Esclusiva MP – Fabio Montecalvo: “Assurdo contestare Berlusconi per cessioni di Thiago Silva e Ibrahimovic”

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Fabio Montecalvo è il presidente della WFM (Word Football Managment) e della FM Communications, società che offre consulenze ad aziende del calibro di Mediaset e Real Madrid o Arsenal. Lo abbiamo contattato per provare a capire alcuni motivi della crisi del calcio italiano, dove circola molto meno denaro rispetto ad alcuni campionati esteri.

 

Prima di tutto, che sensazioni ha per questa stagione? Quella della Juventus sarà una marcia trionfale o può incontrare qualche ostacolo? Il Milan può giocarsi qualche carta per centrare almeno l’obiettivo Europa League?

La Juventus ha sicuramente ingranato la marcia e naviga con il vento a favore. Il gruppo è compatto, affiatato e c’è un forte “team spirit” professionale che sono sicuro porterà i bianconeri in alto. Ci sono alcuni numeri significativi che confermano il grande stato di forma della vecchia signora: non perdono credo, da circa 45 partite in campionato, tra i marcatori sono andati in gol ben tredici calciatori della compagine juventina a conferma del gran lavoro del collettivo, e poi il loro pubblico è il dodicesimo giocatore in campo, fattore fondamentale in uno stadio costruito in stile made in europe, proprio come la squadra che ospita. Ciò nonostante possiamo aspettarci qualche calo di tensione, qualche flessione sul rendimento dei bianconeri. Il campionato è lungo e ostico e c’è anche l’impegno in Europa che la fa da padrona. Ma sono convinto che la Juventus è un plotone addestrato per vincere ogni battaglia, per cui saprà reagire anche ai periodi di magra. Il Milan, come sappiamo, sta attraversando un periodo di lento rodaggio. Credo pero che progressivamente recupererà e ritornerà nella parte sinistra della classifica. La squadra di Via Turati non è uno di quei club che rimane troppo tempo a veder gli altri di vincere. Il traguardo Europa League sarà pertanto alla sua portata.

La partenza di Ibrahimovic e Thiago Silva è simbolo della crisi nostro calcio. Perché il nostro campionato ha perso così tanto in pochi anni? Perché i grandi investitori non vedono nell’Italia una meta allettante?

La crisi generale dell’economia è arrivata, come ovviamente ci si poteva aspettare, anche nel calcio italiano. Con un valore aggiunto, in negativo, ovvero costituito dal fatto che l’Industria Calcio ha sempre e costantemente esigenza di enormi risorse finanziarie! Basti pensare al fatto che, mentre in una normale società per azioni lo stipendio standard di un semplice dipendente può aggirarsi intorno ai duemila euro lordi al mese, in una S.p.A. del mondo del calcio, l’emolumento base potrà toccare i duecentomila euro lordi (settore tecnico) . Questi sono parametri che un tifoso deve tener bene in considerazione prima di avviare contestazioni senza senso contro i propri presidenti che molto devono dar fondo alle proprie risorse personali per sanare i bilanci. Nel Milan, è ovvio che il presidente Berlusconi, a un certo punto sia costretto a privarsi di due gioielli quali Ibra e Thiago, preziosi non solo sul campo ma in particolar modo in fatto di valore finanziario. Non si può contestare proprio nulla a un uomo come Silvio Berlusconi che in qualunque settore merceologico abbia toccato, è riuscito a produrre efficienza, lavoro e benessere dopo aver messo sul campo il proprio spessore socio/economico. La vendita dei due top players era una atto dovuto, a mio avviso, per portare più equilibrio al dare e avere rossonero. Poi essere in grado di rimpiazzare i due fuoriclasse con altrettanti calciatori capaci di non far rimpiangere i vecchi senatori, non spetta certo al presidente rossonero. Ci sono figure professioniste nell’AC Milan molto ben retribuite e predisposte a questi incarichi. Per quanto concerne il nostro calcio, il nostro campionato ha perso molti pezzi sopratutto perché arabi, sceicchi, e re del gas russi hanno inflazionato e stanno inflazionando il mercato. Dispongono delle “materie prime” che regolano il mercato dei consumi giornalmente, e che giornalmente traducono il consumo degli utenti in denaro che entra nelle loro casse. Ogni giorno per 365 giorni l’anno, per miliardi di euro. Inoltre c’è anche da considerare che l’Italia è regolamentata, come ben sappiamo, da un regime fiscale pesante, esoso e gravoso sia per le aziende che per il cittadino. Di solito si registra la cosidetta «fuga dei capitali» all’estero, dove le tasse sono più accessibili e i gli utili hanno più ossigeno per transitare nelle riserve ordinarie delle società. Coloro che perseguono development internazionali, quindi anche nel nostro paese, sono i brands del lusso che servono un target di clientela “hig-profile” e pertanto capaci di poter avere interessi nel calcio italiano. Personalmente fornisco anche delle consulenze proprio a un.gruppo degli emirati con i quali ho lavorato per la manifestazione di interessi mirata a rilevare due societa come il Modena Calcio e As Bari, successivamente non finalizzate. Infine c’è anche da evidenziare un ulteriore fattore rosso che certo non ci fa onore: il calcioscomesse. All’estero il calcio italiano è visto sempre come una cattedrale dello sport, un prestigio, un istituzione, o  forse lo era finché quando alcune frange di calciatori si stanno rendendo protagonisti e manager dell’illecito sportivo. Come potrebbe un arabo non tener conto anche di questo cancro sociale prima di investire milioni di euro?

