Euro2012, il personaggio: Keith Joseph Andrews

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Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal campo di gioco, fino al 2 luglio: MondoPallone, durante tutti gli Europei, vi regalerà quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Keith Joseph Andrews, centrocampista dell’Irlanda.

È stata partita vera. È stata partita vera. Lo diciamo due volte perché è stato così per due volte: Irlanda-Italia, prevedibilmente in linea con il carattere celtico, non ha concesso nulla alla svogliatezza di una squadra già eliminata; e Spagna-Croazia, che poteva concedersi il biscottone sotto forma di 2-2 deciso all’inizio, o sotto forma di 1-1 alla fine, visto che noi non avevamo seppellito gli irlandesi sotto una valanga di reti. E invece la Spagna ha giocato per davvero contro un avversario coriaceo in difesa, riuscendo a passare solo a 3′ dal termine, e imponendo il proprio possesso palla anche nei minuti successivi, impedendo ai croati di giungere a un pareggio che agli iberici non avrebbe comunque creato danni.

È vero anche che la Spagna, fino a che non ha realizzato il gol-partita, risultava seconda nel girone, dietro di noi: giusto vincere (e giusto evitare di perdere, perché era nel novero delle possibilità, per quanto improbabile, anche l’eliminazione dei campioni in carica e del mondo), corretto (sportivamente parlando) non concedere nulla a nessuno. Perché, parliamoci chiaro, gli spagnoli non ci hanno fatto un regalo: hanno giocato per se stessi, com’è giusto. Volevano il primo posto, che fosse pulito e che fosse chiaro chi sono i padroni del girone: missione compiuta.

Della Spagna (e delle quattro pappine prese) aveva detto un irlandese a caso: «Non riuscivamo ad avvicinarli, sono stati una squadra semplicemente fantastica. Solo che è così deludente». E in effetti anche la Croazia ha sofferto nello stesso modo: nei minuti finali ci saremmo aspettati l’assalto biancorosso che però non c’è stato. Potenza del tiqui-taca.

Il guaio è che la dichiarazione poco sopra è di un certo Keith Joseph Andrews, 31 anni, professione centrocampista. Attualmente in forza al West Bromwich Albion, fa il suo anche in nazionale. L’Irlanda: una squadra giunta a piena maturazione (anche anagrafica), ma che comunque senza il Trap probabilmente non sarebbe mai stata ai nastri di partenza di questa competizione. E infatti ha fatto una figura zoppicante come l’inglese (e il tedesco, e l’italiano) del tecnico di Cusano Milanino: tanta grinta, tanta applicazione, tanti gol come tante sberle.

Ma dicevamo di Andrews, che con le sue prodezze è riuscito a distrarci dalle maniche sbilenche di De Rossi (complimenti al suo sarto, suggerisce il nostro Leonardo Peruzzi): ieri si è distinto dando il meglio e il peggio di sé nel rapido volgere di dieci minuti. Prima una punizione bruciante che i guantoni di Buffon ricorderanno per un po’, poi una simpatica espulsione il cui unico commento sta nelle parole con cui Francesco Loiacono ha giustamente sentenziato: «Cosa vuoi, un applauso?».

Mettiamola così: l’Eire è oltremanica, ma da un irlandese non è lecito aspettarsi uno stile british. Però non va bene neanche quello wrestling. Insomma, riuscire a farsi espellere in una partita che per te vale solo per l’onore, sotto per due a zero, e tirando una pallonata all’allenatore avversario… non ha prezzo. Meglio: avrà un prezzo misurabile in mesi di squalifica internazionale, credo.

Però, non dovendo ringraziare (troppo) la Spagna, un grazie all’Irlanda va invece fatto. Perché ci ha posto di fronte a una partita vera, maschia, giocata con tutti i mezzi possibili; insomma, non ci ha regalato nulla. I nostri portacolori possono andare fieri della vittoria, anche se l’avversario non era irresistibile — almeno era reale. E finalmente i nostri due attaccanti maggiori, accusati di non riuscire a far gol, si sono finalmente sbloccati (caparbio Cassano a sfruttare la disattenzione su di sé, perché non è certo un colpitore di testa; acrobatico Balotelli, che si è appoggiato al suo marcatore con una malizia da giocatore navigato). E, al netto delle mattane dei singoli, una cosa del genere non ha prezzo. E lo apprezzo.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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