Non è uno sport per femmine

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O forse sì? Il dubbio è più che legittimo. Perché quando segui le partite di Champions, e senti parlare di un Arsenal che vince, cominci subito a pensare che quella vecchia volpe di Arsène Wenger ancora una volta deve avere trovato la quadratura del cerchio. E invece ti sbagli, perché stavolta si parla di calcio femminile.

Se sicuramente molti ragazzi di oggi sognano con le prodezze dei Messi, Cristiano Ronaldo, Ibrahimović e compagnia bella, quello che posso assicurare (e qualcuno, in redazione, sarà d’accordo con me) è che moltissimi sognarono a occhi aperti quando Brandi Chastain, segnato il rigore decisivo in un Mondiale, si scavò i suoi warholiani quindici minuti di celebrità festeggiando in questo modo. Era il 10 luglio 1999.

(La stessa Chastain, per la cronaca, parlerà di «momentary insanity» in relazione a quell’evento, che però l’ha fatta diventare un’icona dello sport, al punto da conquistare le copertine di Sports Illustrated, di Time e di Newsweek, tanto per gradire. E al punto che le sono stati dedicati alcuni libri, e lei stessa ha scritto un libro ironicamente intitolato It’s Not About the Bra. Reggiseno, targato Nike, che immediatamente subì un’impennata nelle vendite, e dubito che a sceglierlo fossero gli uomini.)

Più recente (luglio 2011) è il caso di Josefine Öqvist, ala della Svezia che aveva già un precedente osé (si era fatta fare un servizio fotografico sette anni prima). Durante i mondiali tedeschi, al termine della partita vinta contro la Corea del Nord, ha scambiato la maglia con un tifoso che l’aveva incitata per tutto il tempo: c’è chi si è spinto a parlare di strip, chi ha censurato i pochi secondi di video in cui indossa solo il reggiseno (ci ha pensato la televisione tedesca), e c’è persino chi, come me, si sia chiesto se un gesto del genere avrebbe fatto lo stesso effetto a parti invertite (calciatore uomo e tifosa donna), o se dobbiamo addirittura stupirci per ciò che accade ogni settimana in campo.

Lo confesso: fino a ora ho scritto solo queste notiziole qui proprio perché voglio evidenziare come, quando si parli di sport femminile, si scada sempre in sessismi triti e ritriti. Come quando si loda la bellezza (e non il dritto) di Maria Sharapova; come quando ci consoliamo che la Piccinini non ha vinto l’oro con la sua squadra, ma è comunque tra le tre/dieci/venti/trenta/quantemipare atlete più belle; come quando facciamo sfilare in passerella qualche campionessa olimpica (tu quoque, Vezzali?); come quando improvvisamente tutti scoprono l’hockey su prato grazie alla fuoriclasse olandese Sophie Polkamp (era il 2008 quando a Pechino vinse l’Olanda, bissando poi quest’estate).

Tutto questo solo per ricordarvi che MondoPallone è uno dei pochissimi siti a occuparsi seriamente di calcio femminile, con una sezione apposita curata dal nostro Matteo Portoghese; e per ribadire che il calcio anche uno sport per femmine, sicuramente. Ma forse non è uno sport per signorine.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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