I panini dello sceicco Mansur

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Qualcuno dovrà pur dirglielo, allo sceicco Mansur bin Zayed Al Nahyān, che le squadre non sono collezioni di figurine, e che in tempo di crisi è bene tenersi stretti i soldi (no, occhei, questa per lui è una stupidaggine). È anche un po’ il paradosso di Carlitos Tévez: pagato 30 milioni gagliardi solo tre estati fa, è rimasto prigioniero del suo contratto, e del suo costo. Dopotutto, si sa come sono i ricconi (sceicchi arabi, finanzieri americani, oligarchi russi) nel calcio: amano alla follia il giocattolo che si comprano.

Lo abbiamo sperimentato con il primo Roman Abramovič. Portava soldi freschissimi, e in quantità incredibili: prima compra il club rilevandone tutte le azioni ed effettuando il delisting (termine tecnico per dire che la toglie dalle quotazioni borsistiche), e subito ripiana debiti ingenti. Il nostro Claudio Ranieri viene salutato e ringraziato, per fare posto a Mourinho, che vincerà il campionato al primo tentativo. (Possiamo poi ragionare sulla jella di Ranieri, che aveva tenuto in alto il Chelsea senza un soldo per il mercato, e quando i soldi arrivano deve fare le valige.)
Ma dopo pochi mesi Abramovičsi accorge che ha rotto il giocattolo, perché, per lo stesso giocatore che qualsiasi squadra potrebbe prendere per 10 milioni, a lui ne vengono chiesti almeno 2-3 in più. Uno strano caso, singolare, in cui l’offerta subisce il prezzo.

E acquistava anche bene, l’oligarca: penso anzitutto a un Claude Makélélé (oggi assistente di Ancelotti al Paris Saint-Germain), che il Real Madrid ha rimpianto a lungo (da quando se n’è andata quella diga di centrocampo, niente più Champions, e solo due campionati vinti, sotto Capello e Schuster).
E tutti quei soldi per vincere cosa, poi, visto che siamo in vena di confronti? Tre campionati (2005, 2006, 2010), coppette varie, ma non la Champions da sempre voluta. Ma la beneficienza piace a Roman, che nel 2008 ha pagato di tasca sua il premio per la nazionale, arrivata in semifinale agli Europei (la federazione russa non ne aveva i soldi, e anche io non me la cavo bene: hai visto mai…).

Quindi anche lo sceicco Mansur, arrivato a Manchester nel 2008 (dopo che già per un anno il tailandese Thaksin Shinawatra aveva viziato il pubblico dell’Etihad Stadium), farà bene ad imparare la lezione: i soldi possono al massimo creare una ottima squadra, ma per vincere ci vuole anche altro. Non basta sommare un allenatore di grido (Mancini) e uno stuolo di campioni (Milner, Džeko, Agüero, Hargreaves, David Silva, più uno innominabile). Occorrono tenacia, un progetto tecnico e uno societario, occorrono stabilità, tenacia e convinzione. In qualsiasi sport di squadra non basta fare un bell’album: occorre tempo, occorre un’anima. Non stupiamoci se anche quest’anno rimarranno a bocca asciutta.

Insomma, lo dico: ho come l’impressione che questa proprietà debba ancora mangiarne, di panini — e non mi riferisco alle figurine del calciomercato.

Pietro Luigi Borgia
Pietro Luigi Borgia
Cofondatore e vicedirettore, editorialista, nozionista, italianista, esperantista, europeista, relativista, intimista, illuminista, neolaburista, antirazzista, salutista – e, se volete, allungate voi la lista.

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