Il punto sulla Serie A: giornata 3

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Che la Juventus fosse la squadra da battere, lo si sapeva e l’abbiamo già scritto su queste stesse pagine. Che il Napoli sembrasse la rivale più attrezzata tra le altre big, idem come sopra. Ma che la Lazio potesse essere a punteggio pieno dopo tre giornate, vincendo e convincendo sia in casa che fuori (già due le vittorie fuori casa per i biancocelesti), no, nessuno l’ha detto e nessuno, in effetti, poteva immaginarselo.

La squadra guidata dal nuovo Petkovic, ha trovato, con l’inizio del campionato, quella solidità che le è mancata durante l’estate, tra amichevoli e preliminari di Europa League. I biancocelesti giocano un bel calcio, piacevole agli occhi e, soprattutto, concreto, con Hernanes e Klose in veste di magnifici esecutori. Con il rientro a pieni giri di quel bel giocatore che è Ederson, e trovato il suo giusto collocamento all’interno di questo meccanismo ben oliato, potrebbe essere davvero la sorpresa del campionato 2012/2013, infortuni permettendo. Sì, sono proprio le defezioni forzate il maggior nemico della Lazio che, come unico difetto, non ha una panchina in grado di sopperire ad eventuali mancanze, a meno che Zarate non torni ad essere quello del suo primo anno in Italia, ma al momento non sembra essere una soluzione possibile.

Dall’altra parte del Tevere, invece, le cose non vanno così bene. La Roma di Zeman, come previsto, eccelle quando attacca, ma atterrisce (i propri tifosi) quando deve difendersi. Il 2-3 contro il Bologna all’Olimpico è figlio di questo semplice teorema: primo tempo perfetto della banda-Zeman e risultato portato al sicuro sul 2-0; secondo tempo da film horror e ribaltone finale con la beffa del redivivo Gilardino al novantesimo minuto. I tifosi romanisti, però, abbiano pazienza. Il progetto Zeman è un progetto che, di norma, ha bisogno di qualche settimana per essere compreso per bene dai giocatori. Lo stesso Pescara, lo scorso anno, iniziò la stagione in maniera simile. L’unica differenza è che vincere un campionato di Serie B con i giovani è difficile ma non impossibile, mentre vincere un campionato di Serie A è cosa ben diversa. Probabilità di vittoria finale? Poche. Probabilità di far divertire durante il campionato? Tante, davvero tante.

Si divertono, eccome, i tifosi del Napoli in questo inizio di stagione. Altri tre gol per regolare la pratica-Parma e andare a braccetto con Lazio e Juve in testa alla classifica. L’interpretazione offensiva del tridente azzurro composto da Pandev, Cavani e Hamsik non ha eguali in Italia. I continui tagli, le sovrapposizioni e le decine di incroci tra i tre attaccanti è roba da stropicciarsi gli occhi. Con l’aggiunta di Lorenzo Insigne (nuovo idolo, napoletano, di Napoli), che, quando entra, non fa sentire la mancanza neppure di Cavani. Inler e Dzemaili in cabina di regia danno ampio respiro ad una manovra che si sviluppa sempre in velocità e mai in modo banale. L’unico neo, se dobbiamo trovarne uno, è sempre il solito: la precarietà con cui, a volte, gli azzurri svolgono la fase difensiva, al di là degli interpreti. Come visto ieri pomeriggio, il Parma, dopo aver accorciato le distanze in maniera un po’ casuale, ha più volte rischiato di pareggiare. E’ un difetto congenito della squadra di Mazzarri, che, però, riuscendo a limitarlo, potrebbe seriamente impensierire quella corazzata che è la Juventus.

Perché di corazzata si parla, quando si nomina la Juventus di Conte. Se anche in una giornata difficile come quella di ieri a Genova riesce a portare a casa 3 punti, non capiamo come possa perdere il campionato. Il Genoa ha giocato bene per un’ora, ha pressato alto e aggredito i portatori di palla, marcando a uomo il fulcro del gioco, Andrea Pirlo. Il vantaggio e le ripetute occasioni per andare in vantaggio (un palo, una traversa e un gol divorato da Bertolacci) non sono bastate per stendere i campioni d’Italia in carica che, inserendo i titolari Vucinic e Asamoah al posto di Matri (prova pessima la sua) e De Ceglie, nella mezzora finale non solo hanno riacciuffato il pareggio, ma hanno anche segnato altre due reti rendendo il punteggio un po’ bugiardo, per quanto visto in campo. La sensazione che si ha ogni qualvolta che si guarda la Juventus giocare, però, è quella di una squadra che, quando preme sull’acceleratore, segna. Inarrestabile.

Tutt’altro che inarrestabile è parsa l’Inter, pur vittoriosa a Torino. Due tiri, due gol. Massimo risultato con il minimo sforzo. Nel mezzo, tanto possesso palla, tanto pressing del Toro, qualche occasione sciupata da Bianchi e compagni. Tanta noia, insomma. Tre punti sono sempre tre punti e questa è una vittoria assolutamente importante per i nerazzurri guidati da Stramaccioni, specie dopo il tonfo casalingo contro la Roma. Il gioco, però, latita e niente, al momento, può far pensare ad un campionato da seria protagonista dell’Inter, che, perlomeno, se la passa meglio dei cugini rossoneri, ancora battuti in casa, questa volta dall’Atalanta.
Le colpe di Allegri, ormai, sono abbastanza evidenti, guardando il suo Milan giocare. Idee di gioco a parte (ed è già una bella colpa), è la mancanza di agonismo, carattere e voglia a lasciare perplessi. La sconfitta subita contro l’Atalanta è sembrata inevitabile fin dall’inizio della gara, come se fosse una cosa ineluttabile. E’ un Milan depresso che, prima di tutto, deve ritrovare la voglia di giocare prima ancora che un gioco vero e proprio.

Per concludere, lasciatemi qualche riga per commentare il ritorno al gol, nel giorno del suo ritorno a Firenze con la maglia viola, di Luca Toni. Non sarà più quello splendido attaccante che abbiamo visto a cavallo delle annate 2005/2006 e 2006/2007 con la maglia della Fiorentina e 2007/2008 con quella del Bayern Monaco, ma vederlo fare la sua solita esultanza, pazzo di gioia, davanti a un pubblico e a una città che lo amano alla follia, dopo ciò che gli è accaduto nella vita privata pochi mesi fa, è stato uno spettacolo bellissimo.
Come la sua dedica finale, “per chi c’è e per chi non c’è più”. Luca Toni, numero uno.

Francesco Mariani
Francesco Mariani
Twitter addicted, vive di calcio. In campo è convinto di essere Pirlo, ma in realtà è un Carrozzieri qualunque. Per lui il trequartista è una questione di principio.

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