Un cucchiaio indigesto

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Fa male, molto male. Subito dopo la lotteria dei rigori, l’altro ieri sera, la delusione è stata tanta, come poche volte nella mia vita. Nonostante l’Udinese non sia mai stata tra le mie squadre preferite, il tifo e le emozioni che mi ha fatto provare sono state intense, perchè il gioco sviluppato dalla squadra di Guidolin è di quelli che vorresti vedere sempre vincenti: corsa, sacrificio, istinto e velocità sono da sempre caratteristiche fondamentali per i giocatori bianconeri; e sapere che una delle poche squadre con bilancio in attivo sarebbe potuta arrivare nell’Olimpo del calcio, pur non passando dalla porta principale, mi avrebbe fatto molto piacere.

Invece non è stato così. Armero ha illuso tutti gli italiani segnando un importante gol in apertura di gara, ma successivamente ha sbagliato più di un match point per la propria squadra. Intendiamoci, mettere in ghiaccio le partite non è cosa banale; soprattutto ad inizio stagione e con gli avversari nettamente più in palla di te atleticamente, però certi errori non dovrebbero essere ammissibili a certi livelli. Calciare il terreno invece che la palla: se non fosse che quell’intervento goffo ha praticamente compromesso la stagione europea dell’Udinese ci sarebbe quasi da scherzarci sopra, e invece Guidolin – giustamente – alla fine dell’incontro ha parlato in toni tutt’altro che gioiosi. Affranto, deluso, distrutto e autocritico all’ennesima potenza. Scegliete voi l’aggettivo più adatto, però resta il fatto che un uomo così se la sarebbe eccome meritata la Champions League. Un uomo mai sopra le righe, sempre col sorriso sulle labbra, ritenendosi un privilegiato per il lavoro che svolge e, caratteristica assai apprezzabile, mai pretenzioso nei confronti della propria dirigenza.

Eppure ne avrebbe avuto tutte le ragioni, perchè Guidolin negli ultimi due anni ha letteralmente predicato calcio in Italia. Ha rifiutato, per sua stessa ammissione, offerte molto importanti proveniente da club prestigiosi, tutto perché a Udine lui si trova bene. Può passeggiare tranquillamente per le vie del centro, senza essere fermato da decine di ragazzini in cerca di un autografo; può uscire in bicicletta (la sua più grande passione dopo il calcio) e non trovare una coda di giornalisti appostati sotto casa sua. Tutti ragionamenti tipici di un uomo normale: cosa che lui, però, in teoria non sarebbe.

Perché non è normale trasformare una squadra da metà classifica in una grande del calcio italiano per anni e anni. Come non può essere un caso che talenti come Sanchez, Zapata, Isla e Asamoah abbiano spiccato il volo subito dopo essere stati presi per mano da lui. E tutti gli anni si è ritrovato a dover fare a meno di quei giocatori indispensabili che lui stesso aveva plasmato, tutto per esigenze di bilancio. E nonostante tutto questo, mai una parola fuori luogo. Mai un gesto di stizza nei confronti della famiglia Pozzo, sempre testa bassa e lavorare. Sono andati via Isla e Asamoah? Nessun problema, ci sono Willians e Badu in rampa di lancio. Sanchez è stato ceduto per quasi 50 milioni di euro e in cambio sono arrivati soltanto giovani? Lui ha cambiato modulo, tanto si vince lo stesso.

Questa è la mentalità vincente, l’atteggiamento di un grande allenatore che non ha mai preteso, dal proprio presidente, le spese folli alla Fernando Torres. Sono tutti – o quasi – capaci di vincere qualcosa coi grandi campioni. Ma plasmare e modellare a proprio piacimento un’intera generazione di giocatori, però, è una sfida ancora più difficile. Chi si accontenta, gode; e se fosse sempre vero questo proverbio, Guidolin dovrebbe essere la persona più felice del mondo. La delusione però ieri sera è stata troppo grande, e persino lui ha perso la pazienza.

Brkic era quasi riuscito nel miracolo di coprire i numerosi errori di Willians e compagni, ma alla fine è bastato un Ruben Michael qualunque per infrangere sul più bello i sogni di gloria bianconeri. Ma, soprattutto, è bastato un cucchiaio non digerito, di quelli che Di Natale e compagni non si scorderanno facilmente. Maicosuel, autore del primo gol in campionato dell’Udinese, ha provato la magia. Quel colpo che, se fosse riuscito, avrebbe cambiato l’inerzia della lotteria, ma il destino ha voluto che non andasse così.

L’importante adesso è che Guidolin riceva l’affetto di tutto il suo popolo, quella stessa tifoseria che lui ha fatto saltare in piedi di gioia tante volte nelle ultime stagioni. E chissà che non riesca nell’ennesimo miracolo della sua carriera, portando nuovamente una squadra tutta da assemblare in cima al campionato italiano, per riprovarci ancora una volta e raggiungere la tanto agoniata Champions. Sperando che, questa volta, non ci si mette di traverso un altro cucchiaio indigesto.

Alessandro Lelli
Alessandro Lelli
Nato a Genova nel maggio 1992; è un appassionato di calcio, basket NBA e pallavolo (sport che ha praticato per molti anni). Frequenta la facoltà di Scienze Politiche, indirizzo amministrativo e gestionale.

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