Esclusiva Mp – Sabina Radu, Napoli Femminile: “Se gioco ancora lo devo a famiglia e amici”

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Foto concessa dall’intervistata

Nativa di Brașov, cittadina rumena di poco meno di 300mila abitanti, Sabina Radu ama definirsi “un po’ pazza” come portiere, e forse è normale per una con la sua storia. Per l’estremo difensore 23enne, il 2012-2013 sembra l’occasione di una carriera intera, passata a difendere le porte nei campi di periferia della Campania, dopo essere arrivata in Italia da giovanissima. Dal centro della sua città natale a Napoli, un comune navigatore GPS calcola 1486 km, in questo caso intrisi di esperienze, sogni, timori e cadute, grinta e risalite. Nel bel mezzo di un campionato che sta sorridendo alle neopromosse partenopee, abbiamo deciso di intervistare Sabina, per continuare a conoscere i volti e le persone dei campionati femminili.

Sabina, estremo difensore. Ma che portiere sei? 

Se dovessi descrivermi, direi che sono un po’ pazza come portiere. Non ho un modello o un tipo preciso da imitare sul ruolo, mi piace seguire spesso il mio istinto, fra i pali.

Nelle gerarchie del Napoli Calcio Femminile, al suo primo anno nella massima serie, ti aspettavi di trovare più spazio? 

Sinceramente, sto lavorando per essere sempre e comunque all’altezza della situazione. Ho trovato e sto trovando più spazio rispetto all’anno scorso, con più occasioni ovviamente per dimostrare quello che so fare. Certo, poi le scelte tecniche le fa il mister, sono a sua discrezione: l’importante è farsi trovare pronti, in qualsiasi momento.

Era il 2007, anno del tuo infortunio. Appena 17enne, la frattura di tibia e perone avrebbe potuto allontanarti dal calcio. C’è stato un momento in cui hai pensato di smettere? 

L’infortunio arrivò in un momento positivo, una stagione che stava andando per il meglio. Purtroppo, questo evento rovinò un po’ quell’anno. Inizialmente, decisi di non giocare più: soffrivo tantissimo. Più avanti, col sostegno della mia famiglia e dei miei amici, trovai e forze per riprendere col calcio, anche se dopo un problema fisico del genere non fu facile. 

Salernitana, Pontecagnano, Vesevus Trecase e poi il Napoli. Sensazioni di questo percorso?

Proprio bello come percorso, lo ripeterei se dovessi tornare indietro. La squadra con cui sono cresciuta, e in cui soprattutto ho capito che avrei fatto il portiere, è la Salernitana. A questo club sono ancora molto legata, anche oggi, nonostante mille cose siano cambiate.

Al Napoli c’è anche Valentina Casaroli, portiere molto abile e promettente. C’è competizione fra voi? 

Come in ogni squadra, c’è sempre competizione, ma allo stesso ci si diverte insieme. Abbiamo un rapporto davvero ottimo, ci aiutiamo a vicenda…

Qual è l’obbiettivo del Napoli? Dalle vostre parti il pubblico è molto entusiasta e coinvolto…

Il nostro traguardo è fare bene nel campionato in corso, però la società è impegnata anche su altri fronti. Per esempio, a livello pubblicitario stiamo facendo in modo di far conoscere il calcio femminile. Ci sta pure riuscendo bene, visto il pubblico che ci segue. Poi il Napoli è parecchio impegnato nel settore giovanile: dare l’opportunità a tante bambine di praticare il loro sport preferito, con una squadra femminile, è importante. Inoltre, da quest’anno è nata l’accademia dei portieri. Per questa iniziativa, c’è da ringraziare il preparatore dei portieri Luca Sorrentino, insieme al ds Italo Palmieri. È una sorta di “università” riservata a chi vuole intraprendere la carriera di estremo difensore. 

Matteo Portoghese
Matteo Portoghese
Sardo classe 1987, ama il rugby, il calcio e i supplementari punto a punto. Già redattore di Isolabasket.it e della rivista cagliaritana Vulcano, si è laureato in Lettere con una tesi su Woody Allen.

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