Il circolo di meno denaro nel nostro campionato rispetto al passato può trasformarsi in una risorsa? Può, per esempio, indurre le nostre squadre a investire con maggior convinzione nei settori giovanili?

In questo contesto di recessione un po’ generale, un investimento intelligente da parte delle società di calcio sarebbe proprio quella della valorizzazione dei settori giovanili. Qualche anno fa, a NewYork, il presidente di una delle più note merchant bank del mondo, mi disse: “my contacts are my capital” …i miei contatti sono il mio capitale o il mio capitale sono i miei contatti. Secondo me quest’analogia calza a pennello con l’esempio dei settori giovanili. Il vivaio rappresenterebbe esattamente il “contatto” giusto per produrre capitale ovvero per sfruttare sulla “risorsa” professionale costruita in casa propria.

In un momento di crisi come questo trova giusto dal punto di vista etico che certi club spendano cifre folli per quello che alla fine è un gioco? (quest’anno l’esempio è il PSG ma si possono aggiungere negli anni recenti anche il Manchester City, il Real Madrid, il Chelsea ecc.)
I comportamenti di questi magnati non stridono inoltre con il tanto annunciato fair play finanziario?

“Melius abundare quam deficere”… Gli americani aggiungono, (come sempre mi suggerì quel vecchio guru della finanza della grande mela), “time is money…money in my”. Debbo dire che se da una parte questi grandi rockfeller hanno inflazionato il mercato mondiale del calcio, arricchendosi di pezzi sopratutto del calcio italiano, d’altro canto hanno apportato anche innovazione, sviluppo e lavoro. Perché dietro una grande società di calcio di primissimo livello europeo come il Paris St.Germaine o il Real Madrid, si muove un indotto commerciale e industriale costituito da grandi numeri. Lo vedo al Real Madrid dove tra marketing ed eventi speciali lavorano circa duecento persone che a loro volta si confrontano con gruppi e staff di addetti ai lavori. Pertanto credo che la rivoluzione che i magnati del calcio hanno portato con l’impiego di capitali “folli” per l’acquisto di calciatori non si sia limitata solo a questo aspetto, che potrebbe apparire deleterio ed esagerato per il mercato calcistico globale, ma che costituisca anche un’evoluzione positiva per il nerwork commerciale che gravita intorno a un club prestigioso. Invece il fairplay finanziario dovrebbe a mio avviso, riguardare pi§ da vicino agenti e calciatori che molto spesso tengono sul filo del rasoio le società, promettendo addii improvvisi pena il mancato “adeguamento” di contratti già very exepensive.

Luca Lottero
Luca Lottero
Nato negli anni della grande Samp, appena un anno dopo lo scudetto targato Vialli&Mancini. Laureato in Scienze politiche all'università di Genova, ama scrivere di calcio e di politica.

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