Londra 2012, il nuoto è un buco nell’acqua

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3 medaglie d’oro vinte, nessuna proveniente dal nuoto. E’ questa la sentenza che Londra 2012 ci sta lasciando al momento: una delusione cocente per un movimento che, storicamente, ci ha sempre riservato sorprese positive. Invece in questa edizione i colpi di scena sono stati tutti in negativo, a partire da quella Federica Pellegrini che avrebbe dovuto non solo battere, ma annichilire e umiliare le proprie avversarie vincendo almeno 1, se non 2, medaglie d’oro. E quel Filippo Magnini, fidanzato della stessa nuotatrice veneta, destinato a trascinare i propri compagni di vasca nella 4×100 stile libero, per poi trionfare anche nella categoria individuale.

Sembrava un film dal finale già scritto. E invece no, tutto questo non è accaduto. Un doppio quinto posto per la Pellegrini nei 400 e nei 200 metri, mentre Magnini non è nemmeno riuscito a qualificarsi per la finale. Ma cosa è successo a questi campioni? Non sono certamente qui per parlare di aspetti tecnici o fare una digressione sulla storia dell’Italnuoto, però un giornalista ha il diritto – e il dovere – di criticare quando ad livello così alto si sbaglia completamente l’approccio ad una manifestazione. Solo che, in questo caso, non si tratta di una manifestazione qualsiasi, ma della manifestazione per eccellenza, quella per cui tutti gli sportivi farebbero di tutto pur di partecipare, e nonostante migliaia e migliaia di ore di allenamento è impossibile per loro soltanto pensare di potervi accedere. Quella che dà un senso al proprio quadriennio sportivo.

Magnini e compagni hanno nuotato ampiamente sopra ai loro record personali, eccedendo di ben 1 o 2 secondi. Uno sproposito per chi, di solito, è abituato a lavorare sui centesimi. La Pellegrini, invece, dopo aver stradominato la batteria dei 200 stile libero mettendo a referto il miglior tempo, si è poi progressivamente spenta in semifinale e successivamente in finale. Prima un tutto sommato discreto quarto posto, facendo pensare ai più ottimisti che stesse soltanto ricaricando le batterie, e poi una quinta piazza nella gara più importante del suo quadriennio. Senza voler fare battute cattive o girare il coltello nella piaga, si potrebbe dire che il sistema con cui è organizzato il nuoto italiano fa letteralmente acqua da tutte le parti. Ma non è questa né la sede, né il momento di affrontare una tematica simile.

Però permettetemi di scuotere la testa, pensando che nell’ultimo anno entrambi i nostri “supereroi” del nuoto sono stati visti, fotografati e paparazzati praticamente ovunque. I giornali di gossip sono andati letteralmente a nozze con questa storia, perché la telenovela che ha coinvolto il triangolo Pellegrini-Marin-Magnini deve aver decisamente portato fuori strada qualcuno. Il che non sarebbe un problema, se non fosse che i suddetti personaggi hanno fatto proclami importanti negli scorsi mesi, promettendo ciò che neanche loro – probabilmente – sapevano di essere in grado di vincere, vista la loro situazione psicologica. Certi atleti dovrebbero capire che la loro importanza va ben oltre una medaglia alle Olimpiadi, perché segnano in modo indelebile una generazione di giovani che li proclama all’unanimità idoli assoluti ed esempi da seguire. E questo – ovviamente – è un ammonimento che esula dal solo mondo del nuoto, ma è un ragionamento a 360 gradi sullo sport italiano e non.

Questo episodio mi ha ricordato terribilmente il declino di Tiger Woods, passato dall’essere il numero uno al mondo nel golf alla barzelletta d’America, irriso praticamente da chiunque lo incontrasse per strada e non solo. Un uomo che, distratto dai problemi personali, è come se avesse perso improvvisamente tutto il talento che aveva dimostrato in anni e anni di splendida carriera. Un campione che, per il momento, non è ancora riuscito a ritrovarsi.

Federica Pellegrini al contrario è molto giovane ancora, e sono sicuro che con le giuste motivazioni – e soprattutto il giusto allenamento – potrà tornare la campionessa che ha dominato le Olimpiadi di Pechino 2008 e vinto svariati campionati del mondo, quindi l’attacco che le hanno riservato in questi giorni i media è stato eccessivo. Sbagliando s’impara, e Federica nella sua carriera di errori ne ha commessi davvero pochi. Aver cambiato allenatore subito dopo gli ultimi mondiali di Shanghai è stato, con il senno del poi, l’unico errore grave, ma ha tutto il tempo per rimediare. A partire dalla 4×200, staffetta nella quale avrà il compito di trascinare le proprie compagne all’oro. Quel metallo che, nell’edizione di Londra 2012, non è ancora riuscita ad appendersi al collo.

Adesso però non è tempo nè di chiacchiere inutili nè di proclami vincenti. Serve tornare a capire quali siano gli aspetti veramente importanti per un atleta di livello olimpico, una nuotatrice destinata a diventare una delle più vincenti nella prestigiosa tradizione italiana. Tutto questo per evitare che il buco nell’acqua di Londra 2012 si trasformi presto in uno tsunami con conseguenze disastrose per il nostro movimento sportivo.

Alessandro Lelli
Alessandro Lelli
Nato a Genova nel maggio 1992; è un appassionato di calcio, basket NBA e pallavolo (sport che ha praticato per molti anni). Frequenta la facoltà di Scienze Politiche, indirizzo amministrativo e gestionale.

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