Non solo i cervelli in fuga

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Pian piano gli italiani stanno tornando un popolo di emigranti. I famosi “cervelli in fuga” sono ormai un fenomeno da non sottovalutare; una nuova ondata migratoria motivata dalla voglia di realizzare un sogno e far valorizzare i propri studi nel giusto modo senza sottostare ai vincoli di un mercato del lavoro ingiusto. Non sono solo le menti brillanti a salutare il nostro amato stivale perché improvvisamente anche sullo sport inizia a farsi sentire questo senso di sfiducia.

Eravamo abituati a vedere i nostri calciatori trasferirsi all’estero solo a fine carriera come accadde a Giancarlo Antognoni o a Marco Tardelli, poi verso la metà degli anni novanta partirono i vari Zola, Vialli, Lombardo e Ravanelli e la situazione iniziò a cambiare. Adesso ci troviamo in una situazione impensabile in passato; di casi ce ne sono tanti come quello di Verratti che una volta raggiunta la serie A ha deciso di fare le valigie e accettare l’avventura parigina.  Non possiamo non citare Vito Mannone, l’attuale portiere dell’Arsenal che non ha mai giocato in un campionato professionistico italiano, ma solo a livello giovanile. Non esportiamo solo calciatori, ma anche tecnici vincenti nonostante l’etichetta di catenacciari con cui c’ha francobollato l’Europa calcistica.

Il discorso si allarga necessariamente agli altri sport da anni costretti a elemosinare maggiore visibilità e garanzie economiche. La pallavolo e la pallanuoto sono le discipline che hanno risentito maggiormente della situazione, segue a ruota il ciclismo dove riusciamo a mantenere un po’ di orgoglio grazie alla tradizione delle grandi corse. Il rugby non riesce a prendere piede nonostante l’interesse mostrato dagli italiani verso il “sei nazioni”; anche il basket rischia a breve di prendere la stessa strada dopo la scomparsa di piazze storiche come Treviso e Bologna, sponda Fortitudo. Partono tutti, gli atleti, idirigenti, i tecnici, qui rischia di rimanere solo la disperazione.

Italia dunque come il Brasile e l’Argentina che da anni vedono partire i loro gioielli per tentare l’avventura nella ricca Europa. Un contesto dal quale dobbiamo distinguere gli aspetti positivi da quelli negativi. In chiave nazionale è sicuramente utile avere dei calciatori impegnati in campionati di alto livello perché lì possono maturare in esperienza e migliorare tecnicamente. Dalla parte opposta si sta valutando la serie A, il campionato che una volta era considerato il più bello del mondo grazie alla presenza delle sette sorelle. Per questo motivo tutto il movimento sportivo deve intervenire quanto prima per impedire che il processo diventi irreversibile. Lavorare ora, immediatamente, per impedire un futuro ancora più nero. Bisogna incentivare le nostre future promesse con le strutture adatte, sfruttando eventualmente l’ausilio del settore scolastico.Una nuova mentalità a misura di sport per far svegliare l’Italia dal torpore attuale. Non ci resta che attendere fiduciosi e incrociare le dita.

 

Elia Modugno
Elia Modugno
Nasce a Roma il 30 maggio 1979 mentre il Nottingham Forest di Brian Clough vinceva la sua prima Coppa Campioni. Radiocronista sui campi dell’Eccellenza laziale, adora il calcio minore ed il futsal.

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