Il punto sulla Serie A: giornata 6

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La Juventus ha bisogno di soli diciotto minuti per regolare la pratica-Roma allo “Juventus Stadium”, segnando tre reti che hanno indirizzato subito una partita finita in trionfo sul 4 a 1. Il Napoli non molla e vince una partita complicatissima in casa della Sampdoria grazie ancora al suo matador Cavani. Partita emozionante a San Siro tra Inter e Fiorentina, che vede vincere la squadra di Stramaccioni nonostante l’ottima prova della squadra di Montella.

Alle ore 21.30 di sabato sera, a fine primo tempo della partita svoltasi allo “Juventus Stadium”, chi ha visto Juve-Roma ha avuto in testa solamente una sensazione: superiorità imbarazzante. Tre gol in diciotto minuti, due traverse e una serie di occasioni che hanno portato un mio amico su facebook, un romano palesemente juventino, a scrivere questo messaggio: “Capace che 30 sul campo je li famo tutti stasera.”. Sicuramente di parte, sicuramente goliardico, ma non è andato così lontano dalla realtà dei fatti. La difesa della Roma, o sarebbe meglio dire la sua fase difensiva, è stata totalmente assente. La Juventus è entrata come e quando ha voluto tra le maglie giallorosse, apparse davvero incapaci di reagire. Conte ha annientato, tatticamente, Zeman. Di cui, magari, non saranno tutte le colpe (la rosa a disposizione effettivamente non è di prim’ordine) ma che del suo ce l’ha messo, eccome. L’errore fondamentale è stato quello di lasciare libero di pensare e giocare un signore di nome Andrea Pirlo, a cui non è parso vero di avere così tanto tempo e spazio per muoversi a suo piacimento in mezzo al campo. Lasciare la fonte di gioco senza marcatura, ad una squadra che gioca in verticale contro una difesa sempre alta e poco attenta, è stato un suicidio tattico. Da lì è nata la disfatta, perché non è stata una semplice sconfitta, di sabato sera. Se poi, come contorno, ci aggiungiamo il pressing asfissiante bianconero, l’alto livello tecnico dei vari Vucinic, Vidal, Marchisio e le prestazioni sontuose di Barzagli e Chiellini, abbiamo il quadro completo della gara. Zeman ha passato i primi 45 minuti a guardare solo nella proprio metà campo, anche in quelle poche occasioni in cui la Roma attaccava. Ha accusato il colpo, voleva capire dove fossero gli errori, se negli uomini (anche) o se nei movimenti (soprattutto). Nel secondo tempo di sicuro la Roma è parsa più in partita, ha attaccato, ha avuto occasioni, ha segnato (su rigore) ma non possiamo non pensare che è stata più la Juve ad alzare il piede dall’acceleratore che la Roma a fare la gara. Ha vinto Conte, ha vinto la Juve, ha vinto l’equilibrio, quello che, probabilmente, non ci sarà in questo campionato vista la forza dei bianconeri.

L’unica squadra che, per il momento ma molto più a fatica, è riuscita a tenere il passo della Vecchia Signora è il Napoli, ancora vittorioso grazie a Cavani su un campo ostico come quello della Samp di Ciro Ferrara. Gli azzurri dimostrano, finalmente, di saper vincere anche le partite più complicate, contro squadre che si chiudono e ripartono in velocità. I blucerchiati fanno una figura comunque dignitosissima, dimostrando di essere davvero una delle squadre più in forma di questa Serie A. Il Napoli non ha mai trovato spazi per i suoi micidiali contropiedi, soffrendo anzi il gioco organizzato che i genovesi hanno proposto, specialmente sulle fasce. Gli uomini di Mazzarri si sono dimostrati squadra cinica quando hanno sfruttato l’unica disattenzione degli avversari in novanta minuti: corner in favore della Samp, palla recuperata da Inler e contropiede fulmineo. Hamsik arriva fino al limite dell’area, salta Gastaldello che lo stende. Rigore e secondo giallo per il difensore. Rigore poi trasformato dal solito Cavani. Questa l’azione che ha deciso la gara, sostanzialmente. Perché poi, nonostante l’inferiorità numerica, la Samp ha provato ad attaccare ma senza risultati e il Napoli è riuscito ad uscire vittorioso dal “Ferraris”. Tre punti fondamentali per la corsa scudetto, che vede gli azzurri come unici veri antagonisti della Juventus.

Si riporta a soli 4 punti dal duo di testa anche l’Inter, vittoriosa in una bellissima partita a San Siro contro la Fiorentina, affiancando la Lazio, che ha battuto in casa il Siena per 2 a 1. I nerazzurri agli ordini di Stramaccioni hanno sofferto per lunghi tratti della gara il palleggio della Viola, ma si sono dimostrati sempre ordinati in fase difensiva grazie anche al nuovo modulo, il 3-5-2, e brillanti in avanti, con il duo Cassano-Milito supportati da Coutinho. Proprio la mossa di inserire il giovane brasiliano, che in fase difensiva ha tenuto d’occhio Pizarro, uomo d’ordine del centrocampo di Montella, è stata la chiave delle buona prestazione dei nerazzurri, specie nel primo tempo, quando, oltre ai due gol, Milito ha avuto più volte l’occasione di portare il risultato al sicuro sul 3 a 0. Ai toscani va riconosciuto il merito di aver continuato a giocare il proprio calcio, fatto di possesso e continui movimenti, come visto contro la Juve non più tardi di quattro giorni fa. Il problema, a parte qualche disattenzione dei singoli, specie in difesa, è sempre lo stesso: manca un finalizzatore, un uomo che dia sfogo al bel gioco espresso. L’ingresso di Mati Fernandez nel secondo tempo al posto di Ljajic ha dato più imprevedibilità all’attacco e ha creato sicuramente più grattacapi alla difesa nerazzurra, ma non è bastato. Manca l’uomo di peso, un attaccante che però, a differenza del Toni visto ieri sera per una ventina di minuti, sappia dialogare con i compagni e amalgamarsi al gioco corto della squadra, poco propensa a buttare la palla lunga per una torre. El Hamdaoui potrebbe essere quel tipo di giocatore, ma è ancora fermo ai box.
E’ un peccato per Montella, è un peccato per i tifosi viola. La sua squadra fa forse il gioco più bello d’Italia e merita tutti i complimenti che sta ricevendo. Ma, nel calcio, i complimenti non servono, contano i punti.

Francesco Mariani
Francesco Mariani
Twitter addicted, vive di calcio. In campo è convinto di essere Pirlo, ma in realtà è un Carrozzieri qualunque. Per lui il trequartista è una questione di principio.

Addio Pasquale Casillo, viva Zemanlandia!

Lo chiamavano il “re del grano”, perché negli anni ’80 raggiunse il successo diventando il principale esportatore di grano dal Sudamerica su scala globale....
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