La Libreria di MP: “1982 – Il mio mitico mondiale” di Paolo Rossi

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Quando l’11 luglio del 1982 il triplice fischio dell’arbitro Coelho sancì il successo dell’Italia ai Mondiali di Spagna, legittimando l’esplosione di gioia dell’intera Italia calcistica, il figlio prediletto di quella vittoria, Paolo Rossi, in arte Paolorossi o Pablito, si ritirò in un angolo di campo e da lì guardò il mondo, guardò se stesso e pregò che il tempo si fermasse, in quell’attimo preciso in cui la gioia sfondava tutti gli argini emotivi, confluendo in un momento unico, irripetibile e supremo di felicità.

Così racconta Paolo Rossi, in questo libro autobiografico scritto insieme alla moglie Federica Cappelletti, dove rievoca quell’estate di cui fu protagonista, eroe tra gli eroi di quella pagina calcistica e popolare.

Ma il suo “1982” comincia molto prima, nel 1980, quando la carriera di un giovane fuoriclasse, che era già stato capocannoniere con la maglia del Lanerossi Vicenza – o “Real Vicenza” come fu chiamata quella squadra capace di arrivare seconda in campionato dietro solo alla Juventus di Trapattoni – e che era già diventato per tutti “Pablito” ai mondiali argentini del ’78, parve fatta a pezzi da una squalifica di tre anni, poi ridotti a due, per un presunto coinvolgimento in una combine tra Perugia e Avellino.

E’ dalla vicenda calcioscommesse che parte la narrazione di Paolo Rossi e precisamente dai trenta secondi di colloquio con Cruciani, presentatogli dal compagno di squadra Della Martira, che gli prospettò l’ipotesi di un pareggio comodo nell’ultima giornata di campionato. Paolo Rossi ancora oggi rivendica la propria innocenza, sua e dei compagni di squadra,forse rimproverandosi al limite una omessa denuncia e un’ingenuità giovanile di fondo. Ma intanto, per due lunghissimi anni, sul fondo, ci finì lui, con l’ angoscia di non riuscire a tornare se stesso o di essere rimpiazzato.

Ma Paolo Rossi poteva contare sull’inossidabile stima di Bearzot e sulla fiducia dei compagni di squadra, anche quando, dopo le prime partite del Mondiale, tardava ad arrivare la liberazione del gol.
E per fortuna. Perché, come un amore a lungo desiderato, quando tornò il gol, tornò tre volte e non per arrotondare risultati ordinari, ma per affondare, con la più storica delle triplette, il Brasile di Zico, Falcao e Socrates, lasciando l’Italia intera commossa e attonita ad ammirare la rinascita di Paolo Rossi, l’eroe di un’impresa impossibile che generò un’onda lunga di emozioni inarrestabili, fino alla vittoria e oltre, portando Paolo Rossi ad essere l’italiano più riconosciuto al mondo, il calciatore amato da tutti, che ancora oggi, nel suo buen retiro toscano, riceve lettere di ringraziamenti e ricordi affettuosi.

“1982 – Il mio mitico mondiale” racconta con la voce candida e pacata di Paolo Rossi, gli episodi, gli aneddoti, le vigilie e i compagni di quella stagione, dall’amicizia con il compagno di stanza Cabrini – compreso l’episodio della foto scattata nel ritiro di Vigo a loro due in pigiama sul balcone che diede luogo a insensati pettegolezzi – al rapporto speciale con Enzo Bearzot, uno che ti caricava, ti aspettava, ma non ti faceva mai un complimento, tanto era concentrato sulla tappa successiva. E piccoli particolari, dalle diete ricostituenti, alle scaramanzie, dagli avversari – i temuti Zico, Rumenigge e Maradona, attesi protagonisti a cui Pablito rubò completamente la scena – ai gol infilati a Brasile, Polonia e Germania.
E poi Pertini, le canzoni di Antonello Venditti e altri piccoli fatti che raccontano la storia di un calciatore ma anche della sua gioventù.

Una curiosità di questo libro è lo spazio riservato alla raccolta dei titoli dei giornali dell’epoca e agli articoli di giornalisti storici come Brera, Cannavò, Caminiti e di scrittori come Soldati e Arpino. E poi, a finire, i piccoli ricordi di tanti italiani, illustri e sconosciuti, di quella che fu, per tutti, l’Estate del “mitico Mundial”.

“1982 – Il mio mitico mondiale” di Paolo Rossi e Federica Cappelletti – Kowalsky Editore
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Paolo Chichierchia
Paolo Chichierchia
Nasce nel 1972 a Roma, dove vive, lavora e tifa Fiorentina. Come Eduardo Galeano, ritiene che per spiegare a un bambino cosa sia la felicità, il miglior modo sia dargli un pallone per farlo giocare.

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