gara, secondo voi non farà di tutto per avere la certezza di quel risultato? Le scommesse sportive sono una piaga mondiale. Non so come si possano fermare. Vietarle credo sia impossibile. Chi ferma l’Asia? Bisogna blindare i giocatori, i dirigenti, gli arbitri. Dipende tutto da loro”.

Infine, l’annuncio al suo collega: “Dovrebbe costituirsi anche Hristiyan: è stanco come me. Magari avrà la faccia da delinquente, per via della cicatrice, ma non lo è. La storia che minacciavamo la gente è una cazzata. Ora che torno spero si chiarisca tutto. Voglio mettermi alle spalle questa vicenda. Con la giustizia non avevo mai avuto problemi”.

Cosmo Amendola
Cosmo Amendola
Nato a Gaeta nel 1988. Appassionato di (grande) calcio, ma anche di molti altri sport. Dopo aver calpestato svariati campi di terra ed erba, ha deciso di tentare la sua prima avventura in una redazione.

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