L’ultima partita. Per ora

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Quando si chiude la stagione (o quando si parla di nazionali, ma ancora non è il nostro caso), conta solo una partita: l’ultima. E quella di domani sera (ore 20:45 presso l’Allianz Arena, che per l’occasione si farà chiamare Football Arena, de gustibus) potrebbe essere l’ultima in panchina per chi perdesse.

L’italiano (di Sciaffusa, meglio nota come Schaffhausen, in Svizzera) Roberto Di Matteo si è ritrovato sulla panchina del Chelsea quasi per caso: dopo un buon biennio al West Bromwich Albion (una promozione dal Championship, poi l’esonero dopo una sconfitta con il Manchester City), era stato scelto come vice di André Villas-Boas. Ha preso il comando della squadra da marzo, quando il portoghese è stato esonerato: doveva essere un traghettatore, invece eccolo qui, dopo avere ribaltato gli ottavi di finale contro il Napoli, avere regolato il Benfica e infine essersi guadagnato la finale sul campo dei campioni uscenti del Barcelona. E ha guadagnato anche la fiducia di un gruppo pieno di giocatori ormai fatti e finiti (Drogba, Terry, Bosingwa, Essien, Meireles) con in mezzo alcuni giovani di primissima fascia (come Mata, che solo pochi giorni fa ha speso parole dolci nei suoi confronti).

Niente male per un traghettatore, eppure potrebbe non bastare: a nulla è valsa la conquista della FA Cup, men che meno la ritrovata armonia in uno spogliatoio ormai invecchiato e che, realisticamente, avrebbe bisogno di qualche nuova entrata. Ma pare che l’ingresso verrà fatto invece in panchina: Fabio Capello è in cima alla lista, e in effetti non c’è allenatore migliore di lui per portare un gruppo maturo al successo.

Discorso differente ma speculare per quanto riguarda la panchina del Bayern: secondo in patria (a 8 punti dalla testa), e sconfitto malamente dai ragazzini terribili del Borussia Dortmund anche in Coppa, per quella che è la quinta sconfitta consecutiva contro la compagine allenata da Jürgen Klopp. Joseph “Jupp” Heynckes è una vecchia volpe della panchina (si è guadagnato la sua terza esperienza con il Bayern riportando, in un biennio, il Bayer Leverkusen ai posti che gli competono), eppure il suo futuro è molto incerto: allena una fuoriserie (Ribéry, Robben, Schweinsteiger, Gómez…) piena di giovani (Neuer, Badstuber, Boateng, Kroos, Müller), eppure non è mai stato davvero in grado di insidiare la leadership di un Borussia altrettanto giovane (se non di più).

Perché il nocciolo della questione è sempre questo: chi dei due perde la finale, perderà anche la panchina. Di quella del Chelsea abbiamo detto, mentre per Heynckes si parla nientemeno che di Guardiola: un peso molto difficile da scrollarsi di dosso, e, conoscendolo, sappiamo già che tra 36 ore Osram (questo il suo soprannome) sarà in panchina acceso come non mai, rubizzo. A contendergli la Coppa (che ha già vinto nel 1998, quando sedeva sulla panchina di quel Real Madrid che stavolta ha eliminato in semifinale) un allenatore che ha appena portato a casa il suo primo titolo. E anche una vittoria potrebbe non bastare a salvare la cadrega: staremo a vedere.

Ed è forse inutile che io vi ricordi che noi la seguiremo con la Sghimberlo-cronaca di Gaetano Allegra. Ma già dalla mattina saremo in tema, con un editoriale del nostro Elia Modugno sulle finali passate. Restate con noi!

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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