Come la volpe che non arriva all’uva…

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Milan-Barça, partita spettacolo. Tutti a esaltare il gioco dei catalani, le magie di Messi, le geometrie di Xavi e le diagonali di Puyol. Tutto vero, i catalani sono una squadra di marziani. Il club più forte del mondo, con il giocatore più forte del mondo e una mentalità vincente. Ieri però, a sorprendermi è stato il Milan. I rossoneri hanno tenuto testa per tutto il match ai più quotati avversari. E lo hanno fatto portando il match sul terreno più congeniale a Messi e compagni. Allegri ha avuto il coraggio di proporre calcio, prediligendo un centrocampo di qualità a un centrocampo di incontristi e “picchiatori”. Nocerino e Ambrosini in panchina, Seedorf e Aquilani in campo. Poco importa che poi il Barça abbia comunque vinto. Con la partita di ieri i rossoneri hanno dimostrato di potersela giocare con i campioni di Spagna e d’Europa in carica. Molto più di quanto non avevano dimostrato col 2-2 del Camp Nou all’andata. Una consapevolezza che farà bene a Ibra e compagni, che dopo lo scudetto dello scorso anno vogliono tornare assoluti protagonisti anche in campo Europeo.

Chiosa finale sui commenti sentiti in giro per il web o sui vari talk show televisivi. Da italiani, come spesso accade, l’invidia la fa da padrone. E allora senti dire “ma veramente il Milan pensava di battere il Barcellona?” o gente di fede neroazzurra che ricorda “Solo noi abbiamo battuto il Barcellona negli ultimi anni”. Perfetto, tutto vero. Ma il passato è passato. Il Milan se l’è  giocata alla pari con la squadra più forte al mondo, non ammetterlo vuol dire mentire a se stessi. Insieme al Real, i rossoneri sono l’unica squadra – parere personalissimo di scrive – in grado di mettere in seria difficoltà la corazzata di Guardiola. Con buona pace dei supporters di Inter e Juve. Che sono un po’ come la volpe che non arriva all’uva e dice che è acerba. In tempi di magra personale si gode delle sconfitte altrui, vizio – anche questo -tipicamente italiano.

Giampaolo Gaias
Giampaolo Gaias
«Ciò che mi trattiene dallo scrivere un capolavoro è il timore che me ne chiedano subito un altro». Classe 85, giornalista. Fa, peraltro male, anche l'allenatore di calcio.

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