Questo europeo soporifero: racconto di un’Europa alla deriva

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Se questo doveva essere il torneo in grado di rappresentare la massima espressione calcistica europea…stiamo freschi. Una partita più noiosa dell’altra, squadre la cui unica aspirazione è quella di fare infinite barricate sperando di non prenderle dalla Spagna di turno, con di fronte avversari che altrettanto stucchevolmente si adagiano in tiki-taka, che, lasciatemelo dire, dopo un po’ sfiancherebbero chiunque.

Sfido tutti a trovare partite davvero gradevoli dal primo al 90′ in questo europeo fin’ora soporifero. Solo la Spagna, guarda caso, sì, proprio lei, contro l’Irlanda, una squadra priva di obiettivi se non onorare uno splendido pubblico, ha saputo tirar fuori un briciolo di spettacolo. E io tirerei in ballo al riguardo anche la Germania che, figlia di una mentalità vincente e armoniosa, sta diventando una squadra davvero bella a guardarsi. Ma il resto? Un’Inghilterra che più che l’agonismo e l’intensità di gioco, armi storicamente appartenenti al pallone d’oltremanica, mette in campo sì un catenaccio, proprio lui, tremendamente efficace, a quanto pare, ma si sta snaturando diventando la brutta copia del paradigma calcistico nostrano, perdendo appeal e carisma: insomma, da bocciare, se non altro per il gioco espresso.

Una Francia che, dopo stasera, sarebbe da rivoltare come un calzino: ok la figuraccia contro una Svezia straeliminata, con la qualificazione praticamente in tasca, ma stasera….ci si giocava la gloria, l’onore di una nazione, il passaggio alle semifinali di un torneo a dir poco prestigioso, e invece…una pochezza disarmante, una totale mancanza di cattiveria agonistica e di voglia di lottare, gioco fantasma e spogliatoio a pezzi. Blanc farebbe bene a prolungare le vacanze ucraine, se non vuole un massacro mediatico senza precedenti (e giusto).

Un Portogallo che, se quei due (loro, Cristiano Ronaldo e Nani, tanto per rimanere nel banale) non ci fossero, beh, questa compagine sarebbe poco più che una comparsa: si potrebbe parlare di moduli fino a domani mattina, il succo non cambierebbe. Sfidare una Spagna che quando vuole addormentare milioni di telespettatori e non solo ci riesce benissimo, in questo momento, non è poi un’impresa così fuori dal mondo. Della serie: la partita della camomilla, speriamo bene.

Tralasciando l’Olanda, francamente non commentabile, Danimarca (povera lei, in mezzo a codesti mostri sacri), Ucraina e Polonia (va bene l’europeo in casa, ma a calcio si vince con i piedi, non con la pubblicità) e tutte le altre, a questo punto,venendo all’Italia, io dico: perché non noi? Perché noi non possiamo vincere? Non vedo assolutamente motivi per cui non provarci, almeno. Nella pochezza e nel grigiore generali, il concetto, almeno teorico, di Prandelli, sembra un’oasi nel deserto: giocare la palla e creare attraverso il gioco. I presupposti ci sono tutti, forse nella pratica ancora difettiamo, ma si può migliorare. Queste gare sono senza appello, ma l’impresa non sembra impossibile. Perché affrontare squadre che si preoccupano di non prenderle più che darle, significa affrontare avversari che hanno paura. Cavalcare l’onda del timore  e veleggiare dritti verso una vittoria convincente: è una possibilità/dovere, oltre che uno scontato paragone.

Affrontare eventualmente la Germania in semifinale non deve spaventare, la partita secca prevede di tutto e di più. Il vento può soffiare ovunque, basta non disperdersi nel calcio soporifero delle terre polacche e ucraine. Andare avanti a provarci, magari tornando a casa, ma cercando, a ogni costo, di dare un’immagine brillante, un’immagine di una squadra diversa, esaltante, divertente, coinvolgente. Magari dovremo fare le valigie, ok, ma almeno potremmo dare al mondo pallonaro un’immagine diversa di noi e del nostro movimento, e lasciare la nomea di catenacciari a chi questo appellativo sembra volerlo tanto anche se, con un po’ di campanellismo, non posso non affermare che, ahinoi, quel catenaccio fatto così è davvero un insulto al nostro passato. Crederci, per essere orgogliosi di noi. E magari, fra qualche giorno, prenderci un’altra coppa, perché no. Magari la Merkel capirà che l’essenza dello spettacolo non si può comprare.

Marco Macca
Marco Macca
Vive a Formia (Latina) e studia Scienze della comunicazione a Roma. Collabora, oltre che con Mondopallone.it, con Calciomercato.it e con seriebnews.com.

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