L’etica pragmatica

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Mio padre (non certo un calciofilo) mi ha accennato di un suo ricordo delle Olimpiadi del 1952 (lui che, lo dico con affetto, è rimasto a quelle greche, e non mi riferisco a quelle del 2004): Italia-USA, nel calcio, era finita con un punteggio assurdo, tipo 10-0. Sono andato a controllare: si giocava a Tampere, al margine occidentale della zona più ricca di laghi della Finlandia, il CT della nazionale olimpica era un certo Giuseppe Meazza, e finì 8 a 0 (3-0 dopo il primo tempo). Giusto per onor di cronaca, negli ottavi di finale finimmo spazzati via 3-0 dall’Ungheria (con Hidegkuti e Kocsis), poi vincitrice della medaglia d’oro.

Sessant’anni dopo, chiaramente, è cambiato il mondo: della grande Ungheria si parla ancora, ma solo con nostalgia; e gli Stati Uniti si sono formati una solida reputazione internazionale, nel 2009 hanno fatto una Confederation Cup straordinaria, e attualmente sono trentunesimi, ma vorrei anche ricordare che nel settembre 2009 erano undicesimi, segno che il materiale, se pure non è di primissima qualità, comunque non va sottovalutato. Ma è sufficiente per batterci in casa?

Evidentemente sì, soprattutto se continuiamo a farci del male. La prendo da lontano: durante gli ultimi Mondiali, dopo avere tuonato contro l’Italia e il suo CT per come si erano comportati, avevo poi scritto un altro articolo dedicato all’Italia, per via dell’annuncio del nuovo CT, nonostante fosse un po’ fuori tema, e l’avevo titolato Una nazionale a Prandelli. Un gioco di parole che veniva comodo, e che purtroppo viene facile anche in questi giorni. Perché la Nazionale vista in campo a Marassi, rabberciata per scelta e per necessità, difficilmente consentirà grossi sogni (checché Prandelli dichiari che «con questo spirito faremo un grande Europeo»).

Chiaramente con l’arrivo di Prandelli era cambiato il panorama: gioco più frizzante, più possesso di palla, due attaccanti che non dànno punti di riferimento, e un codice etico da rispettare. Ora: per i due attaccanti, c’è poco da fare (sperando nel recupero di “Pepito” Rossi, dovendo disperare per Cassano), e il codice etico è lo stesso che ha portato l’onesto Simone Farina da Gubbio ad essere invitato al raduno prima di Italia-Usa; non sarebbe stata una vera convocazione, comunque era un gesto simbolico importante. Così, almeno, si diceva a fine dicembre, poi non so se effettivamente sia stato invitato.

Ecco, lasciando finalmente da parte le considerazioni venute dal campo, la mia impressione è che, in generale, si sia un po’ smarrita la bussola: Balotelli fuori perché squalificato con il Manchester City, e dire che, senza Rossi e Cassano, come talento ha la strada spianata; e poi mi lascia dentro Buffon anche dopo le dichiarazioni sconsiderate del dopo Milan-Juventus. Provo a pensare: magari Balotelli è rimasto fuori anche perché il CT desidera provare altri giocatori, considerando Balotelli imprescindibile; ma allora tanto valeva fare una reprimenda sulle dichiarazioni di Buffon, e lasciarlo fuori, provando un Viviano (tra l’altro erano convocati addirittura quattro portieri).

Perché il discorso è più semplice di quanto non si pensi: o le regole valgono per tutti, oppure non ci sono regole o codici etici che tengano. Chiamare fuori Buffon (o comunque almeno provare a smussarne le dichiarazioni, o comunque almeno consigliargli di non rincarare la dose a freddo…) sarebbe stata la prova tangibile che chi sbaglia paga, e quindi non bisogna sbagliare. Il codice etico mi può anche andare bene, ma solo se vale per tutti. Sarebbe bastato anche solo tentare di agire da pompieri, dichiarando magari che «a caldo si dicono cose senza pensare»; almeno provarci, fare finta di. Ma lasciare fuori Balotelli confermando Buffon significa che c’è qualcosa che va anche sopra al codice etico (come ha detto in redazione il collega Francesco Davide Scafà: è «etica a fasi alterne o a corrente alternata (povero Tezla)»).

La sensazione, ripeto, è che vedendo avvicinarsi l’obbiettivo-Europeo, si stia perdendo un po’ la bussola. E, sinceramente, sembra quasi che sia troppo facile prendersela con Balotelli, e troppo difficile prendersela con un campione del mondo come Buffon. È un modo di comportarsi un filo ipocrita, trincerarsi dietro il codice etico in un caso, e sorvolare con nonchalance nell’altro. A questo punto, molto meglio fare come fanno tutti gli altri: niente codice etico, giocano solo quelli reputati migliori o più adatti. Mexès è squalificato nel Milan? Gioca lo stesso nella Francia, con la fascia di capitàno che finisce a Lloris. Oppure possiamo citare un caso ancora più forte: la storia Terry-Bridge, cui ho già accennato di recente, con il primo che l’aveva combinata grossa, eppure è rimasto convocato senza discussioni, e capitano fino alle dimissioni di Capello.

Non cambio, almeno per adesso, il mio giudizio su Prandelli: mi piace, e trovo che abbia avuto delle idee valide; mi auguro solo che non faccia la fine di Lippi (molti annunci, state tranquilli, io vedo bene questa squadra e quindi va tutto bene, cose così), perché non la sopporterei. E mi auguro anche che faccia chiarezza, fin da ora, senza aspettare le convocazioni pre-Europei. Avessimo almeno il coraggio di dirlo, che qualcuno è più uguale degli altri, senza cercare scuse. O almeno non avessimo la faccia tosta di dire certe cose e di andarne persino fieri. Perché è vero che non esiste soltanto l’etica, ma quando vince solo la parte pragmatica, beh, sarebbe bene mantenere almeno un po’ di pudore.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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