Eravamo bambini…ora si son presi tutto

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Prendete un po’ di retorica, una spruzzata d’incoscienza, tanta, ma tanta nostalgia, e vi uscirà fuori il mio stato d’animo attuale. Non che interessi a qualcuno, ma penso di potermi assumere la presunzione di poter dire che quel che provo è ciò che sentono i grandi amanti del calcio, oggi.

Eravamo bambini, con le ginocchia sanguinanti, giocavamo a calcio nelle strade, con quel pallone arancione che si rompeva ogni giorno e che il giorno dopo ricompariva grazie alla buona volontà di mamma e papà. Gridavamo, ci azzuffavamo, mentre avevamo quella palla fra i piedi eravamo al centro del mondo, mentre i nostri pensieri andavano ai nostri campioni. Pian piano si cresce, magari si sostituisce la strada vicino casa al campo in erba, magari si smette, magari quella palla la si guarda solo in tv. Peccato. Ora che ci rimane? Il ricordo, solo quello. Perché chiunque s’illude di trovare in quei campioni strapagati un intero ideale, un dio da venerare, in quello sport la stessa passione che mettevamo noi quando correvamo vicino casa, e invece si ritrova solo illusioni, prese in giro e chissà cos’altro.

Un’ingiustizia, una passione malinconica. Guardiamoci attorno: chi incarna il nostro paradigma di campione si vende per qualche spicciolo e noi siamo lì, davanti allo schermo, grazia all’abbonamento che con tanti sacrifici paghiamo, a credere in loro, a credere che tutto sia vero, a credere ancora nel calcio.

Non si meritano più tutto questo. Non si meritano di avere la nostra adorazione. Che scommettano pure, tanto ormai tutto è rovinato. Che scommettano sul risultato, sui loro guadagni, sulla loro dignità. Tanto ormai, a noi rimane solo la memoria di una passione svanita come acqua fra le dita.

Continueremo a pagare l’abbonamento, a scannarci per il rigore evidente non dato e per il fallo non fischiato, a litigare e il minuto dopo a far pace. Il calcio sappiamo farcelo da soli, a questo punto. Che si prendano tutto, si prendano anche le mie parole. Siamo bambini disinnamorati, ormai, quel che ci rimane sono le chiacchiere da bar, i commenti su qualcosa che non sarà la cosa più vera del mondo, ma che ci piace ancora maledettamente, nonostante tutto.

Magari le mie son parole senza senso, senza logica: non fateci caso, il mio è il lamento di un innamorato pazzo che non sa più cosa amare.

Marco Macca
Marco Macca
Vive a Formia (Latina) e studia Scienze della comunicazione a Roma. Collabora, oltre che con Mondopallone.it, con Calciomercato.it e con seriebnews.com.

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