Fair Play: che gran bugia!

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Vi prego, cari lettori, lasciate sfogare il vostro redattore. Se volete criticatelo, ma abbiate la pazienza di leggere tutta la sua amarezza circa Milan-Juventus. Non m’importano gli errori arbitrali, le storie sulla sudditanza arbitrale, le risse e i pugni in campo. Eticamente non è il massimo della vita, ma per uno che in un rettangolo di gioco spreca energie fisiche e mentali correndo dietro ad un pallone, a rincorrere un avversario, a rimanere concentrato su un pezzo di cuoio, le tossine che annebbiano i nervi e il fisico arrivano, eccome.

Solo chi non ha mai dato due calci ad una palla non può capire certe reazioni e certi atteggiamenti. Per carità, parafrasando parole infinitamente più profonde delle mie, non intendo dire che ciò sia cosa buona e saggia: una partita di calcio non equivale ad un incontro di box, ad una caccia all’uomo o ad una supremazia per la sopravvivenza. Tuttavia non nego che la tensione, a caldo, faccia brutti scherzi. Sottolineo, a caldo!

A freddo, invece, no, a me non va giù che persone, perché quello sono in fondo, che guadagnano milioni di euro a palate, che hanno tutto, che vivono nel lusso e negli agi dicano certe cose. Ripeto, tralasciando il dato oggettivo di errori arbitrali e cose del genere. La mia costernazione è tutta nelle parole, ormai famosissime, proferite da un signore che si chiama Gianluigi Buffon a fine gara. Sì, il vostro redattore non ha paura di chiamare con nome e cognome chi gli ha dato fastadio.

Se mi fossi accorto che la palla era entrata non l’avrei detto“, ha ammesso candidamente il portiere della Juventus e della Nazionale italiana di calcio. Allora, caro Buffon, come persona onesta, che non cerca mai di nascondere la verità e di comportarsi sempre in maniera etica, mi sento ferito, atterrito, sconvolto. No, non si può dire una cosa del genere, dopo che, da sempre, ci venite a parlare di fair play, di rispetto dell’avversario, di trasparenza.

Cosa ancora più spiacevole è leggere, stamane, che un altro calciatore, Thiago Silva, rincari la dose, affermando che “avrei fatto come lui“. Dal punto di vista del vostro redattore, cari lettori, le esternazioni di questi due campioni, perché in fondo tali rimangono, equivalgono al non gettare la palla in fallo laterale, in tribuna, o dove vi pare quando un avversario è straziato dal dolore a terra. Qui poi bisognerebbe aprire un altro capitolo a parte.

Allora, miei cari, non parliamo più di fair paly e cose del genere. No, io non ci credo più, qua ognuno tira l’acqua al proprio mulino e se c’è da mentire, così sia. Tanto chi se ne frega, l’importante è vincere. Quindi giochiamo sporco, freghiamocene di coloro che pagano l’abbonamento alle pay tv o il biglietto allo stadio, che poi sono le stesse persone che fanno sì che guadagnate tutti quei soldi, e continuiamo su questa falsa riga.

Parlare onestamente non significa dire tutto ciò che si pensa. Scusate lo sfogo, ma la prossima volta che sentirò parlare di fair play, educatamente penso che cambierò canale.

 

Michele Pannozzo
Michele Pannozzo
Nato a Fondi (LT) il 18 gennaio 1984, è laureato in Teoria della Comunicazione. Scozzese di adozione, vive a Edimburgo, dalla quale non smette di coltivare le sue sue maggiori passioni: il calcio e la scrittura.

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