I pro e i contro del tifo

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Qualche giorno fa impazzavano per i social network scaramanzie incrociate pro e contro il Milan: a parte ogni giudizio sulla validità della questione (come se la scaramanzia servisse veramente a qualcosa, oltre a farsi due risate, voglio dire), questo ha portato a schierarsi apertamente tra chi sperava in un miracolo milanista e chi invece tifava apertamente contro. Si tratta comunque di un caso-limite, perché il Barcelona è la squadra più forte del decennio, e quindi ha simpatizzanti anche in Italia. Ma la domanda di fondo rimane: si può tifare contro o dobbiamo mantenere uno sciovinismo tutto italiano?

Personalmente sono facilitato dal fatto di non tifare alcuna squadra: mi riesce quindi più facile scegliere di appoggiare le italiane purchessia. Ma posso immaginare che, in caso di rivalità accese (più o meno recenti), possa risultare ostico tifarsi a vicenda; i derby sono il caso più eclatante, ma immagino che fino a due o tre anni fa fosse difficile, per un romanista, compiacersi della vittoria dei ragazzi di Mourinho nella Champions, giusto per fare un esempio non più molto attuale (sì, l’acredine rimane, ma si è comunque affievolita).

A ogni modo, possiamo ridurre i casi sostanzialmente ad un unico problema: se nel tifo ci sia il rispetto dell’avversario, oppure se non ci troviamo di fronte a un caso di odio dichiarato. Dico la mia: non sono abituato a odiare nessuno, anzi ritengo che la peggior forma di disprezzo sia l’indifferenza; giusto per farvi capire cosa posso pensare dell’odio nella vita, e ancor di più in contesti che si vorrebbero “sportivi”.
Comunque sia, ammettiamo che sia possibile odiare così tanto una squadra da non riuscire a tifarla per nessun motivo: è necessario tifare contro? E soprattutto: conviene?

Da un punto di vista di sistema, posso dire che non conviene: più volte ho parlato del ranking UEFA (per esempio a inizio dicembre), e bisogna cominciare a capire che augurarsi la sfortuna di una “avversaria” italiana significa anche augurarsi la propria sfortuna, come ben sappiamo (meno posti in Champions League, quindi meno incassi e meno prestigio). E potenzialmente c’è anche un’altra prospettiva in gioco: se gli avversari fanno strada nelle coppe europee, giocoforza avranno meno energie da dedicare al campionato. (Contraltare: se vanno smodatamente bene, le ali dell’entusiasmo li porteranno ad avere altrettante energie anche in Italia.) Secondo me ce n’è abbastanza per tifare i nostri abituali avversari, sperando che magari un giorno il nostro appoggio ci torni pure indietro.

È chiaro: se le italiane vanno avanti, ne guadagna tutto il movimento: il campionato diventa più “ricco” di qualità, più giocatori possono mettersi in mostra, più soldi possono girare tra le squadre e negli stadi (più incassi, voglio dire). Ne guadagna il nostro massimo campionato, ma soprattutto il sistema-calcio nel suo insieme. Smettiamo di farci del male. Tifiamo in modo corretto — e questo non implica che non possano esserci sfottò anche pesanti; significa, semmai, mettere lo sport sopra tutto il resto. Io ci provo.

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Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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